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La Stampa Rassegna Stampa
06.05.2014 Boko Haram vende le studentesse rapite come schiave
Scontro di civiltà ? Noooo !

Testata: La Stampa
Data: 06 maggio 2014
Pagina: 13
Autore: Francesca Paci
Titolo: «Studentesse all’asta come schiave»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 06/05/2014, a pag. 13, l'articolo di Francesca Paci dal titolo "Studentesse all'asta come schiave".

                      
Francesca Paci           Abubakar Shekau,
 capo di Boko Haram                   

«Sono entrati nella nostra scuola spacciandosi per soldati, indossavano le divise, abbiamo capito che erano ribelli perché gridavano, erano maleducati, poi hanno dato fuoco alle aule e si sono messi a sparare ovunque, anche alle guardie armate davanti all’edificio ». La testimonianza di Amina Sawok e Thabita Walse raccolta dal quotidiano nigeriano «The Punch» è il primo squarcio nell’ultimo blitz degli islamisti di Boko Haram, i taleban d’Africa, che il 14 aprile scorso hanno fatto irruzione in un istituto femminile di Chibok, nello Stato nord-orientale del Borno, sequestrando almeno 270 adolescenti tra 15 e 18 anni in procinto di sostenere gli esami. Oltre ad Amina e Thabita a parlare dall’inferno è stato finora solo il leader degli integralisti Abubakar Shekau che ieri, in un video di 56 minuti, ha rivendicato il rapimento e ha annunciato l’intenzione di mettere le ragazze all’asta come schiave o forzarle al matrimonio per farla finita con l’«abominio» occidentale dell’istruzione delle donne. Il racconto delle due superstiti - una cinquantina sarebbero fuggite grazie al guasto di un camion che le trasportava - ci porta in una zona ai confini con il Camerun e il Ciad, dove, pare, alcune di loro sarebbero già state vendute al prezzo di 2 mila naira ciascuna (10 euro). Secondo fonti Usa molte si troverebbero già all’estero. Difficile orientarsi nella nebbia in cui si muovono i fondamentalisti, che dal 2002 si battono per instaurare la sharia nel nord del più ricco e popoloso Paese africano, e il governo centrale del presidente Goodluck Jonathan, che annuncia ora di aver chiesto aiuto al collega americano Obama e al suo messo in Nigeria Kerry ma che per quasi tre settimane ha tenuto un bassissimo profilo evitando la circolazione di notizie sul caso. Solo il primomaggio, quando i media internazionali hanno puntato sulla Nigeria i radar fino allora focalizzati sul volo della Malaysia Airlines scomparso nell’oceano, Jonathan, incalzato anche dalle proteste dei genitori contro l’inerzia delle autorità, ha lanciato l’allarme negando le voci di trattative in corso con i terroristi e precisando che l’80% delle prigioniere sarebbe, come lui, di religione cristiana. «Il governo ha dimostrato indifferenza verso questo terribile disastro» ripete da giorni Mark Enoch, la cui figlia e due nipoti sono state rapite. Mark è uno delle migliaia e migliaia di nigeriani che da metà aprile non si stancano di manifestare in abito nero a Lagos, Abujia, Kano ma anche in Borno, dove si è mobilitata la moglie del governatore Hajiya Nana Kashim Shettima. Una leader della campagna per la liberazione delle ragazze, Naomi Mutah, è stata arrestata alcune ore per essersi spacciata per la mamma di una delle rapite in un incontro con la First Lady Patience Jonathan. Il caso però è ormai esploso. L’appello è rimbalzato su Internet e attraverso l’hashtag Twitter #Bring- BackOurGirls ha catalizzato in breve un sostegno globale, dall’Unicef a Hillary Clinton, dall’eroina pachistana Malala Yousafzai al ministro degli Esteri italiano Mogherini che chiede l’intervento deciso dell’Ue. «Ogni giorno 39mila ragazzine sono costrette a sposarsi» calcola Carol Boender della ong Care. Il maggior numero di matrimoni infantili è concentrato in Africa occidentale dove si trova anche il 16% dei 29,8 milioni di schiavi del mondo. Da un paio d’anni, oltre ad aver alzato il livello dello scontro con il governo moltiplicando omicidi e attacchi a chiese e scuole, Boko Haram ha adottato la pratica dell’ugandese Lord’s ResistanceArmy (Lra) che dava in sposa ai miliziani le bambine rapite. Secondo la Northern ChristianAssociation ofNigeria a essere nel mirino sono soprattutto le cristiane. A novembre l’adolescente Haja, sequestrata dai taleban d’Africa mentre mieteva il grano a Gwoza, nel Borno, e tenuta prigioniera tre mesi, ha raccontato alla «Reuters» di essere stata forzata a convertirsi all’islam, a cucinare e fare le pulizie per i suoi carcerieri che ascoltavano radio «Bbc», ad assistere a sgozzamenti e violenze.

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