Romanzo viennese David Vogel
Traduzione di Alessandra Shomroni
Giuntina euro 16,50
Sono solo 15 cartelle, scritte in un'ebraico minuscolo. Per decenni sono state sepolte nel fascicolo 231 dell'archivio Gnazim di Tel Aviv, senza che gli studiosi si accorgessero di cosa contenevano: la minuta di una storia inedita e bellissima dello scrittore David Vogel, morto ad Auschwitz, di cui anni fa Adelphi pubblicò Vita Coniugale. Ora il suo Romanzo Viennese (Giuntina, pp. 300, euro 16,50) arriva in Italia.
Ambientato nella capitale austroungarica d'inizio '900, mette in scena il giovane emigrato ebreo dall'Est Michael Rost, che ha molti punti in comune con Vogel, cresciuto in Russia e arriviato a Vienna per vivere «fino in fondo ogni emozione o briciola di emozione ». Spregiudicato e amorale senza cattiveria, Rost trova un ricco protettore che lo introduce alla bella vita dei café e una pensionante che lo seduce ogni notte, mentre nei pomeriggi corteggia la figlia sedicenne di lei.
Carico di un eros sottile, Romanzo Viennese racconta la giovinezza di Rost catalizzando l'atmosfera della città imperiale sull'orlo dell'abisso. Nei parchi c'è sempre un'orchestra che suona il valzer, le strade scoppiano di carrozze, ufficiali e donne eleganti. E il vecchio Francesco Giuseppe sonnecchia «sul giaciglio della sua barba grigia». Tutto è opulento, appena velato dal turbamento della malinconia.
La Prima guerra mondiale si avvicina. Dopo, i vecchi re giaceranno per sempre nella Cripta dei Cappuccini cantata da Joseph Roth e l'Austria finirà nell'abbraccio mortale di Hitler. Solo l'anarchico con cui Rost beve vodka nella locanda ebraica L'Unità sembra presagire la Shoah e la fine dello stesso Vogel, catturato in Francia nel 1944 dopo aver peregrinato per l'Europa: «Tutto rimarrà come prima, solo tu non ci sarai più... Come l'acqua, dove è impossibile fare un buco. E nessuno si accorgerà del vuoto che hai lasciato».
Lara Crinò
Il Venerdì di Repubblica