|
|
||
Pace con l’Egitto: 35 anni di speranze, opportunità perdute e un incerto futuro Analisi di Zvi Mazel (Traduzione di Angelo Pezzana) Sadat, Mubarak, Al Sisi Il mese scorso sono trascorsi 35 anni esatti dal trattato di pace tra Israele e Egitto. Da un lato si sono susseguite una serie di crisi, dall’altra non si è mai giunti a ottenere una speranza per un maggiore sviluppo nelle relazioni tra i due paesi, per non dire tra Israele e il mondo arabo. Da documenti pubblicati recentemente che riguardano i negoziati tra egiziani e israeliani negli anni 1977/1979: precisamente quanto si augurava il presidente Sadat, che aveva dichiarato “ Dobbiamo trovare il modo per dimostrare che siamo più che amici; i nostri due popoli e le nostre due religioni hanno molto in comune”. Mubarak, diventato presidente dopo aver assistito all’assassinio di Sadat, non cercò mai di fare di più se non “ considerare la pace per quel che era”, promosse le relazioni con gli Stati Uniti mentre limitava i contatti con Israele, per giungere poi a quella che fu definita “pace fredda”. La pace ebbe invece un eccezionale successo nel campo dell’agricoltura. Grazie alla determinazione di Yusef Wali, un devoto musulmano che era ministro dell’agricoltura e che credeva nella reciprocità delle due religioni, ci fu una cooperazione mai vista prima con Israele negli anni’80 e ’90. Israele insegnò all’Egitto le tecniche di irrigazione a goccia e come far crescere frutta e verdure su terreni desertici. Esperti israeliani arrivarono in Egitto, vennero create fattorie modello e migliaia di giovani egiziani vennero ospitati al Kibbutz Bror Hail per apprendere le tecniche agricole più avanzate. Il risultato fu una rivoluzione, perché l’Egitto divenne quasi auto-sufficiente nella produzione di frutta e verdure. Questa importante cooperazione avvenne nella massima discrezione, quasi in segreto, perché contraddiceva la politica della ‘pace fredda’ ed era osteggiata fortemente dal partito Wafd, dal partito di sinistra Tagammu e dalla Fratellanza Musulmana. Tutti accusavano Israele di “ avvelenare il terreno egiziano attraverso l’irrigazione a goccia “ e di vendere fertilizzanti contaminati ai contadini egiziani. Malgrado tutto, questa pace fredda ha resistito attraverso due intifade, due guerre in Libano e due pesanti conflitti con Hamas. L’Egitto ha richiamato tre volte gli ambasciatori per evidenziare il proprio disaccordo, ma non si è mai spinto oltre. Sebbene il Cairo stia dalla parte della causa palestinese, il conflitto ha coinvolto il paese in cinque guerre con Israele senza risultati di rilievo. Anche i Fratelli Musulmani, durante il breve periodo del loro governo, non ruppero i legami diplomatici con Israele, mandarono persino un nuovo ambasciatore a Tel Aviv (venne richiamato solo durante l’operazione ‘scudo di difesa’). Cosa succederà ora ? Gli egiziani sono stanchi del caos dopo tre anni di manifestazioni di massa, un’economia fuori controllo e una crescente insicurezza. La maggioranza ripone le proprie speranze in Abdel Fattah Al Sisi, il nuovo uomo forte d’Egitto e il candidato più vicino a vincere le prossime elezioni presidenziali che si terranno a fine maggio. Se Sisi verrà eletto, come tutti prevedono, dovrà decidere se proseguire con la pace fredda come prima oppure assumere la rilevante decisione di promuovere la cooperazione con Israele che porterà grandi benefici a entrambi i paesi. Zvi Mazel è stato ambasciatore in Egitto, Romania e Svezia. Fa parte del Jerusalem Center fo Public Affairs. I suoi editoriali escono sul Jerusalem Post. Collabora con Informazione Corretta |
Condividi sui social network: |
|
Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui |