Il Maccabi Tel Aviv campione d'Europa Cronaca di Luca Chiabotti, intervista di Vincenzo Di Schiavi all'allenatore David Blatt
Testata: La Gazzetta dello Sport Data: 19 maggio 2014 Pagina: 46 Autore: Luca Chiabotti - Vincenzo Di Schiavi Titolo: «Capolavoro Maccabi! Un'altra impresa Battuto il Real E' il sesto trionfo - «Una sola parola, quella che disse Steve Jobs prima di morire: Wow!»»
Riprendiamo dalla GAZZETTA dello SPORT di oggi, 19/05/2014, a pag. 46, la cronaca di Luca Chiabotti dal titolo "Capolavoro Maccabi! Un'altra impresa. Battuto il Real. E' il sesto trionfo. " e l'intervista di Vincenzo Di Schiavi all'allenatore del Maccabi David Blatt, dal titolo "Una sola parola, quella che disse Steve Jobs prima di morire: Wow!"
Ecco la cronaca di Luca Chiabotti.
Luca Chiabotti
MILANO Ha regalato le emozioni più grandi, ha compiuto rimonte straordinarie, ha eliminato la squadra più ricca d'Europa, ha battuto in finale quella che aveva dominato la stagione: il Maccabi Tel Aviv vince il suo 6 titolo continentale e raramente abbiamo visto un trionfo legato così stretto a un grande allenatore e una grande persona, David Blatt, che contro il Real Madrid non ha dovuto inventare cose strane e complicate in difesa, il suo marchio di fabbrica, ma ha lasciato che la sua squadra giocasse in attacco come un libro stampato, cercando di mettere sul campo, in difesa, quella in cui sì la sua è la squadra migliore d'Europa, il carattere e la consapevolezza che non esista un momento in cui si è persa una partita, se non quando le luci si sono già spente. Il Maccabi torna al successo dopo la doppietta del 2004-05, allora era una squadra stellare con Jasikevicius, Anthony Parker e Vujcic al loro massimo potenziale. Rice Oggi l'mvp, il dominatore dei momenti cruciali, che realizza 14 punti nel supplementare, 21 nei 15' finali (ai quali si era presentato con 2/9 al tiro) è ancora una volta Tyre-se Rice, lo stesso della rimonta pazzesca del Maccabi in gara-1 a Milano dove tutto è cominciato, sempre quello che ha segnato il canestro del sorpasso e del successo nella risalita da -15 col Cska in semifinale. Non c'è niente da fare: è immarcabile. Sceglie la gara più importante della sua vita per realizzare il massimo personale in Eurolega, nella quale è un debuttante. Perché finora aveva giocato, al Panonios, in Germania, al Lietuvos dopo non essere stato scelto dalla Nba. Riceve il premio con il suo bambino al fianco in mezzo a tanti giocatori normali che hanno fatto una cosa straordinaria, probabilmente la più grande degli ultimi 20 anni in Europa, Ricky Hickman preso da Pesaro 2 anni fa, Alex Tyus prelevato da Cantù in estate, Devin Smith, un professore di pallacanestro arrivato da Treviso e visto anche ad Avellino. Sono queste le superstar di Blatt alle quali s'è aggiunto Blu, che a Treviso e Bologna si chiamava Blutenthal, ritiratosi e tornato, unico reduce dal successo 2004, per dare tiro e imprevedibilità e Big Sofo Schortsanitis, invisibile però, nonostante i 160 kg scarsi, in queste Final Four. La partita Il Real, arrivato da strafavorito, con l'mvp stagionale Sergio Rodriguez, pensa di poter chiudere col 19-2 che lo porta 26-15 dopo un inizio complicato dall'1/10 al tiro. Ma il Maccabi è così, non sai mai dove ti può colpire: è Blu, con 7 punti di fila, a rimontare prima dell'intervallo, mentre il Real comincia a preoccuparsi perché neppure le magie di Rodriguez, in una sera in cui Llull resta a zero e Rudy realizza 8 punti nel 1 quarto e zero negli ultimi 15', riescono a fiaccare l'energia di Tyus e le incursioni di Hickman. La difesa del Maccabi costringe gli avversari a tirare da fuori, ma la finale fa tremare le mani. Madrid è brava, però, sotto di 4 a 58" dalla fine con Rice ormai scatenato, a fare 4/4 dalla lunetta, gli ultimi di Bourousis, e a difendere tutta l'ultima azione per l'overtime. Dove, però, Rice e il Maccabi sono straordinari, realizzano 25 punti mentre anche Mirotic, che dovrebbe andare ai Bulls, fa i conti con la tensione e l'esperienza di Blu. Vince il Maccabi e un intero popolo è in festa, il Real perde la 28 finale consecutiva: nel 2015 saranno 20 anni dall'ultimo trionfo. La pallacanestro regala un'altra storia meravigliosa e l'emozione di sapere che anche le persone normali possono vincere ed essere ricordate per sempre.
Ecco l'intervista di Vincenzo Di Schiavi a David Blatt.
Vincenzo Di Schiavi David Blatt
MILANO L'uomo del Kentucky, laureato a Princeton, bostoniano fino al midollo, ha regalato al Maccabi il più grande capolavoro della sua carriera. Tel Aviv alza la coppa, nel tripudio estatico di 10 mila tifosi, che invocano il suo nome: «Daviiid Daviiid Blatt». Il Maccabi è sul tetto d'Europa dopo una delle più incredibili cavalcate, a nove anni dalla doppietta (2004 e 2005). Cadono prima il Cska e poi il Real Madrid in finale, le due corazzate, le predestinate. David Blatt ha riscritto la storia. In modo memorabile, come sono le sue parole: «Sapete cosa ha detto Steve Jobs un secondo prima di morire? Sapete cosa ha detto un grande uomo, un genio, visionario? Ha detto: "Wow!". Quell'ultima parola è stata meravigliosa. Racchiude una positività incredibile, è un inno alla vita. Ci ha insegnato che bisogna andare avanti. Ho pensato a lungo a quella frase. Anche il basket è così: ci sono sfide, tanti problemi, ma il compito di un allenatore è portare i suoi giocatori fuori dalle tenebre. Abbiamo compiuto una grande impresa per il nostro club e per il basket. Il Maccabi non aveva le individualità migliori, ma come squadra siamo stati la migliore. Il nostro successo dà una speranza a tutti e un insegnamento: si può vincere anche con meno rispetto alla concorrenza. E allora, l'unica cosa che posso dire in questo momento è...wow!». Strepitoso. Parole Tre letttere per celebrare la sua prima Eurolega da capo allenatore, dopo il successo come vice dell'icona Pini Gershon dieci anni fa contro la Fortitudo. Dopo quella vittoria, all'ombra del santone, decise che doveva camminare da solo: San Pietroburgo, Treviso, Efes Istanbul, Dinamo Mosca, Aris Salonicco, prima del ritorno in Israele dove mise piede per la prima volta nel 1981, appena ventenne, per giocare le Maccabiadi con la nazionale Usa. Doveva essere una toccata e fuga e invece nella Terra Promessa ha messo radici. Vanno, se vogliamo farci belli, sottolineati gli anni trevigiani nel curriculum del tecnico campione d'Europa, tra i primi da capo allenatore: «Maurizio Gherardini — ricorda Blatt — che avevo conosciuto in America durante le Summer League mi fece la proposta, non ci pensai nemmeno per un secondo». Ora dopo essere salito sul tetto d'Europa, potrebbe scendere per tuffarsi in un'altra sfida: ereditare l'ingombrante panchina lasciata libera da Ettore Messina al Cska. Si sussurra di un biennale già pronto sul tavolo. Blatt ha liquidato il rumor a chiare lettere sui social network: «Absolute bullshit» («stronzate», ndr.). Al Maccabi è il nuovo messia. Forse non è più tempo di migrare.
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