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Informazione Corretta Rassegna Stampa
16.05.2014 Le ragioni dell’odio tra Arabia Saudita e Fratellanza Musulmana
Analisi di Mordechai Kedar

Testata: Informazione Corretta
Data: 16 maggio 2014
Pagina: 1
Autore: Mordechai Kedar
Titolo: «Le ragioni dell’odio tra Arabia Saudita e Fratellanza musulmana»

Le ragioni dell’odio tra Arabia Saudita e Fratellanza Musulmana
Analisi di Mordechai Kedar

(Traduzione dall'ebraico di Rochel  Sylvetsky, versione italiana di Yehudit Weisz)

Quando a fine gennaio del 2011 scoppiò la rivolta contro Mubarak, era presumibile che i Fratelli Musulmani avrebbero preso il controllo dell’Egitto. I sauditi avevano espresso subito la loro opposizione a questa possibile conclusione. Nel giugno del 2012 il candidato della Fratellanza, Muhammed Morsi fu eletto Presidente dell’Egitto e tentò inutilmente una riconciliazione.  Dopo che Morsi fu deposto nel luglio del 2013, i sauditi diedero il loro sostegno al generale Sisi.


Muhamemd Morsi         La bandiera saudita     Il generale Al Sisi

L’Arabia Saudita, dopo la caduta di Morsi, aveva concesso a Sisi miliardi di dollari per  impedire a Morsi di tornare alla carica presidenziale, rendendo  anche  pubblica la propria opposizione agli Stati Uniti che invece sostenevano il regime precedente.

L’opposizione saudita ai Fratelli Musulmani è dimostrata anche dalla decisione di consegnare i membri del movimento che si erano rifugiati in Arabia Saudita dopo la deposizione di Morsi, quando il regime egiziano iniziò a dare la caccia agli attivisti della Fratellanza, dopo aver dichiarato che il movimento era un’organizzazione terroristica. La domanda  è perché i sauditi odiano così tanto i Fratelli Musulmani, anche se entrambi i gruppi sono sunniti devoti, e perché invece abbiano deciso di aiutare i sostenitori del laico Sisi.
La domanda si impone ancora di più se consideriamo i passati rapporti tra sauditi e Fratelli Musulmani: l’Arabia Saudita era un rifugio sicuro per molti leader della Fratellanza in fuga dalle persecuzioni in Egitto, Siria, Giordania e Iraq.


Bandiera dei Fratelli Musulmani

Ci sono diverse risposte a questa domanda, tutte legate tra loro:

1.    All’inizio del XX° secolo il nome “al-Ikhwan”, “i Fratelli”, indicava la milizia di Ibn Saud, il fondatore della dinastia saudita. Erano milizie violente che avevano seminato il terrore tra le tribù della Penisola Arabica e che nel 1924 sconfissero  Hussein Bin Ali, re del Hijaz e sceriffo della Mecca. Quando in Egitto Hassan al-Banna fondò la Fratellanza Musulmana nel 1928, diede al suo esercito il nome della milizia di Ibn Saud, cui aggiunse l’aggettivo “musulmano”, per evidenziare che i membri  dell’organizzazione erano  fedeli musulmani, al contrario della milizia di Ibn Saud, il quale non perdonò mai questo tradimento fino alla sua morte, avvenuta nel 1953.

2.    L’Arabia Saudita è un paese tribale in cui la religione, tramite leggi, regolamenti e tradizioni è un potente collante tra le varie tribù, mentre per la Fratellanza Musulmana egiziana la fede si sostituisce alla devozione nei confronti della famiglia-tribale, che dovrebbe sparire totalmente dalla politica. L’ideologia dei Fratelli Musulmani consente di reclutare membri provenienti da tutti i settori per inserirli  in una società civile in via di sviluppo, culturalmente autosufficiente, mentre il modello saudita  poggia su un gruppo famigliare chiuso, che non può assorbire persone al di fuori della propria cerchia.

3  In Arabia Saudita l’Islam è istituzionalizzato. Gli studiosi della Sharia e i giudici islamici sono sempre stati inscindibilmente legati al  regime fin dalla fondazione del regno, e tutti i loro documenti legali, libri, trattati e decreti, sono rivolti a rafforzare il regime e a dargli legittimità religiosa. Al contrario, l’approccio religioso della Fratellanza è intrinsecamente in opposizione ai poteri costituiti ed è destinato a consentire attività anti-istituzionali nei Paesi in cui l’organizzazione funziona - in Egitto, Siria, Giordania, Irak e tra gli altri in Israele. Il ramo palestinese dei Fratelli Musulmani ha creato un’organizzazione terroristica, Hamas. Tutti gli scritti religiosi dei Fratelli Musulmani sono destinati a giustificare la loro lotta contro i governi dei Paesi in cui risiedono. E’ impossibile colmare il divario tra l’Islam istituzionalizzato dei Sauditi e l’Islam rivoluzionario dei Fratelli musulmani.

4.    Il modello organizzativo dei Fratelli consente loro di espandere  attività e  influenza in altri Paesi, inclusi quelli senza una maggioranza musulmana, come in Israele,  Europa e USA. Al contrario, il modello di organizzazione famigliare dei sauditi resta limitato all’Arabia Saudita e agli Emirati Arabi Uniti, e la sua influenza può raggiungere quei Paesi solo addossandosi gravi oneri finanziari allo scopo di diffondere l’Islam.
Il fatto che i Fratelli possano espandere la loro influenza e siano presenti in nuove comunità, causa ai Sauditi e agli Emirati la sensazione di perdere la lotta per la supremazia.

5.    L’approccio saudita all’Islam è quello “salafita”, che santifica l’originale, glorioso passato dell’Islam come una religione i cui Stati devono essere governati dai princìpi di una fede intransigente. I Sauditi vedono i Fratelli come un moderno movimento politico che ha trasformato l’Islam in un’ideologia pragmatica, disposta a raggiungere compromessi con le altre ideologie civili prevalenti, persino con quelle che si oppongono all’Islam o che non aderiscono al suo credo. L’atteggiamento benevolo nei confronti degli egiziani Copti, ad esempio, non è accettato dai sauditi.

6. Il sistema giuridico islamico predominante in Egitto è quello hanafita, mentre quello prevalente in Arabia Saudita è il fondamentalista e versione estrema del sistema hanbalita, noto come wahabismo. Poiché il sistema hanafita è meno rigoroso del wahabismo, i sauditi considerano i Fratelli come un gruppo che manca di rispetto verso l’Islam. Per esempio, la donna wahabita è costretta a coprirsi il volto con il niqab quando si trova in pubblico, le è proibito uscire senza la scorta di un uomo della sua famiglia, non le è consentito guidare né svolgere pressochè alcuna professione. Al contrario gli hanafiti permettono alla donna di uscire da sola, a volto scoperto, di guidare e lavorare in qualsiasi campo degno di rispetto.

7  In Arabia Saudita e negli Emirati Arabi Uniti ci sono solo poche persone estranee al sistema tribale e  alle famiglie regnanti, che considerano l’ideologia dei Fratelli inadatta alla loro vita e al loro modo di pensare. I Fratelli vorrebbero che la famiglia saudita che governa il Paese e le famiglie regnanti negli Emirati fossero sostituite da un sistema non tribale. L’ascesa dei Fratelli fino alla presidenza dell’Egitto, aveva incoraggiato questa tendenza e aveva diffuso il timore  tra le famiglie regnanti  che l’ideologia dei Fratelli potesse minare la stabilità dei loro regimi. Dhahi Khalfan Tamim, il capo della polizia di Dubai, ha detto che il pericolo della Fratellanza musulmana cui sono esposti gli Emirati, è superiore a quello rappresentato dall’Iran.

8  Nell’arco del XX° secolo si è creata una profonda spaccatura economica tra la florida  società dell’Arabia Saudita ed degli Emirati da una parte, e le povere popolazioni dell’Egitto e degli altri Paesi arabi dall’altra, in cui la Fratellanza si è facilmente radicata. Il netto contrasto tra la ricchezza della Penisola Arabica e la miseria, l’abbandono, l’arretratezza, le malattie e l’ignoranza diffusi negli altri Paesi arabi hanno creato invidia, odio, sospetto e intrighi tra le due parti
I giornali della sera nei Paesi arabi ritraggono i sauditi e i leader degli Emirati come grottescamente grassi e tondi, un’immagine non avulsa dalla realtà. Senza dubbio, la popolarità della Fratellanza presso le masse di popolazioni arabe è assai più vasta di quella della Casa regnante Saudita, una situazione che crea molto disagio a quest’ultima.
In un cartone animato, una tipica araba palestinese di Khan Yunis (città con adiacente campo per rifugiati, della parte meridionale della striscia di Gaza) si rivolge ai sauditi così: ”Siete tutti traditori” a causa del loro silenzio su quel che sta accadendo a Gaza. L’artista è Omia Jucha, moglie di Rami Saad, uno dei capi di Hamas.

9  I Paesi della Penisola Arabica hanno avuto per decenni un rapporto simbiotico con l’Occidente: in cambio di forniture di petrolio e di gas, hanno ricevuto protezione dalle minacce esterne, quali la Russia, il nazionalismo arabo del tipo propugnato da Gamal Abdul Nasser, l’Iran.
Per la Fratellanza musulmana l’Occidente rappresenta il peggiore nemico delle nazioni del Medio Oriente: la conquista britannica dell’Egitto a fine ‘800, la conquista britannica e francese del Levante dopo la Prima Guerra Mondiale, la creazione dello Stato di Israele, il materialismo, il furto delle risorse naturali, l’egemonia politica, il permissivismo che pervadono i media occidentali e arriva in tutte le case dei popoli del Medio Oriente, sono visti dai Fratelli come un attacco dell’Occidente alla cultura islamica, alla politica e ai loro interessi economici.
Il contrasto tra l’atteggiamento della Fratellanza musulmana e quello della Penisola Arabica nei confronti degli Stati Uniti ha esacerbato gli animi di ambo le parti.


Gerusalemme

10  Gerusalemme rimane il punto centrale del conflitto tra i Fratelli Musulmani e l’Arabia Saudita, anche se questa controversia non è affrontata in pubblico e la si deve leggere tra le righe. Il primo maggio del 2012, Sheikh Safvat Hijazi, leader della Fratellanza, in un discorso rivolto a centinaia di migliaia di sostenitori durante la campagna elettorale di Morsi per la Presidenza, espose chiaramente il punto di vista dei Fratelli, a proposito di Gerusalemme, con queste parole: “Noi abbiamo visto che il sogno del Califfato Islamico, la Terra del Califfato, si avvererà – ad Allah piacendo - con i Fratelli Musulmani e il loro partito. Abbiamo visto il grande sogno delle “Nazioni Arabe Unite” che tutti noi sognamo. Se Allah vorrà, le “Nazioni Arabe Unite” torneranno per mezzo di quest’uomo con l’aiuto del suo partito. E la capitale delle “Nazioni Arabe Unite” sarà Gerusalemme, ad Allah piacendo (forte approvazione della folla). La nostra capitale non sarà né il Cairo, né la Mecca e neppure Medina, se Allah lo vorrà, e il nostro slogan sarà: “Milioni di shahid marciano su Gerusalemme” (la folla ripeteva con urla fanatiche lo slogan).
Un altro esempio della centralità di Gerusalemme si è verificato nel 2001, quando il leader del ramo settentrionale del Movimento islamico in Israele, Sheikh Raad Salah, ha annunciato la sua intenzione di portare l’acqua dal pozzo di Zamzam, nei pressi della Mecca, fino a Gerusalemme, al fine di porre l’accento sulla santità di Gerusalemme e il suo legame con la Mecca. Quando i Sauditi seppero del suo progetto, gli impedirono di partecipare allo Haji (il pellegrinaggio alla Mecca, Ndt): nessuno diede una spiegazione, ma tutti sapevano perché non gli era stato concesso il permesso di andare in pellegrinaggio alla Mecca.
In generale, difficilmente i Sauditi menzionano Gerusalemme, e quando lo fanno, è per dire che deve essere restituita ai palestinesi. Questo impedisce che siano considerati dei sionisti, ma sembra che temano che, nel caso Gerusalemme diventi la capitale di uno Stato Palestinese, sarà essa il centro dell’Islamismo e non più la Mecca. Il leader arabo palestinese potrebbe autoproclamarsi “Custode della Moschea Al Aqsa”, un titolo che metterebbe in ombra il re saudita, che è il “Custode dei due luoghi santi”.
E’ importante notare che la rivalità tra l’Hijaz -  centro religioso dell’islam con le sue due città sante della Mecca e di Medina -  e il centro politico nella Grande Siria (Alsham) con capitale Damasco e come città santa Gerusalemme, scoppiò nel VII secolo, quasi 1400 anni fa. Ciò avvenne quando il primo califfo omayyade, Muawiya ibn Abi Sufyan, trasferì la capitale da Medina a Damasco. Più tardi, nel 682 d.C., egli scelse Gerusalemme come meta alternativa del pellegrinaggio islamico, poiché alla Mecca era scoppiata una rivolta che impediva ai pellegrini siriani di partecipare all’Haji. Il grande arbitro islamico Ibn Taymiyyah (morto nel 1328), le cui decisioni erano rispettate dai wahhabisti sauditi, ridusse il livello d’importanza e di santità di Gerusalemme a quello di ogni altra città islamica, poiché sapeva che la sua “santità” era soltanto il risultato di una disputa politica, etnica e personale. La rivalità tra i due centri, la Mecca nell’Hijaz e Gerusalemme nell’Alsham, continua tutt’oggi, e accresce la tensione tra i Fratelli Musulmani e l’Arabia Saudita.
In Egitto i Salafiti sono in continua ascesa, la loro pratica islamica e il loro sistema di vita si avvicinano sempre di più a quelli sauditi. Si oppongono alla Fratellanza e cooperano con Sisi e le sue forze di sicurezza contro i Fratelli. Così, la Fratellanza musulmana in Egitto e il movimento di Hamas a Gaza si trovano intrappolati tra il martello di Sisi e il suo esercito da una parte e l’incudine dell’Arabia Saudita e degli Emirati del Golfo dall’altra. Questo è uno dei motivi principali per cui Hamas è tornato a collaborare con l’OLP.
Fatta eccezione per il Qatar, l’abisso che separa i Paesi della Penisola Arabica e i Fratelli musulmani è vasto e profondo e gli sviluppi degli ultimi tre anni in Medio Oriente sono solo serviti a renderlo ancora più ampio.

Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi.
Link:
http://eightstatesolution.com/
http://mordechaikedar.com


http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90

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