Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Nelle sale italiane il film 'The German Doctor', su Josef Mengele Recensione di Roberto Nepoti
Testata: La Repubblica Data: 08 maggio 2014 Pagina: 45 Autore: Roberto Nepoti Titolo: «La banalità del Male in quelle bambole che piacciono a Mengele»
Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 08/05/2014, a pag. 45, l'articolo di Roberto Nepoti dal titolo "La banalità del Male in quelle bambole che piacciono a Mengele".
Un uomo e una bambina. Lui alle soglie della cinquantina, affascinante e carismatico; lei fragile, apparentemente più piccola della sua età, timida e impavida insieme. L’uomo è Josef Mengele, medico e criminale di guerra atrocemente noto per aver compiuto, ad Auschwitz, esperimenti di eugenetica su adulti e minori. La piccola, che porta il nome biblico di Lilith, fa parte di una numerosa famiglia argentina. Nel 1960, in Patagonia, la famiglia (madre, padre, tre figli e una coppia di gemelli in arrivo) guida Mengele attraverso il deserto: fino a Bariloche, dove i genitori gestiscono un albergo. Il criminale in incognito è attratto dalla famiglia modello; e soprattutto da Lilith, che ha dodici anni ma ne dimostra nove. La ragazzina, vittima dei soprusi dei compagni di scuola che la chiamano “nana”, fa amicizia col misterioso tedesco. Il quale, malgrado la riluttanza del padre Enzo, convince la madre a lasciargli applicare alla bambina un trattamento per la crescita sperimentato sugli animali. Frattanto trova la protezione della comunità dei nazisti rifugiati in Argentina, mentre la fotografa Nora, inviata sotto copertura dei servizi segreti israeliani, comincia a sospettare di lui, ricercato dal Mossad per mezzo mondo. Nora ha una relazione con Klaus, un uomo di Mengele, mentre tiene informati i servizi. Che però esitano a crederle; almeno fino all’arresto, sempre in Argentina, di Eichmann. Le attenzioni del diabolico Pigmalione non si limitano, però, alla fanciulla. Mentre tenta di sedurre Enzo finanziando la produzione di bambole che questi disegna con passione, il dottore tedesco si prepara a fare i suoi esperimenti sulla coppia di nascituri.
Figlia del regista Luis, con i suoi film precedenti Lucía Puenzo si è già distinta nei festival internazionali. Questo, presentato l’anno scorso a Cannes e candidato all’Oscar per l’Argentina, è un dramma ispirato ad avvenimenti reali appassionante come un suspenser. Diversamente dalla maggior parte dei film basati su fatti storici, The German Doctor ha più strati di lettura. La regista argentina non si accontenta della cronaca dei fatti: continua la riflessione già portata avanti come scrittrice (il racconto da cui ha origine il film è suo) e cineasta sul costituirsi dell’identità sessuale e sociale di un individuo — nel caso la piccola Lilith — ma lo fa proiettando una storia privata sullo sfondo della Storia con la maiuscola. Se il film è semi-fictional, basato su ipotesi non verificabili, lo è solo riguardo ai rapporti tra la famiglia e Mengele; non certo per il ruolo del rifugiato, né per le vergognose protezioni che indussero il governo argentino ad accordare asilo agli ex nazisti, permettendo che si riunissero in comunità con tutti i rischi del caso. Ma il film di Lucía offre anche una straordinaria allegoria, quella delle bambole. Fabbricate in serie per l’interessamento di Mengele, con occhi movibili, capelli veri e con tanto di cuore meccanico pulsante, le bambole rappresentano simbolicamente la razza pura e perfetta vagheggiata dal medico; spersonalizzata e omologata, composta di tanti “pezzi” perfettamente identici tra loro: proprio come Mengele avrebbe voluto ridurre l’umanità. Un folle sogno al cui capolinea non c’era altro, in fin dei conti, che la “banalità del male”.
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