Negoziati israelo-palestinesi: due cronache faziose sul quotidiano comunista e su quello dei vescovi
Testata:Il Manifesto - Avvenire Autore: Michele Giorgio - Susan Dabbous Titolo: «L'iper-colono Netanyahu - Abu Mazen sfida Kerry, negoziati a rischio»
Riportiamo dal MANIFESTO di oggi, 02/04/2014, a pag. 7, l'articolo di Michele Giorgio "L'iper-colono Netanyahu" e da AVVENIRE, a pagina 13, l'articolo di Susan Dabbous dal titolo "Abu Mazen sfida Kerry, negoziati a rischio". Gli articoli seguono un medesimo copione: Israele bloccherebbe con la sua intransigenza i negoziati con l'Autorità palestinese. Per salvarli, gli Stati Uniti prenderebbero allora in considerazione l'ipotesi di liberare Jonathan Pollard, descritto come un pericoloso traditore. In realtà è l'intransigenza palestinese su tutte le questioni chiave del negoziato, a incominciare dal quella del riconoscimento di Israele come Stato ebraico, a bloccare i negoziati. Pollard, dal canto suo, non ha trasmesso informazioni a un nemico degli Stati Uniti, ma ad un alleato che ne aveva bisogno per la propria sicurezza e sopravvivenza.
Ecco il testo dell'articolo del MANIFESTO
Michele Giorgio
Kerry torna oggi a Ramallah per un incontro con il presidente palestinese, Abu Mazen, ritenuto «decisivo» per le sorti del negoziato, sul punto di fallire, e che gli americani vorrebbero estendere oltre la data limite del 29 aprile. E come era accaduto già tante volte nei mesi scorsi, il governo di Benyamin Netanyahu ha deciso di accompagnare il nuovo tentativo del Segretario di stato per tenere in pista i colloqui con l'annuncio della costruzione nei Territori occupati palestinesi di altre case per coloni israeliani. leri Israele ha indetto una gara d'appalto per la costruzione di 708 case a Gilo, un insediamento ebraico nella zona araba di Gerusalemme. Si tratta del rinnovo di una gara indetta nel mese di agosto e che non aveva trovato acquirenti, ha spiegato un portavoce della ong israeliana Peace Now che si occupa del monitoraggio della colonizzazione. L'annuncio crea nuova forte tensione mentre Abu Mazen è chiamato a prendere una decisione estremamente difficile e insidiosa per i diritti dei palestinesi. Secondo il quotidiano Haaretz, nell'incontro avvenuto ien tra Kerry e Netanyahu , Israele e Usa avrebbero trovato un'intesa in cinque punti per il prolungamento delle trattative di pace: I) Abu Mazen deve accettare l'estensione dei colloqui fino al 2015 e in questo arco di tempo non potrà presentare l'adesione dello Stato di Palestina alle agenzie dell'Onu e denunciare l'occupazione israeliana nelle corti internazionali. 2) Gli Usa libereranno dopo quasi tre decenni la spia Jonathan Pollard, un cittadino americano di origine ebraica al servizio di Israele: 3) Tel Aviv rilascerà l'ultima tranche di prigionieri politici (tra quali 14 palestinesi con cittadinanza israeliana) fissata dagli accordi siglati lo scorso luglio alla ripresa dei negoziati: 4) Netanyahu libererà altri 400 detenuti palestinesi ai quali sono rimasti da scontare pochi mesi di prigione: 5) Israele si impegna a un «congelamento» limitato, e solo per otto mesi, della coIonizzazione nei Territori occupati, ad eccezione di Gerusalemme Est. Dovesse andare in porto la liberazione di Pollard, divenuto un'icona della destra israeliana e del quale Israele chiede il rilascio da lungo tempo, per Netanyahu sarebbe un importante successo politico e diplomatico, destinato a portargli altri consensi. La spia è vista come un «martire» da molti israeliani e nel corso degli ultimi anni sono state avviate numerose campagne in suo sostegno. Pollard però potrà essere liberato solo con l'approvazione di Barack Obama che in passato ha bocciato l'idea in diverse occasioni. L'Intelligence americana si oppone al rilascio alla luce della gravi responsabilità di Pollard che a metà degli anni Ottanta passò informazioni di eccezionale importanza a Israele sulle attività di sorveglianza del suo principale alleato, gli Stati Uniti. Tel Aviv peraltro lo scaricò non appena fu scoperto dal controspionaggio americano. Pollard cercò di rifugiarsi nell'ambasciata israeliana ma le porte della sede diplomatica del Paese che, disse, aveva servito con amore e passione, rimasero chiuse di fronte a lui. La possibilità che Pollard ora torni in libertà e faccia un ingresso trionfale in Israele, accolto come un eroe da Netanyahu nonostante il suo tradimento degli Usa, conferma la determinazione dell'Amministrazione Obama di evitare il fallimento della sua mediazione tra israeliani e palestinesi, nonostante sino ad oggi non sia servita ad accorciare le differenze enormi tra le due parti. Anzi, a ben guardare ha finito per allargarle, se ti tiene conto della violenza delle accuse reciproche. Il paradosso è che Pollard potrebbe rifiutare la liberazione perche «disonorevole», in quanto condizionata alla scarcerazione da parte di Israele di prigionieri politici palestinesi.
E quello dell'articolo di AVVENIRE:
Susan Dabbous
Da Gerusalemme a Bruxelles, senza passare per Ramallah. È una visita spezzata quella del segretario di Stato Usa John Kerryche, subito dopo aver incontrato il premier israeliano Benjamin Netanyahu, ieri, ha dovuto lasciare Gerusalemme per recarsi ad un summit della Nato nella capitale europea Cancellata la visita a Ramallah prevista per oggi, dove avrebbe dovuto incontrare il presidente dell'autorità palestinese Abu Mazen. La leadership palestinese, di tutta risposta ha deciso di chiedere l'adesione a 15 organizzazioni internazionali delle Nazioni Unite. Un gesto di sfida, percepito come una minaccia, un atto legittimato comunque dal riconoscimento, da12012, della Palestina come Stato osservatore delle Onu. La ripresa dei negoziati di pace, quindi, appare più che mai appesa a un filo: il 29 aprile cade la scadenza stabilita da Washington a luglio 2013, quando Kerry decise di riesumare il dialogo israelo-palestinese dopo tre anni di gelo. All'ordine del giorno non ci sono i punti perla pace: congelamento degli insediamenti israeliani, ridefinizione dei confini e diritto di ritorno dei profughi palestinesi, bensì una dilazione. Per questo torna centrale il tema dei prigionieri. Secondo i piani, Israele dovrebbe rilasciare 400 detenuti palestinesi, unica condizione imposta da Abu Mazen per concedere la dilazione di nove mesi tanto importante per Kerry. Ma ben sette partiti su dodici della coalizione di destra che supporta Netanyahu si sono detti fortemente contrari, minacciando addirittura di rompere l'alleanza di governo se anche solo un "terrorista" palestinese dovesse mettere piede fuori dal carcere. Per rendere l'accordo più appetibile alla destra oltranzista, gli Usa hanno offerto, sottobanco, la liberazione della spia americana Jonathan Pollard, condannato all'ergastolo per aver passato migliaia di file di informazioni sensibili ai servizi segreti israeliani quando lavorava come analista perla Us Navy intelligence. Jonathan Pollard, è stato arrestato nel 1987. L'uomo, ha sostenuto una fonte israeliana, potrebbe essere rialasciato già prima della Pasqua ebraica, che inizia il 14 aprile. Pollard è un cittadino americano ebreo, parte della sua famiglia vive in Israele, in caso di liberazione molto probabilmente si ricongiungerebbe ai suoi. La carta Poallard sembra quindi l'ultimo appiglio americano per ottenere una dilazione che salverebbe la faccia dell'Amministrazione Obama alle elezioni di medio termine di novembre. Andare al voto senza il peso del fallimento dei negoziati è l'obiettivo di Kerry.