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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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La Repubblica Rassegna Stampa
20.05.2014 Il Papa visiterà lo Stato ebraico: in Medio Oriente l'unico luogo sicuro per i cristiani
Commento di Guido Ceronetti

Testata: La Repubblica
Data: 20 maggio 2014
Pagina: 1
Autore: Guido Ceronetti
Titolo: «Quale Terrasanta»
Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 20/05/2014, a pagg. 1-25, l'articolo di Guido Ceronetti dal titolo "Quale Terrasanta".
Segnaliamo alcuni passaggi dell'articolo.
Nota Ceronetti che  "
per la Chiesa cattolica, il Papa non va in nessun luogo della geografia politica corrente, ma in un luogo che cercheresti invano sugli atlanti chiamato Terrasanta".
Da parte nostra, crediamo che nominare Israele non toglierebbe nulla al significato spirituale del viaggio, sarebbe un atto di giustizia e un messaggio a quanti negano il diritto all'esistenza dello Stato ebraico. Tanto più che, quest'ultimo, come nota Ceronetti,  è la realtà politica che in Medio Oriente "ha assunto la tutela dell’unica presenza cristiana, umana e monumentale, entro i suoi confini assediati".
Degno di nota anche l'auspicio che anziché arrestarsi a discorsi di circostanza su "pace, riconciliazione, perdono, dialogo, superamento dogmatico" Papa Francesco riesca a "dire qualcosa di difficile come fosse del facile, per esempio ricordare, in un presente di atroci persecuzioni anticristiane, che cento anni fa un milione e mezzo di cristiani armeni furono massacrati nell’impero ottomano, con ferocia sadica, dal governo dei Giovani Turchi".


Guido Ceronetti

Ecco l'articolo:

Un viaggio di papa d i Papa in un paese del mondo ha un fine e un significato che trascendono quelli degli altri capi di Stato. Se si tratta di un viaggio in Israele-Palestina — obbligatorio da Paolo VI in poi — il significato del
viaggio piglia una importanza speciale.
Cercherò di farlo emergere dalle osservazioni che seguono. Innanzitutto, per la Chiesa cattolica, il Papa non va in nessun luogo della geografia politica corrente, ma in un luogo che cercheresti invano sugli atlanti chiamato Terrasanta. Le parrocchie, nominando i pellegrinaggi, li specificano, per quel che ne ricordi, come viaggi in Terrasanta. Ma Terrasanta è come dire Atlantide o Lemuria o Laputa o isola di Utopia, realtà ammesse soltanto sulle rotte e le mappe del sogno. Con Terrasanta hai nominato un sogno. Il sogno non usurpa territori, ma ne emana una energia che scuote e sradica. Però nel ragionare comune, l’aereo del Papa atterra sulla terra, in questo caso all’aeroporto di Amman, e il suo percorso lo vedrà, protetto, in una terra insanguinata, che diresti abbandonata da Dio al suo destino tragico, dove non mancano depositi di armi atomiche. Di che è fatta la santità di una terra così negata ad una vera lunga pace? Dove credevano di arrivare, chiamandola così, convinti, e gonfi di stragi, i crociati di Goffredo e del Tasso? Dall’utopica Terrasanta, magica porta nel muro, il Papa scivolerà negli incontri formali al massimo livello, raduni di fedeli festanti, tentativi, forse improbabili perché senza speranza, di rallentare la marcia dell’islamismo violento, vento delle rivoluzioni arabe soffocatore di ogni, anche minimo, vestigio cristiano.
Come la Chiesa medievale e moderna proteggeva i suoi ebrei del ghetto di Roma (almeno, fino al 16 ottobre 1943), così, fin dal suo costituirsi Erez, lo Stato ebraico laico ha assunto la tutela dell’unica presenza cristiana, umana e monumentale, entro i suoi confini assediati. Curioso, no? ma significativo, anche questo. Se mai il Papa dovesse fuggire da Roma, Israele sarebbe il suo rifugio elettivo.
Mi domando: in un viaggio di neppure tre giorni interi, tra orari convulsi, tappe prescritte, protezioni faraoniche, impossibilità di sostare un momento, che cosa gli sarà concesso di dire, di nuovo, di radicalmente diverso, al Papa Francesco, se non del facile (pace, riconciliazione, perdono, dialogo, superamento dogmatico) che per il mediatico adulatorio sarà invece audacissimo e addirittura nuovo? Ma la verità grida nel suk e non gli dà retta nessuno.
L’abilità somma (non la voglio escludere) sarebbe di riuscire a dire qualcosa di difficile come fosse del facile, per esempio ricordare, in un presente di atroci persecuzioni anticristiane, che cento anni fa un milione e mezzo di cristiani armeni furono massacrati nell’impero ottomano, con ferocia sadica, dal governo dei Giovani Turchi, nell’imperturbato silenzio del Papa Benedetto XV e delle nazioni europee (tutte cristiane) occupate a sbranarsi.
Un testimone veridico, il collega Domenico Quirico della Stampa, prigioniero per parecchi mesi della guerriglia islamica in Siria, ha denunciato la sua esperienza come conoscenza del Male , il Male visto e subìto faccia a faccia, come lo vedi nelle facce che circondano il Cristo nel tremendo Cristo Portacroce di Bosch al Museo di Gand. E anche questo è significativo: gli Armeni hanno fissa la loro memoria di dolore come Metz Yeghérn, il Grande Male.
In verità, alla sfacciata scandalosità del mondo, una teologia voluta ottimistica come la cristiana non si addice, incongruo è il volo di questa colomba, che porta nel becco un illeggibile messaggio. Ad una fiamma così dovunque vacillante la mano del Papa, a Gerusalemme come in qualsiasi altro viaggio nel male del mondo, è un fragile, fragilissimo, schermo. La freccia, come senso recondito dell’imminente viaggio, indica un sogno perduto, l’ombra trafitta di un sogno.

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