Viviana Mazza

Un'immagine del video per il quale i giovani iraniani sono stati arrestati
«...Because I’m happy...». Milioni di persone in tutto il mondo sono «colpevoli» di aver canticchiato la canzone dell’americano Pharrell Williams e migliaia di aver pubblicato video-tributi su YouTube ballando su quelle note. Ma quando tre ragazzi e tre ragazze di Teheran si sono uniti al fenomeno globale, nel tentativo di mostrare che si può danzare spensierati, vestiti da hipster e senza il velo obbligatorio sui capelli anche sui tetti della capitale iraniana, tra parabole, unità esterne dei climatizzatori e sullo sfondo della torre Milad, la performance è finita con l’arresto. I sei sono stati identificati, indotti a consegnarsi alle autorità (è stata fatta arrivare loro la notizia che un amico era stato vittima di un incidente per convincerli a presentarsi nel luogo della «retata») e infine l’altro ieri sera si sono detti pentiti sulla tv di Stato (in cambio, secondo i siti dei dissidenti, del rilascio avvenuto subito dopo).
Il video è l’ennesimo segnale che i ragazzi della Teheran benestante e liberal osano di più: da sempre abituati a ballare insieme e senza veli nelle feste private, oggi non si nascondono. Sono gli elettori del presidente Rouhani, che esigono la svolta moderata da lui promessa. Altri due esempi recenti sono: la valanga di foto di ragazze iraniane senza velo pubblicate su una pagina Facebook e una campagna di solidarietà di donne e uomini con la testa rasata contro gli abusi nella prigione di Evin. D’altra parte, nella risposta dura delle autorità al filmato, che il capo della polizia ha definito «volgare» e «un’offesa alla morale», si legge la preoccupazione della parte più oltranzista del regime, contraria alle aperture e timorosa che tramite Internet i giovani se le stiano conquistando da soli, come osserva l’iranista Anna Vanzan, docente all’Università degli Studi di Milano. Le dichiarazioni della polizia di aver «lanciato un’inchiesta, con l’aiuto delle autorità giudiziarie, che ha condotto all’identificazione dei responsabili in due ore e all’arresto in sei ore» sono un avvertimento chiaro: le sfide — non solo in piazza ma anche sul web — non saranno tollerate.
Una reazione però che agli occhi del mondo è sproporzionata e fa apparire la polizia come il cattivo esagerato di Despicable Me (animazione per cui la canzone Happy è stata scritta). La giornalista iraniana Golnaz Esfandiari dà voce a questo sentimento twittando: «L’Iran, il Paese dove essere felici è un crimine». A livello di immagine sarebbe stato certo meno dannoso lasciar parlare la giovane Neda, una delle ragazze del filmato: «Volevamo mostrare che a Teheran ci sono giovani gioiosi anche se vivono tra mille difficoltà e che non è un posto cupo come appare all’esterno». A differenza della sua omonima uccisa in piazza nel 2009, questa Neda non manifesta contro il regime ma si rivolge alla sua parte più moderata per avere maggiori spazi di libertà personale.
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