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La Repubblica Rassegna Stampa
26.04.2014 L'accordo Fatah-Hamas visto da Mustafa Barghouti
Intervista di Vanna Vannuccini

Testata: La Repubblica
Data: 26 aprile 2014
Pagina: 14
Autore: Vanna Vannuccini
Titolo: «Israele non ha più alibi, l'unità dei palestinesi una garanzia per la pace»

Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 26/04/2014, a pag. 14, con il titolo " Israele non ha più alibi, l'unità dei palestinesi una garanzia per la pace" l'intervista di Vanna Vannuccini a Mustafa Barghouti, il negoziatore di al Fatah, cugino del pluriassassino Marwan Barghouti, condannato a vari esrgastoli e detenuto in un carcere israeliano.

a destra, Mustafa Barghouti

Si intervista qualcuno per farne conoscere il pensiero, è questa la logica che sta alla base di una intervista. Ciò detto e condiviso, non è detto che le domande debbano avere questa sola finalità, dipende dalla figura dell'intervistato. Che in questo caso ha lavorato per un accordo che mira alla unione fra Anp e Hamas, un movimento terrorista, riconosciuto come tale da Unione Europe e Usa, oltre che dalla maggior parte dei governoi democratici. Vanna Vannuccini ne accenna timidamente in una domanda, ignorando poi in tutte le altre la realtà, mentre Barghouti sforna tutta una serie di menzogne che servono solo a coprire la vera natura del progetto: una unione per essere più forti contro Israele, dietro una facciata 'moderata', rappresentata da Abu Mazen, dietro al qualesi nascondono i terroristi di Hamas.
Evitiamo di intervenire nella risposte di Barghouti, i lettori sono in grado di valutarne la credibilità.
REPUBBLICA ritorna a essere la cassa di risonanza dei nemici di Israele ? Abbiamo registrato in questo ultimo anno i segnali di un cambiamento positivo, ma il pezzo della Vannuccini di oggi rappresenta un brusco ritorno al passato.

Vanna Vannuccini

Ecco l'intervista:

BETLEMME- «NETANYAHU ha mostrato la sua vera faccia: la verità è che non vuole la pace. Finora usava la divisione palestinese come scusa per dire che non era possibile fare la pace con noi perché non rappresentavamo tutti i palestinesi. Ora rovescia il discorso e usa l’unità palestinese come pretesto al contrario. Ma io dico: dov’è la contraddizione tra l’accordo che abbiamo fatto con Hamas e i negoziati di pace, se Hamas voterà per il governo unitario che si farà entro cinque settimane?». Mustafa Barghouti è di ritorno da Gaza dove ha firmato con Ismail Haniyeh l’accordo di riconciliazione tra Autorità Palestinese e Hamas. Medico, laureato a Stanford e cugino di Marwan Barghouti, che da dodici anni è detenuto in un carcere israeliano ma resta ancora il politico più popolare tra i palestinesi, Mustafa è membro influente del Consiglio Legislativo Palestinese che si riunisce a Ramallah.
Quale sarà il primo passo dopo l’accordo tra Fatah e Hamas?
«Il compito del governo unitario sarà di riportare la democrazia in Palestina. Sarà un governo di consenso nazionale, formato esclusivamente da tecnocrati, cioè da personalità non legate a nessun partito, e preparerà le elezioni parlamentari e presidenziali da tenersi entro sei mesi. Come può essere contraria a questo l’Europa? Come possono esserlo gli Stati Uniti?».
Gli Stati Uniti si sono rammaricati dell’accordo. Hamas è un partito islamista che non ha mai abbandonato la violenza e rifiuta di riconoscere Israele e di accettare i negoziati di pace.
«Abu Mazen sarà il primo ministro anche del governo unitario, e ribadirà l’accettazione delle condizioni messe dal Quartetto per i negoziati. Hamas è un partito, e come tale può avere posizioni proprie, ma se vota per il governo che accetta le condizioni poste dal Quartetto, vuol dire che implicitamente le fa proprie. Anche noi potremmo porre a Netanyahu le stesse obbiezioni per Naftali Bennett e il suo partito, che hanno sempre ripetuto che non accetteranno mai uno Stato palestinese».
Il governo israeliano è stato colto di sorpresa dall’accordo. Lei è stato due giorni a Gaza. Come siete riusciti ad arrivare così rapidamente a un’intesa dopo uno scisma che durava da sette anni?
«C’è stato molto lavoro di preparazione. Gli incontri che c’erano stati negli anni passati, con le mediazioni di paesi arabi, non erano stati infruttuosi. Abbiamo parlato e siamo giunti a questa conclusione anche perché siamo consapevoli di quanto la divisione erodesse il sostegno popolare e frustrasse le aspettative dei palestinesi».
Kerry ha detto di non ritenere che il negoziato sia finito. C’è una chance di riprenderlo, nonostante il no del governo israeliano?
«Gli Stati Uniti hanno avuto sempre una posizione chiaramente a favore di Israele, ma i colloqui di pace sono arrivati a un punto morto perché Israele li ha deliberatamente sabotati, e ha continuato a costruire nuovi insediamenti. Del resto la separazione tra Gaza e la Cisgiordania era stata provocata da Israele proprio per impedire la realizzazione degli accordi di Oslo. L’accordo con Hamas toglie ora di mezzo un ostacolo ».
Israele parla di applicare sanzioni economiche.
«Già da alcune settimane Israele non ci versa denaro nostro proveniente dalle tasse che Israele raccoglie per conto nostro, trattenendosi peraltro il 3 per cento. Si tratterebbe di un vero e proprio atto di pirateria. Vogliono strangolarci, impoverire la popolazione. Ma non sarà così che ci piegheranno».
E come risponderete?
«Consolideremo l’unità palestinese e cercheremo l’aiuto dei paesi arabi per sopravvivere. Ci sarà una resistenza non violenta della popolazione. L’unità e la non violenza sono i due princìpi che animeranno il governo unitario, in preparazione di elezioni democratiche. Abbiamo deciso di riattivare il Comitato di riforma dell’Olp, al quale parteciperanno tutti i leader dei diversi gruppi palestinesi. E riattiveremo il Comitato per la Libertà, il Freedom Committee, che io presiederò e che avrà il compito di occuparsi dei diritti umani, e della libertà di azione politica. Non credo che l’Europa possa essere contraria. E anche gli Stati Uniti dovranno rivedere la loro posizione. Parleremo con loro, capiranno che si tratta di riportare la democrazia per tutti i palestinesi»

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