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La Stampa Rassegna Stampa
25.05.2014 L'opinione dei laici su Al Sisi
Francesca Paci intervista Ala Al Aswani

Testata: La Stampa
Data: 25 maggio 2014
Pagina: 14
Autore: Francesca Paci
Titolo: «'Contro Al Sisi per difendere l'eredità di Piazza Taharir'»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 25/05/2014, a pag.14, con il titolo " Contro Al Sisi per difendere l'eredità di Piazza Taharir ", l'intervista di Francesca Paci allo scrittore egiziano Al Aswani.


Francesca Paci   Ala Al Aswani 

Ala al-Aswani è uno dei rari intellettuali egiziani la cui notorietà internazionale non è inversamente proporzionale a quella patria. Può darsi che pochi tra i connazionali abbiano letto il suo «Palazzo Yacoubian», ma il dottor al-Aswani è popolare anche e soprattutto per gli incontri settimanali in cui da anni uomini e donne del Cairo gli sviscerano i problemi delle loro vite private o politiche come dallo psicanalista. Per questo quando venerdì è andato in piazza ad annunciare che sosterrà il candidato nasseriano Hamdeen Sabbhai e che votare contro Al Sisi significa difendere l'eredità di Tahrir, il comizio ha preso vita e la gente si è moltiplicata. «Ce la faremo, la rivoluzione è un fatto culturale prima che politico e indipendentemente dalle elezioni gli egiziani sono cambiati dal 2011, non hanno più paura di sfidare la tirannia» ci dice al telefono mentre alle sue spalle gli attivisti intonano «We shall overcame». Gli egiziani sono cambiati dal 2011. Com'è cambiato lei, che prima ha appoggiato la cacciata di Mubarak, poi si è schierato con l'esercito contro Morsi e adesso chiama gli egiziani alle urne persfidare i generali? «Sono sempre stato un oppositore di Mubarak, ho boicottato l'elezione di Morsi perché i Fratelli Musulmani come i generali non c'entravano nulla con la rivoluzione ma ho dato loro il tempo di smentirmi. Quanto accaduto l'estate scorsa è stata la legittima reazione rivoluzionaria al golpe di Morsi riuscita solo grazie all'esercito e ritengo la Costituzione approvata a gennaio la migliore possibile nonostante l'orrendo articolo sui tribunali militari contro i civili. Adesso però è diverso. La legge con cui votiamo è incostituzionale e volevo boicottare, ma quando ho visto che tutti gli ex Mubarak stanno con Al Sisi e che le loro tv accusano la rivoluzione del caos egiziano ho deciso di stare con Sabbahi: in ballo non c'è la presidenza ma il futuro del Paese». Per molti egiziani Al Sisi è il futuro. Chi come lei ha sostenuto il movimento 30 giugno non si sente usato? «Il 30 giugno era giusto. Ora, approfittando della paura della gente, i pro Sisi fanno campagna elettorale nello stile Mubarak, sicurezza contro libertà, come se gli egiziani non meritassero entrambe. C'è un attacco dei media privati contro i rivoluzionari, accusati di aver distrutto il Paese. Ma i rivoluzionari veri non sono mai andati al potere in questi tre anni. Per questo adesso dobbiamo votare Sabbahi anche se la legge elettorale viola la Costituzione stabilendo che per esempio i giudici a cui appellarsi in caso di violazione delle regole sono gli stessi che le hanno scritte». È la seconda elezione presidenziale in cui dovete votare per il meno peggio. Quando uscirà l'Egitto da questo circolo vizioso? «Oggi e diverso dal 2012, è un po' meglio. Sabbahi è un uomo della rivoluzione mentre Morsi non lo era. La sfida è tra passato e futuro». Tra poco sarà tradotto in italiano il suo nuovo romanzo «Nady Asayarat». Ha cominciato a scriverlo nel 2008 e l'ha ripreso nel 2012. È un altro libro rispetto alle intenzioni? «È molto diverso. Avevo previsto di inserire un personaggio che si battesse contro l'ingiustizia e dovevo inventarlo. Dopo la rivoluzione ho dovuto solo ricordare quello che avevo vissuto. La rivoluzione è quanto di meglio possa accadere a un narratore, è tutto lì, basta amare la gente e non giudicarla». Lei ha giudicato i Fratelli Musulmani. «Gli ho dato la chance che meritavano ma loro hanno cancellato la democrazia. Al pari dei militari non hanno capito che gli egiziani non accetteranno più alcun tiranno». E i Tamarod? «I Tamarod sono sinceri rivoluzionari, li ho aiutati a raccogliere le firme. Ora si sono divisi, una parte sta con Al Sisi e una parte con Sabbahi. Non li giudico, ma mi fido più dei sostenitori di Sabbahi». Acclamato dalla piazza, Al Sisi ha poi guidato una repressione sanguinaria: sono stati arrestati migliaia di attivisti, imbavagliati i giornalisti, emesse centinaia di sentenze di morte. Ha rimpianti? «No. A fare il golpe non è stato l'esercito ma Morsi. I Fratelli se la sono cercata, invocavano la jihad. L'esercito ci ha salvato. Mi dissocio invece da quanto accaduto dopo». Con Al Sisi tornerete indietro al Faraone? «Chiunque vinca non sarà mai più un Faraone. Gli egiziani sono cambiati, we shall overcome».

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