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Ugo Volli
Cartoline
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Che succede ora? 06/05/2014

Che succede ora?
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

A destra, Mahmoud Abbas

Cari amici,

oggi è il 6 maggio 2014, vi risulta? E il 6 maggio viene una settimana dopo il 29 aprile, non è vero? Data che è successiva al 20 aprile, siete d'accordo ? Vi chiedete forse il perché di queste mie strane domande. Bene, il 29 aprile è il giorno in cui si dovevano concludere le trattative fra Israele e l'Autorità palestinese, che si è cercato invano di prolungare chiedendo a Israele di pagarne il prezzo. Il 20 aprile circa è invece il momento in cui Israele si è sganciato dalla trattativa dopo gli annunci dell'Autorità Palestinese che ne violavano i termini, cioè l'adesione a una serie di agenzie e trattati dell'Onu e l'accordo con Hamas per governare assieme.

                        
B. Netanyahu, B.Obama, M. Abbas           Shelly Dadon

Perché ricordare queste date? E' successo qualcosa ? No, non è proprio accaduto nulla, e questo è il punto. Vi ricordate Kerry pontificare che senza il negoziato sarebbe subito scoppiata la terza intifada ? Vi ricordate Tzipi Livni assentire pensosa e dietro di loro i leader politici europei, gli opinionisti, i pacifisti ? Ma non è successo niente. Non abbiamo visto né manifestazioni, né proteste, né terrorismo (almeno non più del solito, l'altro giorno un vigliacco assassino ha ammazzato  Shally Dadon, 20 anni, israeliana di Afulah uccisa a pugnalate mentre si recava ad un colloquio di lavoro (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/180189), ma si è trattato di uno dei molti "piccoli" attacchi del terrorismo quotidiano "a bassa intensità" che l'Autorità  Palestinese e le autorità consolari europee a Gerusalemme, che lo appoggiano, chiamano "resistenza popolare", probabilmente opera di una cellula già attiva da anni (http://www.debka.com/article/23888/Shelly-Dadon-was-murdered-by-the-veteran-Israeli-Arab-terrorist-group-%E2%80%9CGalilee-Liberators%E2%80%9D).

Che non ci siano state manifestazioni politiche di protesta per la fine delle trattative, vuol dire due cose: innanzitutto che alla massa degli arabi di Giudea e Samaria quei colloqui non importavano granché, che la loro urgenza non è oggi "liberarsi dall'occupazione", ma vivere bene e soprattutto evitare il destino delle popolazioni di Siria, d'Egitto, dell'Iraq. Il livello economico e sociale dei palestinesi è molto superiore e al di là delle manifestazioni verbali, pochi hanno voglia di ritrovarsi nell'incubo sanguinoso che comportano guerre civili e rivolte.



La seconda ragione è che il regime dell'Autorità Palestinese  non ha trovato conveniente cercare di organizzare un'ondata di violenza, come fece nel 2000 dopo aver rifiutato gli accordi proposti da Barack. Forse perché ha la percezione che non avrebbe il consenso necessario, come ho appena detto. O forse perché teme che l'instabilità possa minare il suo potere. E certamente perché ha scelto forme di lotta diversa, dove può contare sull'appoggio deciso dei paesi europei e anche su una qualche acquiescenza dell'amministrazione Obama: il conflitto diplomatico per il riconoscimento di uno stato che non è tale, ma cerca di fingere; il conflitto legale. Per questa ragione l'Anp ha aderito a un certo gruppo di trattati umanitari, fra cui quelli contro la tortura e l'abuso dei bambini in guerra. Sarebbe bello a questo punto che qualcuno facesse un'ispezione nelle sue carceri, dove la tortura è frequente e non sono pochi i detenuti che ne sono morti, e magari andasse a dare un'occhiata a come sono sfruttati i bambini nel terrorismo a bassa intensità che l'Anp pratica, per esempio come lanciatori di pietre.


I simboli di Fatah e Hamas

Ma la mossa più importante che L'Anp ha deciso, e che è stata la vera causa della fine delle trattative, è stato l'accordo con Hamas, che dovrebbe concretizzarsi in un governo nel giro di due settimane. Abbas ha garantito a tutti che il governo sarebbe stato "suo" e che quindi avrebbe implicitamente osservato le richieste per il riconoscimento americano (accettare gli accordi precedenti, rifiutare il terrorismo, riconoscere Israele).  Il fatto è che Hamas ha dichiarato in tutte le salse che non è d'accordo (http://www.jpost.com/Diplomacy-and-Politics/Khaled-Mashaal-Hamas-remains-committed-to-jihad-against-Israel-350937), che non si sogna affatto di rinunciare alla "lotta armata" (http://www.gatestoneinstitute.org/4298/hamas-abbas-jihad) o di riconoscere Israele e che soprattutto non vede la ragioni di sottoporre le sue truppe terroriste al controllo di Abu Mazen né di disarmarle (http://www.timesofisrael.com/hamas-leader-weve-never-discussed-disarmament/), e infine che non riconosce affatto il diritto di Israele ad esistere (http://www.focusonisrael.org/2014/04/30/hamas-ribadisce-che-non-riconoscera-il-diritto-di-israele-ad-esistere/). Insomma, mentre il movimento di Abbas, Fatah, centra incredibilmente di accreditare l'innocenza delle milizie che li hanno massacrati a Gaza (http://elderofziyon.blogspot.it/2014/04/the-plos-lawyer-whitewashes-hamas-terror.html?utm_medium=twitter&utm_source=twitterfeed#.U2d4v_l_uSr), il risultato netto dell'azione di Abbas sarà, come ha detto Bennett, la più grande organizzazione terrorista del mondo al potere a 20 minuti di macchina da Gerusalemme.

Cosa farà questo governo, come si regolerà rispetto alle attività terroristiche di Gaza, al lancio di razzi, ai tunnel, ai rapimenti, è difficile dire. L'ipotesi più ragionevole è che a Gaza tutto continui come in questi anni, con il fatto che il governo di Ramallah non potrà non prenderne la responsabilità. Come reagirà Israele, che cosa farà l'amministrazione americana e il Congresso (che è molto ma molto più filoisraeliano di Obama) è difficile prevedere. Una cosa è certa: le cose nel campo palestinese non saranno semplici e non è affatto detto che le scelte di Abbas finiscano bene per lui.


Ugo Volli


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