Dove il revanscismo piace alla sinistra 18/05/2014
Dove il revanscismo piace alla sinistra Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli A destra,Nablus, bambini palestinesi sfilano nel "Giorno della Nakba". Le riproduzioni di chiavi simboleggiano la rivendicazione dell'intero territorio di Israele.
Cari amici,
vorrei immaginare con voi una nuova meraviglia della tecnica e dell'informatica applicata alla politica. Si tratta naturalmente di una serie di app che si potranno utilizzare su ogni sorta di apparecchi, tablet smartphone, computer e anche sui nuovi occhiali e orologi informatici. Avranno nomi così “Istria e Dalmazia sono italiane”, “Suedtirol ist Deutschland”, “Koenigsberg is Deutschland”, “La Transilvania è ungherese”, eccetera eccetera. Serviranno non solo a ricordare che Fiume e Pola e Zara e Lussino erano città italiane da sempre, e così per i villaggi vicini, fino all'ultimo gruppo di case, anche se oggi sono in Croazia, e lo stesso per Bozen, oggi in Italia ma da sempre geramanofona, e per la città natale di Kant. Saranno anche utili per ricostruire la vita culturale, il folklore di quei luoghi, per smascherare i nuovi nomi di chi ci vive oggi e indurranno chi se n'è dovuto andare in seguito alla Seconda Guerra Mondiale e i loro nipoti e pronipoti a non perdere la speranza di tornarci e magari a indurre i loro governi a dei tentativi diplomatici, ma magari anche militari in questo senso. L'iniziativa potrebbe avere molto successo e naturalmente estendersi al Kashmir e in genere ai rapporti fra India e Pakistan, alle Falkland/Malvinas, a Cipro, per non parlare della Terra del Fuoco contesa fra Cile e Argentina, dei russi in Ucraina (dove si danno già da fare, mi sembra) e magari nei Paesi Baltici, di Gibilterra occupata dagli inglesi a scorno della Spagna, di Ceuta e Melilla, città di guarnigione spagnole in Marocco, eccetera eccetera. Per tutti questi casi le mie app avrebbero il grande vantaggio di contrastare la rassegnazione e la normalizzazione voluta da governi evidentemente insensibili e di suscitare robuste agitazioni, un sano senso di identità nazionale. Certo, il prezzo di questa tendenza, se ci fosse e non venisse bloccata, sarebbe qualche guerricciola. L'Italia potrebbe rivendicare Istria e Dalmazia da Croazia e Slovenia, magari il Ticino che fu improvvidamente ceduto qualche secolo fa alla Svizzera, e poi Nizza alla Francia, la quale potrebbe volere la Val d'Aosta, come l'Austria potrebbe volersi riprendere l'Alto Adige, la Slovenia le valli del Natisone e il Carso abitati da persone che parlano la sua lingua. Perfino l'Albania potrebbe volere certi paesi della Puglia e della Sicilia. E naturalmente il mondo arabo potrebbe volersi riprendere Al Andalus che oggi chiamiamo Spagna e magari anche la Sicilia, che occuparono per parecchi secoli.
Gabriele D'Annunzio a Fiume
Vi risparmio la continuazione di questo elenco, che sarebbe davvero molto lunga. Spero di avervi detto abbastanza perché siate d'accordo con me che il revanscismo (parola e movimento che viene dal francese “revanche”, rivincita) sia la ricetta sicura per la guerra di tutti contro tutti. Badate, è vero: Pola e Zara e Lussino e Traù e Capodistria e Rovigno e cento altri paesi sulla costa orientale dell'Adriatico erano italiani, anche se non mancavano gli slavi. Erano state romane, poi veneziane, ben prima dell'immigrazione slava. Vi si parlava un dialetto veneto, l'aspetto delle vie delle chiese e delle rovine romane è inequivocabile. Erano state occupate dall'Austria dopo la fine della Serenissima, e poi tornate all'Italia dopo la prima guerra mondiale. Poi settantacinque anni fa circa un governo italiano presieduto dal Cavalier Benito Mussolini decise di fare una bella guerra per prendersi anche l'Albania, un pezzo di Grecia e magari di Francia, naturalmente di Jugoslavia. Per fortuna lo schieramento di cui faceva parte l'Italia perse quella guerra e purtroppo i costi li pagarono anche gli italiani di quelle regioni. Ci furono grandi sofferenze, molti profughi, gigantesche perdite economiche e di memoria. Ci fu chi speculò su quelle perdite, guardate un po' dalla stessa parte politica che era stata responsabile delle guerra e della sconfitta. L'Italia però da subito lavorò per integrare e compensare gli esuli e alla fine accettò il risultato con un trattato, quello che va sotto il nome della cittadina marchigiana di Osimo dove fu firmato. Oggi se qualcuno provasse a ripetere il gesto di d'Annunzio e di occupare Fiume con le armi in nome dei diritti nazionali, prima ancora che un criminale politico sarebbe giudicato un pazzo pericoloso.
L'app per cellulare che promuove il "Giorno della Nakba"
Perché vi racconto queste cose, peraltro piuttosto ovvie? Ma perché c'è un posto dove l'app che mi sono immaginato esiste, e non è trattata dalla stampa come una bizzarria pericolosa, ma come una iniziativa bellissima, lodevole, esemplare. E' inutile dire che si tratta di Israele, dove una Ong, fra l'altro prevalentemente israeliana, ha allestito una app dedicata alla Nakba (il disastro, come i palestinisti hanno imparato a chiamare la fondazione dello stato di Israele, imitando e banalizzando il nome Shoà), in cui si ricostruiscono posizione e aspetto dei villaggi arabi abbandonati o distrutti durante la guerra ( http://www.jpost.com/Middle-East/Israeli-pro-Palestinian-organization-creates-mobile-app-promoting-Nakba-Day-351191). Ma si evita ovviamente di citare i villaggi ebraici distrutti durante la stessa guerra, come quelli di Gush Etzion, a Sudest di Gerusalemme, o lo stesso quartiere ebraico di Gerusalemme. Si tace soprattutto sul fatto che quella guerra non fu voluta da Israele, ma dai governi arabi e dalla dirigenza palestinista dell'epoca ( Amin Al Husseini, il muftì di Gerusalemme, se questo nome vi dice qualcosa), che ne portano la responsabilità, come Mussolini porta quella della distruzione dell'Istria italiana. E non si dice che i villaggi arabi la cui popolazione scelse di non scappare e di non partecipare alla guerra per eliminare gli ebrei dal territorio del Mandato britannico (come spiegarono allora i propri obiettivi i comandanti degli eserciti arabi) restarono in piedi e si sono espansi e sviluppati, come può testimoniare chiunque faccia un giretto in Israele, per esempio in Galilea o nel “triangolo” a Nord Est di Tel Aviv.
Il fatto è quest'app non intende ricostruire un momento storico molto difficile, una lotta per la vita e per la morte di Israele, che naturalmente non è stato privo di momenti difficili, di errori e di danni per la popolazione civile. Non è un contributo alla comprensione dei fatti e alla loro storicizzazione. Non si sforza di essere oggettivo. E' uno strumento di lotta per la delegittimazione e in prospettiva la distruzione di Israele, come spiega bene qui un'organizzazione palestinista (http://www.bocchescucite.org/una-nuova-app-per-parlare-ancora-di-nakba/). Cioè è esattamente un incitamento nazionalistico alla guerra, ciò che dovrebbe fare orrore a tutte le persone di sinistra o pacifiste. E invece, guardate un po', questa app per tener aperta la ferita della guerra del '47-49 piace moltissimo al Manifesto (http://80.241.231.25/ucei/Viewer.aspx?Mode=S&ID=2014051327464392 e fin qui siamo nell'ovvio, dato il fanatismo anti-israeliano della testata), ma anche ai “grandi giornali” progressisti americani come il Washington Post (http://80.241.231.25/ucei/Viewer.aspx?Mode=S&ID=2014051527487889 ) e il New York Times (http://80.241.231.25/ucei/Viewer.aspx?Mode=S&ID=2014051427474342), fra l'altro notoriamente posseduto e diretto da persone che appartengono all'intellighenzia ebraica americana.
Vi chiedete il perché? Mah, dal punto di vista palestinista la risposta è semplice. Non hanno mai accettato e non accettano ancora la legittimità di Israele come stato ebraico: questa è fra l'altro la ragione perché è giusta e necessario la richiesta di Natanyahu di un tale riconoscimento come premessa a qualunque accordo (http://www.israelhayom.com/site/newsletter_article.php?id=17359). Pensano che la fondazione di Israele sia stato “un crimine contro l'umanità”(http://www.palwatch.org/main.aspx?fi=157&doc_id=11453 ). Sono fermamente convinti che il ritorno alla lotta armata sia opportuno e necessario (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/180097#). E questa posizione si è radicata anche in Occidente, in parte basandosi sul vecchio antisemitismo, in parte sul quasi altrettanto vecchio odio di sé di certi ambienti ebraici “progressisti”, che vogliono essere accettati come politicamente stimabili (http://www.algemeiner.com/2014/05/14/jews-against-themselves-the-bds-movement-and-modern-apostasy/). Solo per questa ragione, che in definitiva è l'antisemitismo, il mondo guarda compiaciuto iniziative che mirano a rinfocolare un conflitto e in altri casi sarebbero giudicate folli e pericolose. Solo contro Israele il fascismo e il revanscismo piacciono.