L'eurodeputato del Pd Panzeri disinforma su Israele (ma è una fissa !) sul quotidiano diretto da Maurizio Belpietro
Testata: Libero Data: 29 aprile 2014 Pagina: 18 Autore: Antonio Panzeri Titolo: «Hamas oggi è debole Israele stavolta deve dar fiducia all'Anp»
Riportiamo da LIBERO di oggi, 29/04/2014, a pag. 18, l'articolo di Antonio Panzeri dal titolo "Hamas oggi è debole Israele stavolta deve dar fiducia all'Anp".
Antonio Panzeri
LIBERO continua a pubblicare la disinformazione antisraeliana dell'eurodeputato del PD Antonio Panzeri, che nell'articolo odierno giunge a sostenere che l'accordo di Fatah con Hamas, un'organizzazione terroristica e antisemita che vuole distruggere Israele, aprirebbe nuove possibilità ai negoziati di pace. L'"establishment israeliano", secondo Panzeri dovrebbe affrettarsi a cogliere le aperture dell'ala più moderata della leadership palestinese (come le parole di Abu Mazen sulla Shoah, in contraddizione proprio con l'accordo con Hamas). Dal momento che queste aperture non sono reali, in quanto non accompagnate da una reale volontà di giungere a un accordo con Israele, la tesi di Panzeri non fa altro che preparare la strada per la condanna di Israele come responsabile del fallimento del processo negoziale. Nella realtà, è l'Anp a non essere interessataa che tale processo conduca alla pace.
Invitiamo i nostri lettori a scrivere a LIBERO protestando per gli articoli disinformanti di Panzeri.
Ecco l'articolo:
I colloqui di pace fra i rappresentanti dello Stato israeliano e dell'autorità nazionale palestinese sembrano avviati a un epilogo imprevisto. Pochi giorni fa Hamas e Al Fatah, le due fazioni che storicamente hanno rivaleggiato nella rappresentanza del popolo palestinese, hanno infatti raggiunto un'intesa. Il patto prevede la formazione, nelle prossime cinque settimane, di un governo di unità nazionale, mentre entro sei mesi si dovrebbero tenere nuove elezioni. Secondo il premier israeliano Ben-yamin Netanyahu, questo sviluppo esclude che si possa raggiungere un accordo di pace fra Israele e Palestina. I falchi del governo israeliano ritengono che l'intesa tradisca il vero intento dei palestinesi: la distruzione dello Stato ebraico. Più sfumata la posizione degli Stati Uniti, che potrebbero riconoscere il nuovo governo se accetterà la legittimità dello Stato ebraico e rinuncerà alla violenza. Adesso resta da vedere se gli accordi siglati da Hamas e Al Fatah condunarmo dawero a un cambiamento: già in passato, infatti, le due parti hanno siglato intese che non hanno generato risultati concreti. Ma questa volta potrebbe essere diverso. Hamas, che affermava di voler distruggere il popolo ebraico, si trova attualmente in una posizione di oggettiva debolezza. Il mutevole scenario mediorientale ha generato equilibri meno favorevoli al movimento, che pur essendo sunnita è stato finanziato dall'Iran. I rapporti con Teheran sono difficili e Ha-mas, che si era volto verso l'Egitto di Morsi e dei Fratelli Musulmani, si trova sempre più isolato. Il generale Al Sisi ha chiuso i canali fra Gaza e l'Egitto, impedendo il transito clandestino di merci che sosteneva la fragile economia palestinese. In poco tempo, le difficoltà hanno intaccato la popolarità di Hamas. Questo spiega la volontà di aprirsi a una collaborazione più stretta con le forze moderate palestinesi, anche a fronte di gruppi jihadisti radicali che sfidano sempre più l'autorità di Hamas. Nel frattempo, Abu Mazen, Presidente dell'autorità palestinese, ha voluto lanciare un messaggio forte per indebolire le argomentazioni di Netanyahu e rassicurare gli USA: in un incontro con il rabbino americano Marc Schneier ha infatti affermato che la Shoah rappresenta il crimine più odioso contro l'umanità dell'era moderna. Esprimendo solidarietà alle vittime del nazismo, il presidente ha ribadito che il popolo palestinese è impegnato in una lotta contro il razzismo. Forse non basterà a rassicurare Israele, ma è un segnale che l'ala più moderata della leadership palestinese sta tentando una nuova strada diplomatica. Una strada rischiosa e complessa, ma anche un'apertura che l'establishment israeliano farebbe male a non cogliere.