Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
E' morto Cornelius Gurlitt, il 'collezionista' dell'arte rubata agli ebrei dai nazisti Cronaca di Andrea Tarquini
Testata: La Repubblica Data: 07 maggio 2014 Pagina: 1 Autore: Andrea Tarquini Titolo: «Muore Gurlitt, uomo del 'tesoro di Hitler'. Giallo sull’eredità di 1.400 opere d’arte»
Riportiamo da REPUBBLICA di oggi, 07/05/2014, a pag. 18, l'articolo di Andrea Tarquini dal titolo "Muore Gurlitt, uomo del “tesoro di Hitler”. Giallo sull’eredità di 1.400 opere d’arte". Sulla vicenda del ritrovamento delle opere d'arte sottratte ai collezionisti ebrei e delle opere bollate dal nazismo come "arte degenerata", si veda la cronaca riportata da IC, al seguente link http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=6&sez=120&id=51242
Cornelius Gurlitt La donna seduta di Matisse, una delle opere trovate in casa di Gurlitt
«Quei tesori d’arte erano gli ultimi prigionieri di guerra del nazismo », disse il presidente del Consiglio ebraico mondiale, Ronald Lauder quando a casa di un vecchietto schivo, misantropo e taciturno il “Tesoro di Hitler” fu scoperto per caso. E adesso che lui, Cornelius Gurlitt, è morto tranquillo nel letto di casa, il destino di quel patrimonio appassiona e divide il mondo. Oltre millequattrocento opere d’arte, tra quadri, stampe, disegni e sculture: valore stimato, oltre un miliardo di euro. Almeno in parte, fu “NS-Raubkunst”, cioè arte sottratta dai nazisti alla civiltà. Rubata ai più colti tra i milioni di ebrei vittime della Shoah, o sequestrata agli artisti moderni o astratti perché «arte degenerata, ispirata dalla decadenza ebrea», come diceva Joseph Goebbels. Che fine farà, adesso, la “Collezione Gurlitt”?
La polemica spacca la Germania e il mondo. E la frettolosa lode postuma del governo a Gurlitt, «che poi ha collaborato con le autorità, ciò merita riconoscimento e rispetto», come ha detto la ministro della Cultura Monika Gruetters, scatena fastidi e stupore.
Tutta l’arte rubata va restituita cercando i proprietari o i loro discendenti con calma e ostinazione, dicono le associazioni ebraiche. Ma è difficile trovare molte delle vittime o dei loro eredi. E allora, forse i 1400 capolavori torneranno insieme. Affidati per volontà di Gurlitt a una fondazione che ne faccia una mostra permanente, suggeriva ieri pomeriggio la Sueddeutsche Zeitung online.
Oppure, un’idea sarebbe farne un museo della Memoria.
Ricordare anche questo capitolo del “Male assoluto” nazista a un mondo tentato dall’oblìo. È solo un’ipotesi, nulla di più. Mostrare l’arte strappata agli ebrei da gerarchi rapaci, affamati di denaro, cui non bastò nemmeno ridurre la Germania a un passo dalla bancarotta col riarmo e le colossali opere del regime. Oppure arte che gli ebrei dovettero svendere — per sopravvivere, o per i soldi per la fuga — a collezionisti senza scrupoli. Come fu Hildebrand Gurlitt, padre di Cornelius, esperto d’arte con amicizie altolocate nella tirannide. «No, finirebbe per diventare solo un museo d’arte e non di Memoria», mi dice Efraim Zuroff, direttore del Centro Simon Wiesenthal per la caccia ai criminali nazisti. «Piuttosto», continua, «le autorità tedesche dovrebbero dare ai possibili eredi delle vittime il massimo tempo possibile, cercarli, pubblicare online le immagini di tutte le opere, indagare su quali tesori furono rubati a quali vittime della Shoah. Così magari eredi oggi ignari verranno a sapere, e potranno farsi avanti». E poi, alludendo alla signora ministro: «Gurlitt non merita nessuna lode».
Non è la prima volta che le autorità tedesche e l’Occidente fanno una cattiva figura col caso del custode del “Tesoro di Hitler”. Suo pa- dre, dopo la guerra, convinse gli americani che la collezione era in regola. Lui, Cornelius, si smascherò per caso, quasi da solo. Durante una perquisizione di doganieri sull’intercity Monaco-Zurigo gli trovarono in valigia quadri nascosti: ogni tanto ne vendeva alcuni per vivere. Era il 28 febbraio 2012, solo alla fine del 2013 la magistratura bavarese disse al mondo di quei 1200 capolavori e oltre, opere di Picasso e Chagall, Klimt e Matisse, Otto Dix, Renoir o Gauguin, molti finora sconosciuti, nascosti nell’appartamento del quartiere borghese di Schwabing, dove ieri lui è morto. Giurò sempre sulla sua buona fede, ottenne dai giudici il dissequestro della parte non sospetta della collezione, in cambio dell’assenso a cercare gli eredi, e forse perché sotto pressing per indagini fiscali. Sugli altri 238 quadri celati da lui a Salisburgo, l’Austria non ha nemmeno indagato. Finora, solo un quadro di Klimt è stato restituito a discendenti di vittime della Shoah. Un’altra opera, la Donna seduta di Matisse, è reclamata dai discendenti di Paul Rosenberg, grande intellettuale ebreo francese, nonno della giornalista Anne Sinclair, la moglie di Strauss-Kahn.
«Se non trovano eredi legittimi, vendano i quadri ai musei, e finanzino organizzazioni che lavorano per la Memoria o per cercare gli eredi, o aiutino a costruire musei in paesi poveri che non ne hanno», suggerisce Zuroff. Non sarà facile. In ospedale, prima di tornare a casa a morire, Gurlitt avrebbe dettato un testamento. Auspicando di cedere il tesoro a una fondazione. Con sede in Svizzera o in Austria. «E molti suoi parenti sono in vita», ha annunciato il suo portavoce Stephan Holzinger, regista dei segreti e delle volontà del tesoriere. «Le opere andranno a eredi legittimi, e su quelle opere su cui grava il sospetto che siano arte rubata dai nazisti continueremo a indagare, qualsiasi erede testamentario è legato nel caso al dovere di restituzione», afferma Johanna Reichhart della magistratura bavarese. Il giallo continua, chi sa se e quando gli “ultimi prigionieri di Hitler” torneranno a casa.
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