Turchia: il voto amministrativo sancirà la fine del regime Erdogan ? Analisi di Carlo Panella
Testata: Libero Data: 30 marzo 2014 Pagina: 14 Autore: Carlo Panella Titolo: «Oggi la Turchia vota il futuro di Erdogan»
Riportiamo da LIBERO di oggi, 30/03/2014, a pag. 14, l'articolo di Carlo Panella dal titolo "Oggi la Turchia vota il futuro di Erdogan":
Carlo Panella Recep Tayyp Erdogan
Gli elettori turchi decidono oggi se abbattere o far trionfare un nuovo, strano sultano. Formalmente, in Turchia si vota oggi per le amministrative, ma in palio è in realtà il rigetto o meno delle manie di da satrapo orientale di Tayyp Erdogan. Dopo un primo mandato in cui si è comportato da equilibrato premier laico, esempio unico nel Mediterraneo di islamista moderno e moderato (anche nei confronti di Israele), dopo aver vinto le seconde elezioni politiche col 49.8%, Erdogan ha dirazzato in senso dispotico. Ha iniziato - non a caso - con una sfrenata polemica contro Israele, culminata con l'assalto a Gaza della nave Mavi Marmara. Nella laica Turchia, ha imposto regole sempre più rispettose alla sharia, a iniziare da una sostanziale messa al bando degli alcoolici e dalla pruriginosa separazione tra maschi e femmine nelle Case dello Studente. Ha finanziato faraoniche opere «di regime», tese a celebrare la sua grandeur. Poi, a fronte delle proteste contro una di queste, a Gezi Park di Istanbul, Erdogan non solo ha fatto massacrare dalla polizia i manifestanti - il cui movimento si è esteso impetuoso in tutto il Paese - ma ha anche denunciato un «oscuro complotto internazionale» come un classico despota asiatico. Quando quattro suoi ministri sono stati incriminati per corruzione, ha tolto d'autorità l'indagine al Procuratore di Istanbul che l'aveva condotta, ha spostato centinaia di agenti che avevano indagato e ha «licenziato» 200 magistrati scomodi. Ha tentato - fallendo - di imporre una legge che pone la magistratura sotto il pieno controllo del suo governo e ha messo in galera decine di giornalisti. Sul piano internazionale, ha appoggiato e appoggia gli indifendibili Fratelli Musulmani in Egitto, isolando la Turchia. Infine ha spento Twitter e YouTube solo perché avevano trasmesso brani imbarazzanti per lui (una telefonata al figlio, indagato, per «nascondere i soldi», un suo video hot con l'ex miss Turchia e una conversazione riservata del Consiglio di Sicurezza). Erdogan ha così spezzato l'unità del movimento islamico e ha aperto una polemica feroce contro il suo ex fondamentale alleato, il teologo musulmano Fetullah Gillen. Questi, a capo della Fondazione Hizmet controlla migliaia di moschee in Turchia e nella emigrazione turca, ha una impostazione moderna e moderata (anche nei confronti di Israele) e ha duramente criticato la sua svolta autoritaria, a partire da Gezi Park. Erdogan, ha reagito alle critiche sbraitando e usando il pugno di ferro contro Hizmet, chiudendo i suoi giornali e definendo Gillen «il Grande Vecchio della Montagna che manovra i suoi Assassini». Così facendo, Erdogan ha rotto anche l'asse col presidente della Repubblica Abdullah Gull, cofondatore con lui del partito Akp, che si è schierato con Gillen contro la svolta autoritaria. Ennesima frattura di un movimento musulmano al potere, segno di grave immaturità politica. Oggi, le elezioni si giocano soprattutto in tre città che totalizzano la maggioranza degli elettori: Istanbul (14 milioni di abitanti) e Ankara, governate da uomini di Erdogan e Smime, governata dai laici del Chp. Qui gli elettori devono decidere più che sul sindaco, se punire o meno Erdogan facendo prendere al suo Akp meno del 38,8% delle ultime amministrative. Per impedire questa iattura, che può segnare la sua fine, Erdogan s'è buttato a pesce nella campagna elettorale, ma tre giorni fa, durante un comizio, la sua voce si è incrinata, si è spostata ridicolmente sul farsetto, poi se ne andata del tutto. Da allora è rimasto muto. Un presagio?