Algeria: la minaccia islamista e le elezioni presidenziali Analisi di Pio Pompa
Testata: Il Foglio Data: 16 aprile 2014 Pagina: 3 Autore: Pio Pompa Titolo: «Nell’Algeria al voto Bouteflika è invisibile, ma ha un team forte»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 16/04/2014, a pag. 3, l'articolo di Pio Pompa dal titolo "Nell’Algeria al voto Bouteflika è invisibile, ma ha un team forte"
Abdellaziz Bouteflika Mokhtar Belmokhtar
A mezzanotte di domenica si è formalmente conclusa la campagna elettorale per le presidenziali algerine di domani, 17 aprile. Nel frattempo (pur non avendo potuto evitare del tutto che si verificassero scontri tra le opposte fazioni) gli apparati di sicurezza di Algeri hanno operato a pieno regime allontanando dal paese centinaia di islamisti che si sono riversati nella vicina Libia, divenuta un rifugio stabile anche per il super ricercato capo jihadista algerino, Mokhtar Belmokhtar, che ispirò e diresse il sanguinoso attacco al sito gasiero di In Amenas nel gennaio del 2013. L’operazione condotta contro gli islamisti sarebbe stata, per i vertici dell’intelligence e militari, soltanto un pretesto per attuare una strategia di più ampia portata volta a fornire il massimo sostegno alla ricandidatura, verso il quarto mandato, dell’anziano presidente Abdelaziz Bouteflika. Riconfermando in tale modo un nesso organico che si protrae ininterrottamente dal 1999, quando Bouteflika fu eletto la prima volta con il 74 per cento dei consensi. Ancora più decisivi furono i risultati della sua seconda e terza rielezione, nel 2004 e 2009: l’85 e il 90 per cento dei voti. Dopo quindici anni di potere, sapientemente gestito utilizzando ogni leva a disposizione compresa quella della repressione degli avversari politici, Bouteflika appare ancora, nonostante la seria malattia vascolare che lo ha colpito lo scorso anno indebolendolo fisicamente, il candidato più difficile da battere. Ne è perfettamente consapevole il suo principale avversario, Ali Benflis, che ha iniziato a mettere le mani avanti indicando come suo principale nemico non tanto l’attuale presidente quanto il suo apparato politico e di alleanze in grado di realizzare frodi elettorali su vasta scala e in tutto il paese. L’accusa è stata contestata da Bouteflika: “Quando un candidato arriva a minacciare prefetti e autorità, dicendo di fare attenzione alle loro famiglie e ai loro figli in caso di frode, cosa vuole significare?”. Di certo si tratta di una forma di “terrorismo televisivo”. La replica del fronte che sostiene Benflis non si è fatta attendere: “Come può Bouteflika accusare un candidato di ricorrere a forme di terrorismo quando il paese è seduto su una polveriera? Come può definire Benflis un terrorista quando egli stesso sa che milioni di algerini lo sostengono in questa campagna elettorale?”. A parte quest’ultimo scontro, non v’è dubbio che Benflis stia traendo il massimo vantaggio dall’inabilità fisica del proprio avversario costretto a disertare diversi importanti incontri con gli elettori affidandosi a fugaci apparizioni soprattutto televisive. Eppure il fantasma di Bouteflika continua a turbare i suoi sogni di potere. Per le migliaia di algerini che, domenica, hanno affollato la Coupole dello stadio del 5 luglio 1962 (giorno dell’indipendenza dalla Francia), per la chiusura della campagna elettorale, Bouteflika resta un “miracolo per l’Algeria”. Come pure per i rappresentanti delle associazioni imprenditoriali, sindacali, studentesche che ne hanno invocato la rielezione. Erano tutti lì, in uno stadio pieno in ogni ordine di posti, per il loro presidente assente e per ascoltare il discorso di chi lo ha rappresentato durante tutta la campagna elettorale: l’ex primo ministro Abdelmalek Sellal. Lo stratega che ha reso possibile, assieme ad altre sei alte personalità politiche incluso l’attuale premier Ahmed Ouyahia, che il messaggio di Bouteflika raggiungesse ogni angolo del paese. Un messaggio incentrato sul concetto di stabilità e sicurezza: “Non vogliamo che il nostro paese diventi come la Libia, la Siria o l’Egitto”. Un avvertimento chiaro per Ali Benflis circondato com’è da troppe formazioni islamiste, colluse con i jihadisti di al Qaida nel Maghreb islamico (Aqmi) e con le milizie del redivivo Mokhtar Belmokhtar, all’origine delle violenze che hanno percorso l’Algeria nelle ultime settimane. Secondo alcuni elettori e uomini politici, intervistati dall’Observateur, quelle algerine potrebbero essere le elezioni del “bon sens” con una transizione “en douceur”.
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