Shoah: il furto legalizzato dei beni di proprietà ebraica
Manfred Gerstenfeld intervista Avi Beker
(Traduzione di Angelo Pezzana)
Avi Beker
Avi Becker, già segretario generale del Congresso Mondiale Ebraico, ha partecipato alle trattative con diversi governi europei in merito alle restituzioni delle proprietà ebraiche espropriate durante la Shoah. Ha curato il volume “Il saccheggio delle proprietà ebraiche durante la Shoah”. Insegna Diplomazia Internazionale alla Tel Aviv University.
“ Nell’ultimo decennio del secolo scorso si è riaffacciato il problema della restituzione delle proprietà degli ebrei rubate durante la Shoah. Questo interesse è stato probabilmente il risultato della caduta del comunismo e la scomparsa della minaccia sovietica, insieme alla consapevolezza delle nuove generazioni europee del dopo-guerra che hanno affrontato il coinvolgimento dei propri paesi. La fine della guerra fredda ha dato origine al risveglio della memoria sullo sterminio in Europa e al conseguente senso di colpa, cancellando l’auto-censura che prima lo impediva.
“ La fiducia nelle organizzazioni ebraiche impegnate nelle rivendicazioni e la crescente determinazione dei sopravvissuti nel reclamare i loro diritti, hanno contribuito a riaccendere la memoria e a sfidare il silenzio che governava l'intera vicenda. “
“ All’inizio gli sforzi diplomatic si erano indirizzati verso I paesi dell’Est Europa, impazienti di allearsi al mondo occidentale, anche se il vero passo in avanti nelle negoziazioni e nelle liquidazioni finanziarie si è poi verificato nell’Europa occidentale. Il confronto con quanto era avvenuto durante la guerra ebbe faticosamente inizio in Austria, Francia, Olanda e Svizzera, per arrivare poi alla discussione sui patrimoni rubati. Nel 1996, il governo norvegese creò la prima Commissione d’Inchiesta sulla restituzione e nello stesso anno emise una analisi sulle compensazioni che dovevano essere attuate.
“ Il Congresso Mondiale Ebraico (WJC) diede inizio alla battaglia diplomatica sulle proprietà rubate dopo la caduta del comunismo. Nel 1992, fondò la World Jewish Restitution Organization (WJRO), che comprendeva fra i suoi membri le più grandi organizzazioni ebraiche americane ed europee e la World Jewish Organization (WJO), responsabile del coordinamento delle Comunità ebraiche europee nella conduzione delle trattative con i governi. Nel 1992, WJC, WJRO e il governo israeliano redassero un memorandum che riconosceva il ruolo di Israele quale ‘ erede naturale e indiscutibile, in accordo con il mondo ebraico, delle proprietà ebraiche rubate durante la Shoah’. Un processo che ebbe grande notorietà ovunque, in Europa e negli Stati Uniti in particolare.
“ Il Congresso e l’Amministrazione degli Stati Uniti hanno premuto su governi e istituzioni, quali banche e compagnie di assicurazioni, finchè il cammino verso la restituzione non portò alla creazione di circa 50 Commissioni nazionali investigative tra il 1996 e il 2000, che affrontarono tutti gli aspetti delle restituzioni. Indagarono su come i paesi si comportarono durante la guerra e come agirono nei confronti delle proprietà rubate dopo la liberazione. I risultati delle Commissioni ebbero grande notorietà nei paesi in cui ebbero luogo le indagini, così come sui media internazionali.
“Esperti come Sidney Zabludoff stimarono in 10-15 miliardi di dollari- calcolato al 1938- il valore delle proprietà rubate. Soltanto meno del 20% venne restituito. Dalla metà degli anni ’90, le liquidazioni patteggiate con governi e istituzioni finanziarie ammontavano a circa 4 miliardi di dollari, da investirsi in fondi umanitari per sopravvissuti in condizioni di indigenza, progetti comunitari dedicati alla memoria, ma anche finalizzati alla restituzione di oggetti d’arte rubati. Solo metà di questi fondi furono rimborsati, a volte per colpa di ritardi burocratici, ma anche per disaccordi di merito.
“ La Svizzera, attraverso le sue banche, fornì i maggiori rimborsi – quasi 1 miliardo di dollari- seguita da Germania, Austria, Francia e Olanda. La Norvegia restituì pro-capite la cifra più alta, in relazione ai 2.100 ebrei che vivevano in quel paese prima della Shoah.
“ Ma il processo di restituzione ebbe molte altre implicazioni. Indagini per verificare gli intestatari delle proprietà e i crediti finanziari hanno obbligato molti paesi a confrontarsi con le loro responsabilità di fronte allo sfruttamento e alla spoliazione degli ebrei quando venivano sterminati. Questo aspetto ha promosso un maggiore interessamento nelle ricerche sulla Shoah in molti paesi. Molti governi, in particolare capi di stato, hanno espresso le proprie scuse per quanto avvenuto nei loro rispettivi paesi durante la guerra. Ci sono voluti più di 50 anni per ricordare la Shoah, il cambiamento è avvenuto soprattutto da parte ebraica, prima che se ne capisse la responsabilità effettiva e come tale venisse compresa.
“ Le rivelazioni sui media e le investigazioni hanno prodotto in molti paesi una maggiore consapevolezza su storia nazionale e memoria. Il coinvolgimento formale di governi, intellettuali, giornalisti e storici, insieme con gli ebrei sopravvissuti, hanno sconvolto l’opinione pubblica internazionale e hanno obbligato le istituzioni di molti paesi a riconsiderare la loro memoria collettiva per giungere a una riscrittura dei loro libri di testo.”
“ Solo il 27 gennaio 2005, nel 60° anniversario della liberazione di Auschwitz, molti leader mondiali, incluso il presidente degli Stati Uniti e capi di stato europei, si sono recati nel campo di sterminio per proclamare ‘mai più’ – conclude Avi Beker – e nello stesso mese le Nazioni Unite hanno firmato una risoluzione per commemorare la Shoah, inaugurando una mostra nella sede di New York”
Manfred Gerstenfeld è presidente emerito del “Jerusalem Center for Public Affairs” di Gerusalemme. Ha pubblicato più di 20 libri. E’ stato di recente ristampato il suo libro “ Israel’s New Future” con una nuova introduzione e il nuovo titolo di “Israel’s New Future Revisited”.
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