Negoziati a rischio: il riflesso condizionato è dare la colpa a Israele l'analisi faziosa di Eric Salerno
Testata: Il Messaggero Data: 06 aprile 2014 Pagina: 15 Autore: Eric Salerno Titolo: «Lo stallo del negoziato tra israeliani e palestinesi»
Riportiamo dal MESSAGGERO di oggi, 06/04/2014, a pag. 15, l'articolo di Eric Salerno dal titolo" Lo stallo del negoziato tra israeliani e palestinesi". Salerno attribuisce la responsabilità del probabile fallimento dei negoziati a Israele, e scrive inoltre che "secondo la stessa stampa israeliana, il documento che Kerry vorrebbe far firmare" a Netanyahu e ad Abu Mazen "è sbilanciato a favore della linea intransigente di Netanyahu e del suo governo di destra". In realtà, però, questa affermazione viene dai negoziatori palestinesi, ed è stata soltanto riportata dalla stampa israeliana. Sulle vere responsabilità della crisi del negoziato, che sono dell'Autorità palestinese, si veda la cronaca di Maurizio Molinari dello 04/04/2014, ripresa da INFORMAZIONE CORRETTA e leggibile a questo link
Sembra un vecchio film rifatto con alcuni attori nuovi. Per l'ennesima volta il negoziato di pace tra israeliani e palestinesi è bloccato. Le parti, spinte dal presidente americano Obama e aiutate dal segretario di Stato Kerry, sono impegnate, formalmente, a continuare il dialogo fino alla fine di aprile ma non è chiaro se riprenderà. E soprattutto non è chiaro a cosa possa servire. Kerry intendeva ottenere la firma del presidente palestinese e del premier israeliano su un documento di principi concordati per poi, entro la fine dell'anno, arrivare a un accordo di pace. Abbas insiste (e su questo punto lo stesso Obama è apparso d'accordo) per la definizione immediata dei confmi di un futuro stato palestinese (e dunque d'Israele). Netanyahu chiede che Israele venga riconosciuto dai palestinesi come «Stato degli ebrei». Su questi due punti, nonostante i tentativi di compromesso, non si è andati avanti. E il negoziato si è bloccato quando le autorità israeliane hanno autorizzato nuove licenze di costruzione negli insediamenti nei territori palestinesi occupati e annunciato che non ci sarà il rilascio degli altri prigionieri palestinesi che dovevano uscire di carcere in base alle intese dello scorso anno. Kerry è corso a Washington per consultazioni. L'inviato speciale Martin Indyk fa la spola tra Gerusalemme e Ramallah per convincere le parti a ritornare al tavolo negoziale. Obama non ha nascosto la sua frustrazione e rabbia denunciando l'incremento delle colonie. Come altri capi di stato americani in passato, anche lui sembra vicino alla resa. Dato che i due protagonisti mediorientali di questo conflitto non vogliono apparire come colpevoli di un fallimento della diplomazia americana, è probabile che troveranno il modo di andare avanti per qualche settimana. Per arrivare dove, pert), resta un mistero. Secondo la stessa stampa israeliana, il documento che Kerry vorrebbe far firmare ai due è sbilanciato a favore della linea intransigente di Netanyahu e del suo governo di destra e non arriva nemmeno vicino a ciò che i suoi predecessori Ehud Barak e Ehud Olmert erano disposti a dare ai palestinesi in cambio della pace e della fine del conflitto. Tra poco più di un mese Papa Francesco sarà in visita in Terrasanta. Prima la Giordania, poi Betlemme in Palestina, Israele, e Gerusalemme, la città più contesa del mondo. Vedrà paesi e territori apparentemente tranquilli ma dai servizi segreti occidentali arrivano nelle cancellerie preoccupanti analisi su possibili scenari futuri. Né Netanyahu né Abbas vogliono un nuovo conflitto armato ma la mancanza di progressi nel negoziato favorisce gli estremisti e basta una scintilla per rigettare questo pezzo del Medio Oriente in uno scontro che potrebbe allargarsi per coinvolgere molti altri attori regionali