I vicini scomodi Roberto Matatia
Giuntina Euro 10
C' è tutto l' inventario di pie illusioni che ha contraddistinto gran parte del capitolo italiano della Shoah nella tragedia della famiglia Matatia: "sono tempi difficili, ma passeranno"; "l' Italia non è come la Germania"; "il Duce ha varato le leggi razziali perché è alleato di Hitler, ma non è veramente antisemita"; "conosco il tal gerarca, graziea lui non ci succederà nulla". Fino all' ultima, troppe volte smentita: "se stiamo nascosti qui, e non diamo troppo nell' occhio, nessuno ci tradirà". VICINI scomodi", di Roberto Matatia, (appena pubblicato da Giuntina, 112 pagine, 10 euro), è un pezzo importante - e, se è lecito dirlo a proposito di persone finite in un forno crematorio, drammaticamente curioso - di storia della Shoah bolognese, che oggi celebra la Giornata della Memoria. È la vicenda, narrata in forma di diario parallelo di Nissim e Camelia, padre e figlia, di una famiglia di pellicciai ebrei di Forlì che ebbero la sventura, inizialmente ritenuta motivo di vanto, di acquistare una villetta sul lungomare di Riccione. Proprio accanto alla residenza estiva di Mussolini. Quella vicinanza, che addirittura porta i ragazzi Matatia, adolescenti, a frequentare i figli del dittatore, è la chiave di volta della loro tragedia. Dal ' 38 infatti, con l' approvazione delle leggi razziali, quella promiscuità diventa per il regime una fonte di grave imbarazzo: «La vostra presenza disturba le vacanze del Duce». I Matatia vengono prima invitati a vendere la proprietà, poi minacciati; Nissim, il capofamiglia, che è immigrato dalla Grecia e non ha mai preso la cittadinanza italiana, viene esiliato a Rodi, da dove rientrerà clandestinamente per riunirsi alla famiglia; finché, nonostante sia ormai abbandonata a se stessa, la villa è espropriata. Ma questo non basteràa salvarli. Perché nel frattempo sono passati 5 anni. La guerra è esplosa e ha fatto il suo corso, l' Italia è spezzata in due e Bologna - dove la famiglia Matatia è riparata e vive nascosta, divisa tra il quartiere San Donato e Savigno - è sotto il comando di Salò. E soprattutto, gli ebrei non sono più "soltanto" esclusi dalla vita civile, ma braccati e deportati. Così, alla fine del ' 43, Nissim e sua moglie Matilde, Camelia e i fratelli Roberto e Beniamino, vengono catturati dai repubblichini e messi su un treno per Auschwitz. Se questa storia è potuta venire alla luce, è grazie a due persone. A Roberto Matatia, che siè salvato perché suo padre Eliezer, fratello di Nissim, ebbe la lungimiranza di fuggire per tempo in America Latina. E a Mario, un giovane bolognese di cui Camelia s' era innamorata e a cui aveva scritto lunghe lettere, frammiste d' amore e di angoscia per quel «marchio», l' essere ebrea, che le impediva di vivere come le sue coetanee. E' stato proprio Mario, ormai anziano, a rintracciare l' autore e a consegnargli quelle lettere che aveva conservato per mezzo secolo. Lettere che hanno consentito a Roberto Matatia di immedesimarsi nella figura adolescente di Camelia e di restituirle, finalmente, la voce.
Marco Contini
La Repubblica