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La Russia rafforza la sua presenza nel Mediterraneo Analisi di Mordechai Kedar (Traduzione dall’ebraico di Rochel Sylvetsky, versione italiana di Yehudit Weisz) Olenegorsky Gorniak 212 Fotografia di Mordechai Kedar Kalingrad 102 Fotografia di Mordechai Kedar L’Egitto sta scivolando lungo una pericolosa china giudiziaria Questa settimana 529 egiziani sono stati condannati a morte perché, durante una manifestazione cui avevano preso parte, un poliziotto è rimasto ucciso. Questa condanna a morte appare eccessiva e irreale. Anche nell’eventualità che qualcuno sia stato ucciso, tutti quelli che erano nelle vicinanze avevano con sé un’arma letale? Hanno tirato il grilletto tutti insieme? Sembra che i tribunali egiziani ritengano responsabile chiunque sia stato nelle vicinanze, chiunque abbia preso parte a dimostrazioni e chiunque in cuor suo abbia approvato l’accaduto. Questo pone i tribunali in una posizione assai dubbia: quella di chi condanna a morte qualcuno perché approva un omicidio. Serpeggia il sospetto che i giudici non seguano criteri legali basati su fatti e prove, ma considerazioni politiche e di interesse pubblico, in base alle quali le persone sono giudicate dalle apparenze, e soprattutto per la loro barba, il loro modo di vestire e le dimostrazioni a cui hanno partecipato. Se in Egitto c'è un apparato dello Stato che ha mantenuto la sua integrità intatta nel corso degli ultimi tre anni, è proprio il sistema giudiziario, l’unico che la maggioranza dei cittadini egiziani reputa giusto, serio, professionale, efficiente e guidato da criteri oggettivi e non politici. Questa sentenza - e sembra che in futuro ce ne saranno altre simili - mina l’integrità del sistema giudiziario egiziano, anche agli occhi di chi si oppone ai “Fratelli Musulmani”. Definire gli imputati “terroristi” ha significato dichiarare aperta la stagione di caccia contro di loro e darli in pasto alle fauci del regime, che sta utilizzando il sistema giudiziario come aveva fatto Mubarak, ma, a causa della situazione attuale, con ancora maggiore crudeltà. Il Ministro della Difesa Sisi sembra essere il candidato favorito alle imminenti elezioni per la presidenza e vuole chiudere il file “Fratelli Musulmani” prima di cominciare a governare, prima che quanto si sta facendo diventi ufficialmente “suo”. Oggi può ancora tirare le fila da dietro le quinte, e vuole che sia ben chiaro che manterrà la definizione dei Fratelli come terroristi, che meritano – tutti - a norma di legge, naturalmente - la sentenza più severa possibile. Oltre 300 dei condannati a morte, però, non sono stati neppure messi in cella e sono considerati latitanti. O saranno loro stessi ad arrendersi per essere gettati in prigione e addirittura essere portati al patibolo, o adotteranno forme di azione più radicali, estreme e pericolose, che potrebbero giustificare l' etichetta di “terroristi”. In quest'ultimo caso tra il governo e i Fratelli vi sarà una guerra aperta, che porterà le tragedie di Baghdad e di Damasco al Cairo. Che tutti si considerino avvertiti. Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi. |
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