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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
13.05.2014 Dichiarazioni di Yair Lapid, Ministro delle Finanze d'Israele
Intervista di Davide Frattini

Testata: Corriere della Sera
Data: 13 maggio 2014
Pagina: 15
Autore: Davide Frattini
Titolo: «Lapid: «Gli attacchi anticristiani sono una macchia su Israele»»
 Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 13/05/2014, a pag 15, l'intervista di Davide Frattini al Ministro delle Finanze israeliano , e leader del partito Yesh Atid, Yair Lapid, dal titolo "Lapid: «Gli attacchi anticristiani sono una macchia su Israele»"

Il catenaccio recita: "Non pretendo che i palestinesi ci riconoscano come Stato ebraico", suggerendo che per Lapid Israele non debba essere lo Stato degli Ebrei. In realtà, la posizione del politico israeliano è che Israele abbia il diritto e la possibilità di definirsi da se stesso.  Nelle sue parole:
"Un israeliano è un ebreo che ha il controllo del suo destino È per questo che non sono d’accordo con il premier Benjamin Netanyahu quando pretende che i palestinesi riconoscano Israele come lo Stato ebraico. Non voglio dare ad Abu Mazen questo onore".
Inoltre, altre risposte di Lapid avrebbe meritato, anche nella titolazione, maggiore rilievo. A proposito della ricerca, da parte di imprenditori europei (italiani  inclusi) di accordi commerciali con l'Iran, il ministro israeliano dichiara: "Consiglierei di essere molto prudenti. Il rischio è perdere gli investimenti, quando diventerà evidente che gli iraniani continuano a mentire sul programma nucleare e le sanzioni torneranno a inasprirsi", e a proposito del fallimento dei negoziati con i palestinesi: "I palestinesi hanno risposto no quando gli abbiamo offerto il 94 per cento di quello che chiedevano. Viene da pensare che non abbiamo mai abbandonato l’idea di ottenere non una loro nazione confinante con Israele ma uno Stato al posto di Israele"

Ecco l'articolo:


Davide Frattini     Yair Lapid

GERUSALEMME — Agli ospiti del suo show televisivo chiedeva sempre «che cosa rappresenta Israele per te?» e il padre malato — sarebbe morto pochi mesi dopo — gli aveva sussurrato «Sei tu». Adesso Yair Lapid è ministro delle Finanze e leader del secondo partito nella coalizione di governo. Tocca a lui dare le risposte: anche a quella classe media arrabbiata che lo ha eletto e un anno dopo è ancora più arrabbiata(soprattutto con lui). «Un israeliano è un ebreo che ha il controllo del suo destino — spiega nel suo ufficio a Gerusalemme —. È per questo che non sono d’accordo con il premier Benjamin Netanyahu quando pretende che i palestinesi riconoscano Israele come lo Stato ebraico. Non voglio dare ad Abu Mazen questo onore».
Lapid, 50 anni, è il volto nuovo della politica che tutti conoscevano già. Conduceva un programma molto popolare il venerdì sera, teneva una rubrica sul quotidiano Yedioth Ahronoth , è considerato uno degli uomini più sexy del Paese. Attore, scrittore di romanzi polizieschi, venticinque anni fa ha composto per la seconda moglie Lihi una serenata pop e sdolcinata, Vive a Sheinkin , diventata un successo.
A quell’epoca assieme a Lihi tappezzavate i muri di Tel Aviv con l’adesivo «Io sono un estremista moderato». Che cosa significa lo slogan ora che al governo ci è arrivato?
«Che siamo il partito interessato a questioni noiose come provare a rappresentare l’equilibrio in un mondo sempre più estremista».
Estremisti: pochi giorni fa una chiesa e un centro religioso sono stati imbrattati con insulti anticristiani. Fouad Twal, il patriarca latino di Gerusalemme, li ha definiti «atti terroristici». A due settimane dalla visita di papa Francesco che misure state prendendo?
«È giusto definirlo terrorismo ed è una macchia sullo Stato d’Israele. Posso assicurare che agiremo duramente e li prenderemo».
Lo scrittore Amos Oz ha bollato i giovani delle colonie che sarebbero dietro agli attacchi (anche contro simboli musulmani) come «neonazisti ebrei» .
«Sono figlio di un sopravvissuto all’Olocausto, mio nonno è morto nel campo di Mauthausen. La Shoah è imparagonabile, il nazismo un fenomeno unico. La frase di Amos Oz nasce da rabbia e frustrazione comprensibili».
Il suo Yesh Atid (C’è un futuro) ha conquistato voti al centro e la fiducia di quei manifestanti che nel 2011 hanno protestato contro i tagli e le tasse troppo alte. Fiducia che — dicono i sondaggi — ha perso.
«La gente non legge i rapporti del Fondo monetario internazionale che ci elogia per aver salvato l’economia israeliana. Legge i prezzi al supermercato, il costo degli affitti: è infuriata e ha ragione. In tutto il mondo occidentale la crescita degli ultimi 20-25 anni non ha beneficiato la classe media quanto avrebbe dovuto, i salari continuano a scendere».
Anche Israele è più ricca e meno egualitaria. Da ministro delle Finanze che progetti ha per ridurre la frattura sociale?
«Vogliamo togliere qualunque beneficio fiscale alla parte più alta (sopra 3,5 milioni di shekel, circa 730 mila euro) delle remunerazioni — compresi i bonus — di banchieri e manager. Imporremo la regola che stipendi così sontuosi debbano essere approvati a maggioranza da tutti gli azionisti della società in un’assemblea generale».
I negoziati con i palestinesi ripartiranno?
«Non scriverei ancora il necrologio, il dialogo può ricominciare fra qualche settimana».
Gli americani accusano voi del tracollo: avete continuato a pianificare altre abitazioni nelle colonie.
«Due settimane fa c’è stato un incontro molto positivo, sembrava che la svolta fosse vicina. Il giorno dopo ci siamo svegliati con l’annuncio dell’accordo tra Abu Mazen, il presidente palestinese, e Hamas per tentare di formare un governo di unità. Non è il modo migliore per rafforzare la fiducia. E ribadisco: io sono contrario a nuovi insediamenti».
Lei ha espresso il dubbio che i palestinesi vogliano davvero uno Stato.
«L’Italia moderna all’inizio venne costituita senza Roma. I palestinesi hanno risposto no quando gli abbiamo offerto il 94 per cento di quello che chiedevano. Viene da pensare che non abbiamo mai abbandonato l’idea di ottenere non una loro nazione confinante con Israele ma uno Stato al posto di Israele».
Una fonte anonima nel suo partito ha dichiarato all’agenzia Reuters: se i colloqui falliscono, spingeremo per una separazione unilaterale.
«Ho dato ordine ai miei deputati di non rispondere mai a frasi anonime. Dico questo: faremo di tutto per evitare uno Stato bi-nazionale dove i palestinesi diventino maggioranza, sarebbe la fine del sionismo. Resto convinto che possiamo arrivarci con un’intesa».
L’alleggerimento delle sanzioni spinge gli imprenditori europei, tra loro gli italiani, a cercare accordi commerciali in Iran.
«Consiglierei di essere molto prudenti. Il rischio è perdere gli investimenti, quando diventerà evidente che gli iraniani continuano a mentire sul programma nucleare e le sanzioni torneranno a inasprirsi».

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