Da La STAMPA di oggi, 07/04/2014, riportiamo da pag. 15 l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo "Testuggine romana e lezioni di tiro così nascono i carabinieri palestinesi".
Maurizio Molinari
Carabinieri italiani addestrano forze di sicurezza palestinesi
Lezioni di tattica romana, uso della forza senza violenza, addestramento agli imprevisti e all’ora di colazione formaggio e melanzane: benvenuti nella sede del «Miadit-Palestine», la missione dei carabinieri per istruire soldati ed agenti dell’Autorità nazionale palestinese alla gestione della sicurezza nelle aree della Cisgiordania di cui ha il pieno controllo. Agli ordini del colonnello Massimo Menniti, 51enne altoatesino, ci sono 30 carabinieri. Fra loro ci sono veterani delle missioni in Iraq, Afghanistan, Libia e Gibuti che riversano a 200 reclute provenienti da ogni centro della Cisgiordania nozioni ed esperienze tese a trasformarli in unità autosufficienti nelle attività di controllo del territorio, ricognizione, controguerriglia, tutela delle antichità, gestione delle scorte e protezione dei vip.
L’Autorità palestinese ha selezionato alcuni dei suoi elementi più promettenti in polizia, guardia presidenziale, forze di sicurezza e difesa civile per affidarli ai carabinieri e la giornata per tutti - reclute e istruttori - comincia in mensa, facendo colazione con formaggio e melanzane. Subito dopo in quattro classi da 50 reclute ognuna iniziano i corsi. Nell’aula sul «controllo della folla» l’ufficiale dei carabinieri si sofferma sulla «tecnica difensiva della testuggine che risale ai tempi dell’antica Roma». Le reclute, incuriosite, lo bersagliano di domande e la spiegazione è fra storia e tattica: «Per affrontare minacce improvvise a aggressive i soldati romani si riunivano, proteggendosi con gli scudi» per resistere all’impatto dell’avversario e poi assumere progressivamente l’iniziativa. Nell’aula accanto un altro ufficiale italiano illustra le tecniche di pronto soccorso: come aiutare un agente o un civile ferito. Ed anche qui colpisce l’interazione con i palestinesi che, in inglese o attraverso l’interprete arabo, seguono ogni dettaglio, chiedono di tutto. «Hanno fretta di apprendere e il nostro compito è di metterli in grado di affrontare ogni situazione» sottolinea Mennitti, che nel quartier generale a Roma è il responsabile dell’addestramento di tutti i carabinieri.
Ecco come spiega il metodo per prepararli: «Ogni recluta deve seguire tutti i corsi, a rotazione, e poi affrontare un periodo di specializzazione nel suo settore, in maniera da essere in grado di gestire qualsiasi eventualità». Ovvero, mostrando davanti agli imprevisti la flessibilità che distingue gli stessi Carabinieri. Per il generale palestinese Mohammed Suleiman, capo del centro di addestramento di Gerico, «i vostri militari ci stanno aiutando a formare il nostro esercito il cui compito sarà vegliare sulla pace con Israele come sulla sicurezza dei nostri cittadini».
Il rapporto fra militari e civili è uno degli aspetti sui quali i carabinieri si impegnano di più: vi sono corsi sul rispetto dei diritti umani, sulle differenze di genere e su un approccio alla popolazione teso a smorzare tensioni e attriti. Come dimostra l’addestramento all’uso del tonfa, un particolare manganello che serve più a proteggere l’agente che non a picchiare chi lo confronta. «Forza ma non violenza» è il motto che - anche in arabo - campeggia e viene ripetuto in classi, corridoi e nella palestra dove le reclute si addestrano al corpo a corpo sotto lo sguardo degli ufficiali palestinesi. C’è anche spazio per le donne: ve ne sono fra gli ufficiali palestinesi, gli addestratori italiani e i traduttori consentendo alle reclute di vivere in un ambiente militare non comune nei Paesi arabi.
Poco lontano dal centro di addestramento - costruito con il contributo di americani, canadesi, tedeschi e scandinavi - c’è il poligono e qui Mennitti sottolinea come «l’addestramento al fuoco avviene nel rispetto degli accordi fra palestinesi ed israeliani» che limitano ai fucili le armi consentire per soldati e poliziotti. «Questa missione avviene con il piano consenso di Israele perché rispettiamo regole condivise fra le parti» precisa Mennitti che a Ramallah ha incontrato il ministro dell’Interno palestinese, Said Abu Ali, prima dell’inizio della missione.
«La firma di questo accordo - spiega il Console Generale d’Italia Davide La Cecilia - dimostra il sostegno italiano al “capacity building” palestinese perché il rafforzamento delle loro istituzioni costituisce l’obiettivo principale della collaborazione fra i due governi». Con il tricolore issato sulla caserma della guardia presidenziale, «Miadit-Palestine» ha una durata prevista di quattro mesi ma l’impressione è che sia destinata a prolungarsi. Anche in vista della formazione di unità di polizia turistica per rafforzare tutela e salvaguardia del patrimonio artistico palestinese, a cominciare dal Palazzo di Hisham la cui finestra rotonda è il simbolo scelto dai carabinieri come il logo della missione.
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