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Il Giornale-La Stampa Rassegna Stampa
20.04.2014 Pasqua cristiana a Gerusalemme: tra fede e violenza islamica
Cronache e commenti di Fiamma Nirenstein, Maurizio Molinari

Testata:Il Giornale-La Stampa
Autore: Fiamma Nirenstein-Maurizio Molinari
Titolo: «La Pasqua a Gerusalemme è una via crucis per i cristiani-Gerusalemme, la Pasqua unisce cattolici e ortodossi- Siamo qui grazie ad AlSisi, la gioia dei pellegrini copti»

Pasqua a Gerusalemme, riprendiamo oggi, 20/04/2014,  cronache e commenti di Fiamma Nirenstein, Il GIORNALE a pag.13, Maurizio Molinari, La STAMPA a pag.1-9.

Il Giornale-Fiamma Nirenstein: " La Pasqua a Gerusalemme è una via crucis per i cristiani"

Netanyahu con Papa Francesco, Fiamma Nirenstein

Amigliaia, nel vento di chamsin che non lascia respirare, si asserraglia­no davan­ti alle sette porte di pie­tra di Gerusalemme come asse­tati. Ma la Porta di Giaffa, la più vicina al Santo Sepolcro, è del tutto bloccata: la polizia non la­scia entrare finché non si crea un po’ di spazio nei vicoli,la Cit­tà Santa è un autobus verso il Pa­radiso ormai troppo pieno: nel giorno che precede la Pasqua arriveranno a toccare la pietra liscia su cui giacque il corpo di Cristo solo quelli che si sono svegliati presto. E sono un fiu­me. Venerdì nella giornata del­la crocifissione, la via Dolorosa è stata tutta una gara di croci di legno e canti, sulle pietre con­sunte del percorso della Via Crucis i fedeli procedevano, co­me ieri del resto, e come oggi, in­crociandosi e ostacolandosi: processioni di fedeli provenien­ti da tutto il mondo, ognuno canta la sua canzone. Chi ce la fa, dalla porta di Giaffa scende giù per lo shuck compra qual­che ricordino e poi arriva, vol­tando a destra, alla costruzione che Costantino ordinò al vesco­vo Eusebio che rimosse le pie­tre sotto cui si pensava potesse celarsi il Golgota, e costruì una gran bella Chiesa a tre archi so­vrapposti, inaugurata nel 335. Le distruzione delle invasioni islamiche e i terremoti le hanno cambiato i connotati. Ieri alle due del pomeriggio il patriarca greco ortodosso ha acceso il fuoco Santo incendiando il cuo­re dei fedeli e le loro candele.
Tutti in gruppo, si contengo­no i vari padroni del Santo Se­polcro, cattolici, greco ortodos­si, armeni, siriaci, copti. ciascu­no proteso con cento occhi e cento mani alla custodia dello status quo. La folla cristiana al Santo Sepolcro vive un bel so­gno
mistico. Gerusalemme lo dona spesso. La Pasqua ebrai­ca, in corso in questi giorni, ha il suo appuntamento metafisico al Muro del Pianto quando i Cohen, i sacerdoti discendenti da Aron, fratello di Mosè, dan­no la loro benedizione alla fol­la. Ognuno cerca la sua strada verso il cielo. E tuttavia fa spe­cie­che facendosi legittimamen­te largo verso la Pasqua, i cristia­ni che fioccano nel cuore del Medio Oriente, non diano un segno di memoria del fatto che i loro fratelli siriani, iracheni, egi­ziani, conoscono un attacco al­la vita e alla religione come solo nei primi tempi del califfato.
Sarebbe importante se le pro­cessioni inalberassero qualche
cartello di protesta. I cristiani erano nel Medio Oriente il 26 per cento alla fine del secolo scorso, ora meno del 10 per cen­to. Padre Gabriel Nadaf, prete greco ortodosso, ci dice che la paura di prendere posizione na­sce con la conquista islamica: «Noi cristiani fummo travolti, convertiti o uccisi, e da allora tutte le chiese si sono schermi­te ». Ma su 10 Paesi che opprimo­no i cristiani, 9 sono islamici e il decimo è la Corea del Nord. Per citare episodi recenti nove bam­bini siriani sono stati uccisi e 27 persone ferite quando la scuola di San Giovanni a Damasco e il suo bus scolastico sono stata colpiti dai ribelli, che decapita­no, rapiscono, violentano. In Egitto i Copti, i più antichi cri­stiani, vengono aggrediti nelle chiese, in Iran dal luglio del 2013 è sparito Hossein Saketi Aramsari detto Stephen e si pensa sia in un carcere dove so­no detenuti altri cristiani, in Iraq a Natale 26 cristiani sono stati fatti a pezzi da una bomba in chiesa, in Libano, in Turchia, in Pakistan, in Nigeria la situa­zione è pessima. L’unico Paese dove i cristiani da 34mila che erano nel 1948 so­no diventati 140mila è Israele, in piena libertà religiosa. È cini­co e ridicolo che «un gruppo di cristiani di Gerusalemme est» protestino, ieri, perchè «le re­strizioni della mobilità palesti­nese conducono a violazione della libertà religiosa». Le misu­re di sicurezza hanno messo i pellegrini in condizione di cir­colare in Città Vecchia, e tengo­no conto del fatto che, venerdì, mentre andava alla cena di Pa­squa un padre di famiglia è sta­to ucciso in un agguato e sua moglie e il suo bambino di otto anni feriti. Israele è un Paese do­ve i conti­nui attentati terroristi­ci e la violenza contro i civili co­stringono alla prudenza, e i cri­stiani hanno certo interesse a un clima di sicurezza. A vedere l'immensa folla cristiana qui a Gerusalemme, non si può fare a meno di pensare che il Papa fa­cesse sul serio quando ha detto: «Non ci rassegneremo a un Me­dio Oriente svuotato di cristia­ni ». Sta per arrivare da queste parti, sa cosa fare.

La Stampa-Maurizio Molinari: " Gerusalemme, la Pasqua unisce cattolici e ortodossi"

La chiesa del S.Sepolcro   Maurizio Molinari

 Poster di Papa Francesco a Porta Nuova, candele votive ortodosse alla Porta di Giaffa. e poi danze asiatiche alla Porta di Damasco. Il variegato popolo dei cristiani si ritrova nella Città Vecchia per celebrare una Pasqua di resurrezione segnata dalla coincidenza di date fra feste cattolica e ortodossa. «Benvenuto Papa Francesco» si legge sulla gigantografia che pende dalla Porta Nuova confinante con la Custodia francescana di Terra Santa. Fedeli cattolici, spagnoli e austriaci, fanno la fila per accedere al Santo Sepolcro. I venditori ambulanti offrono limonate a famiglie europee armate di smartphones e guide per immagazzinare ogni sensazione. Oltre la voltaTerraSanctaPierbattista Pizzaballa, titolare della Custodia, definisce «un’esperienzameravigliosa» i «pellegrini di tutte le denominazioni che arrivano per la Resurrezione» pur ammettendo la «sfida logistica che comporta» a cominciare da quanto avverrà oggi nel Santo Sepolcro, dove lo spazio è inadatto a liturgie simultanee. Ma ciò che più conta, aggiunge Pizzaballa, è «ritrovarsi assieme» in un anticipo dell’incontro che a finemaggio Papa Francesco avrà col patriarca ortodosso Bartolomeo I nella stessa nunziatura sul Monte degli Ulivi dove mezzo secolo fa Paolo VI vide Atenagora. Le bandierine coi colori vaticani pendono dai negozi del suqmentre allaPorta di Giaffa a prevalere sono le candele votive degli ortodossi, portate per l’accensione del «Sacro Fuoco», ilmiracolo che ogni anno si ripete al Santo Sepolcro nel sabato prima di Pasqua, diramandosi ovunque, fiammella per fiammella. «Quest’anno il Sacro Fuoco andrà in Crimea» assicura un Pope moscovita, con dietro una cinquantina di fedeli. La «missione Crimea» spiega la presenza di una delegazione del Cremlino. I romeni si distinguono per i fazzoletti gialli, i russi per i cappelli bianchi. Ciò che colpisce è il loro raccoglimento interiore. Donne di ogni età leggono libri di preghiere senza interruzione. Esternano la fede con croci e immagini. Un Pope romeno, Teo, parla di «ordinato popolo di fedeli pronto a unirsi a cattolici e protestanti nel rispetto delle differenze». Sono diversità che risaltano. I cattolici europei, italiani inclusi, vivono il pellegrinaggio come un turismo religioso, spesso famigliare, lungo la Via Dolorosa, con soste nell’elegante giardino dell’Ospizio austriaco. Gli ortodossi, anche se etiopi o eritrei, marciano invece sempre in gruppi: uomini con bastone e turbante, donne con vesti colorate, a passo veloce verso le preghiere collettive. C’è poi il tassello asiatico, i fedeli che ballano di più. Alla Porta di Damasco una missionaria di nome Florentine fa danzare i ragazzi di Cuyunon, Filippine. «Siamo qui grazie a Dio e per Gerusalemme» canta, sommando inni cattolici e colori israeliani per rendere omaggio al Paese«che ci accoglie». Poco lontano gli indiani dell’Andhra Pradesh: «La nostra è una Pasqua da immigrati » dicono. A spiegare chi sono è DavidNeuhaus, capo del vicariato per i cattolici «di espressione ebraica»: «In Israele vivono circa 150 mila cristiani, immigrati o richiedenti asilo, in gran parte asiatici o africani, e usano l’ebraico come lingua franca». Sono questi «migranti» a spiegare perché i venditori arabi usano spesso l’ebraico per corteggiare i pellegrini, sotto lo sguardo sovente sorpreso dei fedeli ebrei, anch’essi numerosi per via della coincidenza con «Pesach», che ricorda l’uscita dall’Egitto. Invasa dai pellegrini di più Continenti, Gerusalemme è anche oggetto di contestazione da parte dei cristiani dei Territori i cui leader, come il sindaco di Betlemme Vera Baboun, accusano Israele di «ostacolare l’entrata dei fedeli». La disputa nasce dal fatto che i permessi di accesso a Gerusalemme che Israele assegna ai cristiani dei Territori vengono negati a chi è considerato un «pericolo per la sicurezza».

La Stampa-Maurizio Molinari: " Siamo qui grazie ad AlSisi, la gioia dei pellegrini copti "

Abdel Fattah Al Sisi

William Fargias è un copto cattolico, porta il saio francescano e parla di «pellegrinaggio della mia vita». Angelo Michele è copto ortodosso, è arrivato da Suez e ha le lacrime agli occhi davanti alla Porta di Giaffa. Louis, 85 anni di Alessandria, si appoggia sul bastone, e grida «Grazie a Dio sono qui». Sono alcuni dei volti degli oltre trentamila copti egiziani giunti a Gerusalemme grazie ad un ponte aereo dell’Air Sinai reso possibile dal via libera del governo militare guidato dal generale Abdel Fattah Al Sisi. Nessuno parla apertamente dei militari ma fra la miriade di cappellini blu che distinguono i pellegrini egiziani i riferimenti sono evidenti. Tre signore, vestite di nero con i tradizionali copricapo tondeggianti, accennano alle «differenze con il passato quando qui era molto difficile, quasi impossibile venire». Un sacerdote ortodosso di Alessandria non riesce a smettere di sorridere: «Viviamo in un nuovo mondo, grazie a Dio possiamo essere qui per la Resurrezione di Gesù». Un gruppo di famiglie - abiti borghesi, stile europeo, parlano francese, con figli al seguito - non cessano di ammirare le mura della Città Vecchia e promettono: «Torneremo». L’Air Sinai lo scorso anno, quando alla presidenza dell’Egitto c’erano i Fratelli Musulmani diMohammedMorsi, riuscì a strappare l’autorizzazione per appena 4 voli alla settimana dal Cairo e Tel Aviv destinati ai pellegrini: nelle ultime tre settimane ve ne sono stati in totale almeno 40 con capienze da rotta intercontinentale dando vita ad un ponte aereo umano senza precedenti fra i due Paesi che, a dispetto della pace siglata nel 1979, mantengono relazioni fredde. Per William Fargias «lo scorso anno qui vennero appena in quattromila» e la differenza non è tanto nei numeri quanto nell’atmosfera che si respira in Egitto: partecipare a un pellegrinaggio in Terra Santa non significa più rischiare la vita al ritorno perché al Cairo gli islamici sono in ritirata. Della pace fredda Israele- Egitto, i copti preferiscono non parlare ma nel futuro del proprio Paese vedono roseo. «Ci sentiamo cittadini a pieno titolo » spiega Angelo Michele, con un riferimento alla nuova Costituzione varata dai militari che rafforza il concetto di «cittadinanza » indipendentemente dalla fede. Sono voci e opinioni che lasciano intuire come i copti egiziani, stimati attorno al 10% della popolazione egiziana, non avranno molti dubbi su chi votare nelle urne delle presidenziali di fine maggio.

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