Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 31/03/2014, a pag. 13, l'articolo di Monica Ricci Sargentini dal titolo " Plebiscito per Erdogan. Anche Istanbul e Ankara restano fedeli al governo ". Da REPUBBLICA, a pag. 16, l'intervista di Marco Ansaldo allo scrittore Burhan Sonmez dal titolo " Lo scrittore Sonmez: il vero sconfitto è il predicatore Gulen ". Dalla STAMPA, a pag. 8, l'intervista di Marta Ottaviani alla giornalista turca Meryem Ilayda Atlas dal titolo " Per la gente contano di più le cose fatte", preceduta dal nostro commento.
Ecco i pezzi:
CORRIERE della SERA - Monica Ricci Sargentini : " Plebiscito per Erdogan. Anche Istanbul e Ankara restano fedeli al governo "
Monica Ricci Sargentini, Recep Tayyip Erdogan
ISTANBUL — Le scatole di scarpe piene di soldi, le intercettazioni compromettenti, le leggi liberticide e la chiusura di Twitter e Youtube non hanno scalfito nemmeno di un millimetro la popolarità del premier turco Recep Tayyip Erdogan, al governo del Paese dal 2003. Se le elezioni amministrative di ieri erano considerate un referendum sulla sua permanenza al potere, la partita è stata vinta a mani basse. «Chi prende Istanbul vince la Turchia» aveva ripetuto in questi giorni il premier. Ebbene l’Akp, il partito filoislamico al governo, si è confermato primo nella megalopoli sul Bosforo con cifre intorno il 49% dei voti e è riuscito a conquistare anche Ankara, la capitale che molti davano per vinta dall’opposizione. Il partito della Giustizia e dello Sviluppo sembra aver superato di gran lunga il risultato delle scorse amministrative (2009) quando si era attestato sul 39%, arrivando al 45% dei consensi. A tarda sera il premier è comparso sul balcone del quartiere generale dell’Akp ad Ankara. Di fianco a lui la moglie Emine, i figli Bilal e Sümeyye, i suoi fedelissimi (ministri e non). «La Turchia è fiera di te» gli ha gridato la folla festante. «Ringrazia Dio e tutto il popolo turco - dice il premier con il suo solito piglio, la voce tonante - Ve l’avevo detto che avremmo vinto noi. Ora quelli che hanno fatto questo golpe pagheranno. Alla politica delle intercettazioni il popolo ha risposto con uno schiaffo ottomano». La giornata elettorale era iniziata con un qui pro quo sull’ora legale: doveva entrare in vigore alla mezzanotte di sabato ma all’ultimo minuto è stato deciso di rimandare tutto di 24 ore. Il risultato è stato che alcuni elettori, ingannati dagli smartphone, si sono presentati ai seggi con un’ora di anticipo. Che il vento tirasse in favore dell’Akp e del suo carismatico leader si era già capito parlando con chi si recava ai seggi. «Ma quale scandalo sulla corruzione, è tutta un’invenzione di Gülen!» diceva, guardando la cronista con diffidenza, un signore sulla cinquantina seguito da alcune donne velatissime a Cihangir, quartiere cosmopolita di Istanbul. Dopo di lui una signora bionda con gli occhiali da sole: «Erdogan prenderà più voti delle scorse amministrative, ci scommetto». C’è grande amarezza tra i ragazzi della società civile che si sono offerti di fare gli scrutatori per vigilare sul voto. Molti di loro erano a Gezi Park e hanno votato, turandosi il naso, per Mustafa Sarigül, il candidato del Chp a Istanbul: «Se vincono queste elezioni siamo finiti – diceva Turkan, una delle pasionarie della protesta – penso che me ne andrò anche se amo questo Paese. La base dell’Akp non sa cosa fare con la libertà, loro credono alle teorie del complotto perché sono come le mogli tradite che non vogliono vedere». In disaccordo l’ambientalista Mustafa Nogay: «Sapevamo che Erdogan non si sarebbe arreso – spiega - è un processo lungo. Non si può vivere in un Paese in cui i ladri sono protetti». Silenzio dalla sede del Chp. Il partito socialdemocratico di Kemal Kiliçdaroglu è rimasto al 28%, un risultato largamente al di sotto delle aspettative. Oggi la cartina della Turchia è un’enorme distesa gialla. Il colore dell’Akp.
La REPUBBLICA - Marco Ansaldo : " Lo scrittore Sonmez: il vero sconfitto è il predicatore Gulen "
Marco Ansaldo Burhan Sonmez
«La vittoria di Erdogan non è soltanto nei confronti dell’opposizione laica, di destra e di sinistra: è l’affermazione contro Fetullah Gulen, il predicatore islamico e il suo principale accusatore nei casi di corruzione. Il primo ministro ha vinto con il voto, mentre Fetullah non ha un partito di riferimento». È singolare che a dichiarare in modo così netto la sconfitta di Gulen, e il successo di Erdogan, sia un protagonista della rivolta di Gezi Park. Eppure lo scrittore Burhan Sonmez,autorede Gli innocenti (Del Vecchio ed.), che richiama in parte l’esperienza in Piazza Taksim a Istanbul, preferisce un’analisi tagliata sull’angolatura degli sconfitti.
Chi è uscito battuto da questo voto?
«L’elezione, seppure locale, ha rivelato una somiglianza con la consultazione generale del 2011. Le cose non sono cambiate di molto, pure nelle percentuali».
Facciamo degli esempi?
«Beh, il partito curdo è rimasto forte nel Sud Est dell’Anatolia. I socialdemocratici sono aumentati nelle grandi città come Smirne, ma anche a Istanbul e Ankara. E i nazionalisti hanno più o meno ottenuto gli stessi consensi di tre anni fa».
La sorpresa insomma è stata la tenuta di Erdogan?
«Il premier ha fatto una campagna elettorale di successo, nonostante le accuse di corruzione del governo e quelle sul controllo dei media con la chiusura di Twitter e Youtube».
Un vincitore a sorpresa e assoluto, quindi?
«Sì perché il risultato va a incidere sulle aspettative di Fetullah Gulen. Il suo movimento è forte nella polizia, nella magistratura, nell’istruzione, ma non è sufficientemente radicato nella società, dove invece il partito islamico conservatore ha una base formidabile. Fetullah non ha partito. Probabilmente non vuole nemmeno averlo, ma il suo consenso si è disperso su più fronti».
Sconfitto è anche il movimento di Gezi Park?
«Con Gezi non volevamo certo andare al governo, ma dimostrare che le minoranze vanno rispettate e i diritti democratici pure. Ma questo è un anno elettorale molto caldo in Turchia. In estate ci saranno le presidenziali e nel 2015 le legislative. Questo voto è solo il primo passo>.
La STAMPA - Marta Ottaviani : " Per la gente contano di più le cose fatte "
Marta Ottaviani Meryem Ilayda Atlas
Come ricorda Marta Ottaviani all'inizio dell'intervista, Meryem Ilayda Atlas è "politologa e editorialista del quotidiano «Sabah»" da molti considerato un giornale vicino alle idee di Erdogan, perciò non stupiscono le sue dichiarazioni pro regime. Quando Ottaviani le fa notare che in Turchia c'è la censura di siti internet e social network, Atlas risponde "Non fa piacere a nessuno questa limitazione. Ma va presa in considerazione la situazione particolare. Da mesi vengono diffusi audio pericolosi per la stabilità interna del Paese". L'elettorato, quindi, sarebbe composto esclusivamente da persone facilmente influenzabili, meglio impedire loro di ragionare con la propria testa e tenerle al sicuro da possibili influenze anti regime.
Ottaviani pone solo in maniera velata la questione della costante islamizzazione della società per mano di Erdogan. Ma, visto l'abbigliamento scelto da Atlas, immaginiamo che la difesa della laicità della Turchia non sia la sua priorità.
Ecco l'intervista:
Recep Tayyip Erdogan ha vinto l’ennesima sfida elettorale grazie al suo programma e nonostante ripetuti attacchi. Questa è l’interpretazione del risultato elettorale che offre Meryem Ilayda Atlas, politologa e editorialista del quotidiano «Sabah», da molti considerato un giornale vicino alle idee del premier islamico moderato.
Signora Ilayda Atlas, sembrava in difficoltà, eppure Erdogan ce l’ha fatta ancora. Perché?
«Non avevo alcun dubbio, è come se avesse vinto le elezioni politiche. I toni della campagna elettorale erano quelli da elezione legislativa non certo da amministrative. Si è trasformato il tutto su un giudizio sull’operato e l’azione del governo in questi ultimi mesi anziché sulla scelta di sindaci e amministratori».
A proposito di ultime vicende e azioni....si riferisce alle intercettazioni che hanno visto protagonisti il premier, la sua famiglia e i ministri dell’esecutivo?
«Direi - se permette - le presunte intercettazioni. Non è stato provato che siano autentiche e il premier Erdogan ha sempre detto che sono false».
Però Gezi Park e come quella vicenda della scorsa estate è stata gestita è sotto gli occhi di tutti...
«Gran parte della piazza era costituita da ragazzi con poco più di 20 anni. Quando Erdogan ha preso il potere erano bambini. Sono cresciuti con Erdogan come primo ministro e non penso possano dire di essere cresciuti in una dittatura».
In compenso adesso vivono in un Paese dove Twitter e YouTube sono vietati...
«Non fa piacere a nessuno questa limitazione. Ma va presa in considerazione la situazione particolare. Da mesi vengono diffusi audio pericolosi per la stabilità interna del Paese».
E le limitazioni all’alcol e al fumo?
«Non capisco perché se un provvedimento viene attuato negli Usa nessuno dice niente, se lo fanno in Turchia allora tutti gridano all’islamizzazione del Paese».
Perché il premier Erdogan continua a vincere?
«Perché parla alla gente di cose che interessano. Questo Paese in 10 anni ha cambiato faccia. Sono stati fatti investimenti. L’opposizione non ha né un leader, né un programma che possano tenere testa al premier».
Che succede adesso?
«Se Erdogan, come credo, deciderà di correre per la Presidenza della Repubblica, la conquisterà a mani basse. E non lo dico io ma ben 5 sondaggi di cui siamo in possesso. Però non sono tranquilla».
Cosa la preoccupa?
«Il clima di forte polarizzazione che si è venuto a creare e che potrebbe non fermarsi nemmeno davanti a questo risultato».
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