Riportiamo da SHALOM numero 3, marzo 2014, a pagina 4, l'articolo di Fiamma Nirenstein dal titolo "Quell'Europa strabica che guarda Israele".
Fiamma Nirenstein
La strada intrapresa dall'Europa nei confronti di Israele non è chiara. Da una parte, non passa giorno senza che nuovi importanti accordi vengano firmati, la visita di Angela Merkel con tutti i suoi ministri dei giorni scorsi è solo uno dei segnali dell'enorme interesse europeo per l'high tech, la medicina, l'innovazione in genere e poi, alla fine, la vitalità che Israele riesce ad esprimere. Ma dall'altra parte le nuove direttive europee, in particolare le cosiddette "guidelines" della signora Ashton promulgate nel luglio scorso, dimostrano una animosità antisraeliana sempre più evidente, che monta come panna montata nella fantasia di chi ama la grande menzogna di "Israele Stato di Apartheid", una eco della risoluzione ONU del 1975 "Sionismo eguale razzismo".
Il 2012 è stato l'anno di 60 nuovi accordi e di accordi cornice per facilitare l'esportazione in Europa da Israele. Ma il 2013 è stato l'anno orribile in cui le guidelines arbitrariamente hanno scavalcato ogni eventuale futuro accordo fra palestinesi e israeliani, e hanno deciso che la Linea Verde ovvero i confini del '68, dovevano essere il futuro confine dello Stato palestinese. Le guidelines non incoraggiano solo il boicottaggio contro entità economiche e produttive nel West Bank, ma con tutto ciò che in un Paese piccolo e intrecciato nei commerci, nelle parentele, nelle abitazioni come Israele ha a che fare con l'West Bank. Una posizione persecutoria che deriva, e può allargarsi, a causa di una posizione cornice adottata dal Consiglio per gli affari esteri dell'UE del 2012: "Ogni accordo fra lo Stato d'Israele e l'Unione Europea deve inequivocabilmente ed esplicitamente indicare la sua inapplicabilità ai territori occupati", che come si sa, per l'ONU, sono invece territori disputati. Ma l'Europa la sa più lunga, anche che nel processo di pace non si parla, come invece si parla, dei famosi "swap" territoriali che scavalcheranno, eventualmente, la LInea Verde. Di fatto cioè, i territori sono "disputati" anche oggi al tavolo delle trattative aperto fra Tzipi Livni e Sa'eb Erakat, ma l'UE ha già dettato i suoi confini. Come dicevamo, la sa più lunga.
Tutti si chiedono se il boicottaggio e il disinvestimento, il BDS, sia un movimento che può veramente incidere sul futuro di Israele oppure sia solo una mossa di propaganda politica destinata al fallimento. La verità è che le guidelines hanno una stretta parentela ideologica con il BDS, e quindi applicano a Israele lo stesso sistema che vanta la guerra antiapartheid in Sud Africa e che ha già avuto un grande successo ideologico nel rendere popolare una menzogna evidente e ignobile: cioè, il movimento per il boicottaggio suggerisce che Israele debba essere punito dalla comunità internazionale per crimini mai commessi, e inventa che Israele sia uno Stato razzista. Nulla potrebbe essere più pazzesco per un Paese dove la minoranza araba, nonostante gli svantaggi culturali legati soprattutto alla propria tradizione arcaica sulle donne e sul tribalismo e alla volontà dei suoi capi politici di sfuggire all'integrazione con un atteggiamento molto aggressivo verso lo Stato Ebraico, gode di una perfetta eguaglianza giuridica che si manifesta ovunque, basta guardarsi intorno, alla Knesset, come in tutte le istituzioni dello Stato e della società civile. Un ospedale israeliano è l'esempio patente di come ebrei e musulmani, israeliani e palestinesi, possano giacere come pazienti in letti contigui e operare come medici fianco a fianco nelle corsie.
Il mondo si è bevuto in larga parte la fandonia di "Israele Paese di apartheid" come quelle ancora più vergognose sull'"ethnic cleansing" dei palestinesi, e altri orrori mai commessi. Il pregiudizio è la base teorica del BDS, ed esso è diffuso in tutto il mondo arabo. Basta pensare che una bambina siriana ha raggiunto Israele, come tanti altri, per farsi curare ma una donna era stata incaricata di sorvegliare i medici israeliani ogni minuto perchè "ci hanno detto che le avrebbero rubato gli organi per venderli". Il successo del BDS passa per il rifiuto di alcuni artisti (attori, cantanti) a venire in Israele, peri gruppetti scalmanati che nei supermarket impediscono la vendita di prodotti israeliani, per le università che celebrano la "settimana dell'apartheid", ma soprattutto nella scelta dell'Europa di scegliere le guidelines come linea di comportamento. Esse suggeriscono e permettono il boicottaggio dei territori ma anche dei rapporti interni di Israele con i Territori, e poi si vedrà.
Ovvero, il boicottaggio dell'Europa può investire tutta Israele, e non solo i Territori, e di fatto lo sta facendo, se si pensa che una grande banca come la Bank ha Poalim è stata messa sulla lista nera della Deutsche Bank perchè ha qualche succursale nell'West Bank. Soltanto la parte più estremista dei palestinesi, ovvero i finto-liberal Hanan Ashrawi e Omar Barghouti sono entusiasti del boicottaggio e delle guidelines: Abu Mazen non gradisce l'ondata di aggressività che il movimento per il disinvestimento e il boicottaggio, e con esso l'atteggiamento europeo, hanno saputo sviluppare. Ma ormai non c'è giorno in cui una banca o un'impresa non sviluppi da qualche parte d'Europa il forte sospetto che i suoi commerci, i suoi business, possano essere danneggiati da un'ombra sul politically correct e sui suoi business se si affermasse l'idea che abbiano a che fare con l'economia dei Territori Occupati, non sia mai. Così, mettono questo e quello in una lista nera cui plaudono i movimenti e le ONG estremiste di tutto il mondo. Deutsche Bank, Danske, Nordea, Pggm cercano di danneggiare le banche che semplicemente hanno le loro succursali o i loro investimenti in quel piccolissimo Paese di sette milioni di abitanti in cui tutto è intrecciato, in zone come Gilo e Pisgat Zeev. Bank Ha Poalim, Mizrahi Tefahot, Israel Discount Bank, non possono, naturalmente, essere assenti.
Ci sono grandi fondi pensione, come quello olandese Pggm o quelli norvegesi, che ritirano i soldi, c'è l'agenzia UK Trade and Investment che scoraggia ogni commercio con aziende israeliane coinvolte con insediamenti. Un'operazione con risvolti e prospettive molto aggressive, data come dicevamo la dimensione di un Paese che mangia e esporta gli stessi pomodori e beve e esporta gli stessi vini di Benyamina o del Golan, per altro molto apprezzati in tutto il mondo. Più apprezzati ancora sono i medicinali indispensabili ai malati gravi, le ricerche sull'Alzheimer e sul cancro, gli strumenti elettronici come quello che permette a Stephen Hawking di esprimersi, le mille invenzioni di high tech che muovono la comunicazione dei computer di tutto il mondo, le scoperte da Nobel che fanno svoltare le strade della chimica, della fisica, della biologia. Tutto questo diventerebbe oggetto di boicottaggio se fosse ricercato nell'università di Har haTzofim, a Gerusalemme est?
Ma la sconsideratezza del boicottaggio va avanti come un carro armato, proprio come avvenne col boicottaggio dei prodotti , degli affari, dei libri ebraici e dei professori ebrei durante l'attacco antisemita degli anni trenta. Basta pensare che nelle scorse settimane la Vitens, azienda olandese di erogazione dell'acqua, ha deciso il boicottaggio dell'omologa israeliana Mekorot che realizza un importantissimo progetto di acqua per Israele, palestinesi e giordani. In Norvegia i supermarket Bama e Coop non forniranno più a i loro virtuosi clienti prodotti degli insediamenti, altre fabbriche abbandonano le loro quote di investimento nei territori, e chi ne viene a soffrire, ancora di più dei lavoratori israeliani che comunque possono sperare di ricollocarsi nell'economia interna alla Linea Verde sono i lavoratori palestinesi. Essi godono nelle fabbriche che popolano il West Bank di un trattamento identico a quello dei lavoratori ebrei, ciò che significa salari di molto superiori a quelli dei loro compatrioti, assicurazioni, indennità, pensione.
Il boicottaggio è un mezzo immorale, un ricatto che stimola i palestinesi a ottenere i loro scopi senza cedere nulla, a non trattare veramente (infatti rifiutano di riconoscere lo Stato del Popolo Ebraico), a proseguire nella politica di incitamento antiebraico a scuola e su media che esalta il terrorismo e promuove l'odio, a aspettare che la comunità internazionale gli consegni tutto ciò che desidera. Le guidelines sono anche una prova vergognosa di doppio standard perchè nè la Turchia, nè il Marocco, ne la Cina, tutti Paesi occupanti e moto meno rispettosi dei diritti umani, vengono sanzionati con boicottaggi dei prodotti nei loro territori occupati. Le guidelines sono anche inutili perchè esistono grandi mercati orientali e soprattutto americani pronti a sostituire il mercato europeo, e poi perchè Israele non cederà mai al ricatto del BDS. Quello che l'Europa non capisce è che Israele crede in se stesso e cerca con tutte le sue forze, e da decenni, di raggiungere la pace, ma non può farlo compromettendo la sicurezza e anche l'orgoglio del suo popolo. L'Europa non conosce più bene la parola integrità, ed è per questo che sbaglia: un Paese integro, come una persona, non cede mai a un ricatto,specie se basato su una bugia.
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