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La Stampa Rassegna Stampa
25.04.2014 La Chiesa dichiara beato padre Girotti, giusto fra le nazioni
Alberto Cavaglion ne traccia il ritratto

Testata: La Stampa
Data: 25 aprile 2014
Pagina: 28
Autore: Alberto Cavaglion
Titolo: «Padre Girotti, il Giusto che divenne santo»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 25/0472014, a pagg. 28-29, l'articolo di Alberto Cavaglion dal titolo "Padre Girotti, il Giusto che diventa Santo".

               
Alberto Cavaglion           Padre Giuseppe Girotti

Domani, nel Duomo di Alba, sarà beatificato padre Giuseppe Girotti, morto a Dachau a 39 anni. Nel cuore delle Langhe era nato, da umile famiglia, il 19 luglio 1905. Destino vuole che sarà canonizzato il giorno prima di papa Giovanni XXIII: la coincidenza va rilevata. Nel recare soccorso agli ebrei durante l’occupazione nazista sacerdoti come padre Girotti prefigurarono i principi del Concilio Vaticano II. La loro opera non aveva un contenuto politico, rispondeva esclusivamente a uno slancio interiore, obbediente alla scelta vocazionale di vivere con e per i poveri, i perseguitati.
Come molti che si sono prodigati nel soccorso, padre Girotti era un uomo eccentrico, un solitario anticonformista. Divenuto professore di Sacra Scrittura, nel 1939 era stato sospeso dall’insegnamento per motivi disciplinari. Trovò spazio tra i Missionari della Consolata, in corso Ferrucci a Torino, ove tenne lezione, fino allo scoppio della guerra. Qui probabilmente conobbe il dottor Giuseppe Diena e soprattutto la moglie Elettra Bruno. Alla vigilia dell’8 settembre viveva nel convento domenicano della parrocchia di Santa Maria delle Rose, dove era subentrato, creando scalpore, a padre Reginaldo Giuliani, cappellano militare (vicinissimo al fascismo), morto in combattimento in Abissinia nel gennaio 1936.
Reintegrato nell’insegnamento nel 1942, padre Girotti aveva stabilito strette relazioni con chi si opponeva al regime. Era un personaggio fuori schema. Non si conservano purtroppo molte testimonianze su di lui e le schede biografiche che circolano in queste ore non dicono molto sull’intensa sua opera di soccorso. Chi lo ha conosciuto da vicino, soprattutto il figlio del dottor Diena, ricorda che veniva spesso redarguito dai superiori, disapprovato il modo anarchico con cui osservava, o meglio non osservava la Regola. Si ricorda che vestisse in modo trasandato, che fumasse e soprattutto non nascondesse la sua inclinazione per la parte più «innovatrice» della Provincia cui apparteneva. Quello che per nulla si conosce è la modalità del suo arresto, la trappola spettacolare, «cinematografica», costruita allo scopo di eliminare lui e Giuseppe Diena, un medico, più vecchio di lui di una ventina d’anni, ebreo e massone, i cui figli, Paolo e Giorgio, nell’autunno 1943 erano saliti in Val Pellice e Chisone con i partigiani di Giustizia e Libertà.

Girotti e Diena paradossalmente si assomigliano. Medico dei poveri, filantropo, ebreo agnostico e libero pensatore, Diena era già finito una volta alle Nuove per le sue idee politiche. Anche il dottore era un fuori schema. Tra i due era sorta una naturale simpatia, nonostante la differenza di età e i divergenti percorsi culturali. Quando si ama la libertà, le barriere religiose e generazionali si frantumano. Dall’autunno del 1943 padre Girotti iniziò ad aiutare il dottore stabilendo un contatto stabile e sicuro con i figli in Val Chisone. Diena e la moglie vivevano a Cavoretto, ospiti della famiglia Bona. Padre Girotti si recava spesso da loro, qualcuno dovette accorgersene e ordì la trappola.
Il 29 agosto 1944 la moglie del dottore esce dalla casa dei Bona: al rientro vede alcune automobili davanti alla villa e un piccolo assembramento di persone agitarsi davanti all’ingresso. Dentro le vetture si scorgono strani personaggi. L’unico volto noto è quello del padre domenicano, al quale – la moglie del dottor Diena non può saperlo – una voce misteriosa ha appena telefonato in convento comunicandogli che uno dei due figli del dottore, ferito, intende riunirsi al padre per farsi curare. In effetti la signora vede dentro una delle vetture un giovane vistosamente fasciato e sofferente, ma non è Paolo né Giorgio. Una volta entrati nella villa, gli strani personaggi si erano rivelati per quello che erano e il finto ferito si era qualificato: un impostore. Una regia molto accurata. Dalle altre vetture erano scesi parecchi uomini armati che avevano arrestato i padroni di casa, il giovane Carlo Bona, in età di leva, con la madre Felicina, il dottore e naturalmente padre Girotti. Soltanto l’anziana nonna di Carlo Bona non era stata arrestata. Un’operazione in grande stile, portata a termine per catturare due persone da tempo sotto controllo.
La moglie del dottore fa in tempo a vedere due macchine spuntare da una curva ad alta velocità. Riconosce gli occhi del marito, con il quale fa solo in tempo a scambiare uno sguardo. L’ultimo. Il dottore verrà deportato e morirà a Flossenbürg. Padre Girotti a Dachau. Qualche settimana dopo, la moglie di Diena riuscirà a far recapitare una breve lettera al figlio Giorgio: «Com’è stato non si sa. Ero uscita nell’assillante pensiero di metterci al sicuro e trovare un nuovo rifugio, era solo più questione di due o tre giorni. Nella mia assenza un questore in persona, servendosi di un tranello, è andato lassù, con un padre domenicano, uno studioso e semplice come un bambino, che, solo, sapeva dove eravamo e con un finto ferito, che a lui han fatto credere che fosse il figlio. Dunque sapevano che il padre non conosceva i figli, ma supponevano che conoscesse il rifugio del loro babbo».
Se il dottore sapesse che il padre domenicano suo amico fosse inviso a qualcuno e tenuto d’occhio (non soltanto dalla questura) non ci è dato sapere. L’inganno venne ordito da qualcuno che conosceva bene entrambi. Una cosa è certa: il regista delle operazioni fece leva sui sentimenti di carità di padre Girotti. Durante il periodo trascorso insieme alle Nuove e poi a Bolzano, prima della partenza per la Germania, i due si saranno parlati, ma non possiamo sapere che cosa si dissero. Alla moglie, nelle lettere che riesce a mandare da Bolzano, Diena dice di sentirsi unito come un fratello al padre domenicano. Entrambi avevano idee più fondate di quelle che possiamo immaginare noi sulle cause che portarono al doppio arresto. Del tutto sicuro è che farlo sapere a Torino importasse a entrambi assai poco. Da Bolzano, da dove scrivono le loro ultime lettere, il dottore e il padre domenicano avevano ormai una percezione delle cose che li portava a giudicare irrilevanti le modalità della loro cattura.
A mezzo secolo dalla morte, nel 1995, padre Girotti è stato riconosciuto «Giusto tra le Nazioni» dal tribunale di Gerusalemme che opera una sorta di laica canonizzazione per coloro che si sono distinti dopo l’8 settembre 1943. Le tre celebrazioni, quella di Gerusalemme, quella che verrà solennemente festeggiata ad Alba domani e quella di Papa Giovanni XXIII il 27 aprile sono fra loro collegate da un filo sottile. La cosa potrà scandalizzare qualcuno, ma non è così. Non si conoscono molti altri casi di Giusti che diventano Santi.

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