La falsa neutralità di Nichi Vendola l'intervista di Michele Giorgio rivela la sua parzialità antisraeliana
Testata: Il Manifesto Data: 06 maggio 2014 Pagina: 8 Autore: Michele Giorgio Titolo: «Nichi Vendola: 'Importante l'iniziativa di Abu Mazen'»
Riprendiamo dal MANIFESTO di oggi, 06/05/2014, a pag. 8, l'intervista di Michele Giorgio a Nichi Vendola, dal titolo"Nichi Vendola: 'Importante l'iniziativa di Abu Mazen' ". Il governatore della Puglia e leader di Sel sostiene che la conciliazione tra Fatah e Hamas (gruppo che è riconosciuto come terrorista dall'Unione europea e dagli Usa, e che apertamente vuole la distruzione di Israele) sarebbe un passo incoraggiante per i negoziati. Il giudizio di Netanyahu circa la dichiarazione di Abu Mazen sulla Shoah, denunciata dal premier israeliano come propagandistica e in contraddizione proprio con l'accordo con un gruppo dall'ideologia antisemita e genocida come Hamas, per Vendola è una "reazione di chiusura". Nell'uso del termine apartheid per riferirsi a Israele, Vendola coglie invece il "disvelamento di un punto di verità". Sul diritto di Israele ad esistere come Stato ebraico, non vuole esprimersi, perché ritiene suo dovere "non prendere parte con giudizi di valore". Il diritto degli ebrei a una patria è però il nodo cruciale del conflitto: è proprio il fatto che questo diritto sia ancora negato a non permettere un accordo. A dispetto della sua falsa neutralità, è dunque evidente la chiusura del leader di Sel alle ragioni di Israele, la sua adesione ai peggiori stereotipi e alle vere e proprie menzogne della propaganda palestinese e filopalestinese. Per le altre affermazioni di ostilità contro Israele, si veda l'intervista di Umberto De Giovannangeli allo stesso Vendola sull'UNITA' del 30 aprile, ecco il link: http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=13&sez=120&id=53245 Ecco l'intervista:
Michele Giorgio Nichi Vendola
A Nichi Vendola, a capo di una delegazione di deputati e dirigenti di Sel, in visita in Israele e nei Territori palestinesi occupati dove ha avuto colloqui con esponenti del mondo politico, tra cui il presidente dell'Anp Abu Mazen e la società civile abbiamo rivolto alcune domande. Prima della partenza dall'Italia hal lanciato un appello per salvare i negoziati israelo-palestinesi Partirei da un'analisi della situazione attuale. Abu Mazen ha messo in campo un'iniziativa politica che per certi versi ha un effetto di spiazzamento verso l'interlocutore israeliano. Un doppio movimento rivolto all'interno e all'esterno del quadro palestinese. All'interno con il processo di riconciliazione che rende più credibile l'eventuale ripresa delle trattative. Perchè immaginare il successo di un negoziato permanendo una spaccatura interna alla realtà politica della Palestina è abbastanza difficile. II processo di riconciliazione tra il partito di Abu Mazen Fatah e il movimento islamico Hamas ha molto a che fare con la debolezza politica del movimento islamico, nel momento in cui muta in maniera significativa la geografia politica dei tradizionali alleati di Hamas. Con il mutamento egiziano, con la fine di protezioni importanti di tipo internazionale con la probabile interruzione dei flussi di finanziamento esterni verso Hamas, credo che Abu Mazen faccia bene a portare a compimento un tentativo forte di riconciliazione che in qualche modo ha il segno egemonico di Fatah. La riconciliazione In verità la vuole II popolo palestlnese più che Fatah e Hamas Quando l'iniziativa politica coglie un sentire comune, quando si incrina l'egemonia di Hamas, è possibile determinare un quadro significativo. Un secondo elemento di spiazzamento è la dichiarazione sull'Olocausto di Abu Mazen. Che il premier israeliano Netanyahu però ha bollato come propaganda Il punto di equilibrio che può far vivere la volontà di costruire «due Stati per due popoli• è sempre la rivendicazione della liberazione dei Territori (palestinesi) dall'occupazione militare e il riconoscimento del diritto all'esistenza, del diritto alla sicurezza dello Stato di Israele. il tema dell'Olocausto è politico, ha a che fare con la capacità di misurarsi con la sensibilità dell'opinione pubblica israeliana, di fare i conti con una realtà che spesso è stata rimossa. Vedo un elemento di dinamismo nell'iniziativa palestinese. La reazione di Netanyahu è stata di chiusura, di nervosismo e svela una contraddizione apparsa evidente nelle parole di Kerry quando ha dichiarato che la permanenza di un quadro bloccato significa prefigurare uno Stato dell'apartheid. Kerry poi ha smentito. Tu cosa ne pensi, anche l'ex presidente Usa Jimmy Carter ha scritto un Ilbro sull'apartheld In Palestina C'è il disvelamento di un punto di realtà. L'insostenibilità di una prospettiva che rappresenta una deriva. L'abbia detto o non l'abbia detto Kerry, in qualche maniera fotografa un sentimento che c'è anche nella società israeliana. Si ha la percezione che sia maggioritaria la domanda di pace all'interno di Israele e che ci sia un corto circuito tra questa domanda e l'offerta politica. È lampante questa contraddizione tra una società che rivendica i suoi standard di difesa del pluralismo e della democrazia, l'evoluzione sul terreno dei diritti civili e una drammatica tenaglia che stringe un popolo nel recinto dell'occupazione militare. Da alcuni giorni Netanyahu insiste, tra le proteste del palestlnesl dentro e fuori Israele, per l'approvazione di una legge che proclami Israele "Stato nazionale del popolo ebraico". Qual'è la tua posizione ? È nostro dovere non prendere parte con giudizi di valore ma che essendo materia di negoziato si debba essere sempre a sostegno di ciò che aiuta il negoziato medesimo. Quindi considero i punti più controversi come argomenti che per entrambe le parti possono costituire tanto il problema che la soluzione del problema, a seconda di come vengono declinati. Aggiungere più considerazioni non è per me utile.
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