Musei
Cartoline da Israele, di Ugo Volli
A Tel Aviv si può andare per affari, per divertirsi con la vita notturna, per fare vita di spiaggia e magari kitesurf, l'ultima passione della gioventù sportiva della lunga spiaggia della città. Ci si possono fare riunioni, shopping, politica, chiacchiere, jogging, ci si può studiare, la comunità gay richiama turisti entusiasti, i militari vanno e vengono numerosi dal grande complesso del Ministero della Difesa in pieno centro, gli appassionati di teatro possono arrivare per la Habima, quelli della danza per le numerose compagnie che hanno per lo più base a Nevé Zedek, al sud della città, dove non mancano le gallerie, i musicofili per l'opera e la Filarmonica. Nonostante la fama di città superlaica, non mancano i religiosi, ben visibili coi loro abiti neri in mezzo alle T-shirt variopinte, né le sinagoghe segnalate sul tetto dalla Menorà, il candelabro tradizionale a sette bracci.
Ma ci si può anche venire per musei. In realtà tutta Israele è ricchissima di musei grandi e piccoli: a causa della ricchezza archeologica e storica del paese, e certamente anche dell'innamoramento per la Bildung, la cultura nella sua forma più creativa ma anche in quella più istituzionale, che gli ebrei europei hanno lasciato in eredità a Israele. Ma soprattutto per la grande passione dell'ebraismo per la memoria, che è cosa diversa dalla storia, un'opposizione che bisogna capire bene, perché questa è scientifica e quella è emotiva, questa è critica e quella partecipativa, questa propone distacco dal passato e quella la continuità di un presente senza limiti in cui anche ciò che si è svolto tanto tempo fa è ancora qui.
La Sala della Dichiarazione d'indipendenza israeliana
Fatto sta che Israele è piena di musei e naturalmente anche Tel Aviv lo è. E' museo la casa del primo sindaco della città, Dizengoff, che dopo la morte della moglie fu anzi la prima sede del museo d'arte moderna e proprio perché già aveva questa funzione pubblica fu scelta come sede per la proclamazione dell'indipendenza e conserva oggi intatta la sala in cui Ben Gurion proclamò la nascita dello stato di Israele, essendo diventata innanzitutto museo di quell'evento. C'è un museo della terra di Israele, ci sono musei per le milizie clandestine dell'epoca del mandato, Palmach e Haganah, c'è il museo d'arte moderna e diversi altri musei d'arte, case d'artista e luoghi dedicati al ricordo delle arti; c'è il museo della diaspora dentro l'università, quello di storia naturale e numerose altre istituzioni, più o meno importanti che non vi elencherò per non annoiarvi.
Tempio del Libro nel Museo d'Israele, Gerusalemme
Museo d'arte moderna, Tel Aviv
Museo è un concetto abbastanza nuovo nella cultura occidentale, dato che l'idea di un'esposizione pubblica dei tesori culturali di un paese risale solo a un paio di secoli fa e inoltre è fondamentalmente un termine ambiguo: da un lato il museo è “Wunderkammer”, deposito di oggetti straordinari più o meno unici, che pretendono di essere originali e autentici; dall'altro esso è uno strumento di comunicazione e di educazione, una raccolta organica di materiali e immagini che possono anche non essere autentici ma riprodotti e però formano un'esperienza, si impongono alla sensibilità oltre che all'intelligenza del visitatore. I due concetti di solito non sono contrapposti, ma si incrociano e si mescolano. In Italia i musei sono per lo più del primo tipo, cioè raccolte di quadri, statue, materiali archeologici. Quelli israeliani appartengono a tutti i due i tipi, con una prevalenza del secondo. Il museo di Israele a Gerusalemme e quello d'arte moderna di Tel Aviv sono ricchi di straordinari materiali autentici. In particolare il Museo d'arte moderna di Tel Aviv, dato che stiamo parlando di questa città, ha una ricchissima raccolta di straordinarie opere d'arte del primo Novecento, da Picasso a Mirò e Chagall, dagli impressionisti ai cubisti agli astrattisti che testimonia fra l'altro dell'appassionato collezionismo delle famiglie ebraiche europee prima del nazismo. E ci sono naturalmente le opere dei grandi artisti israeliani contemporanei.
Museo del Palmach, Tel Aviv
Altre esposizioni permanenti invece sono tutte concettuali, per così dire, costruite interamente con riproduzioni, come il Museo della diaspora che ha fra l'altro bellissime maquettes di una dozzina di sinagoghe, ingrandimenti di statue e bassorilievi, proiezioni di immagini e filmati e riproduzione di materiali cartacei, modellini tridimensionali di scene di vita, raggiungendo il risultato straordinario di illustrare quella molteplicità straordinaria di forme di vita che cade sotto l'etichetta di “diaspora”. Altri musei minori sono ancora più “esperienziali”, collocando gli spettatori in ruoli che fanno parte della storia da illustrare, facendone per esempio dei militari del Palmach in mezzo a filmati e scenografie che illustrano le vicende delle prime formazioni clandestine che lottarono per l'indipendenza israeliana.
La Fondazione di Tel Aviv Edifici Bauhaus a Tel Aviv
Tel Aviv oggi
Ma in fondo per un visitatore tutta Tel Aviv è un museo interattivo, la dimostrazione vivente di come possa evolvere e diventare ipermoderna, accogliente e sorprendente una città fondata sulla sabbia meno di 110 anni fa e di come la vita multiforme di una popolazione orientata al progresso e all'innovazione possa essere profondamente diversa da quel che racconta la propaganda antisemita. E dunque si può venire qui a esplorare il patrimonio culturale, a emozionarsi, istruirsi, giocare “che io ero” in molte istituzioni di prestigio e ben progettate. Ma basta camminare per la strada, alzare gli occhi ai grattacieli che sono veri ma fanno tanto America, inoltrarsi nel mercato che è ancora un po' suk, vedere il Bauhaus che fa tanto Europa centrale un po' fané, corricchiare sulla spiaggia al tramonto come in un film sentimentale, esplorare il futuro fra mall e discoteche... e il museo nel primo come nel secondo senso e tutto intorno al viaggiatore
Ugo Volli