Riprendiamo da SHALOM di questo mese, marzo 2014, a pagina 14 l'articolo di Angelo Pezzana con il titolo "Quando è lecito discutere con i nemici?".
da sinistra: Donatella Di Cesare, il moderatore, Gianni Vattimo
“La pace si fa con il nemico”, quante volte abbiamo ascoltato questa frase a sostegno della ineluttabilità di un accordo – qualunque esso sia- abbinato con un’altra espressione “ Israele è pronta per fare scelte dolorose”, due modi di dire che contengono un’alta dose di rispettabilità, indici di quella buona volontà che nello Stato ebraico è sempre esistita pur di arrivare alla pace con il mondo arabo. Israele ci è arrivata, appunto, facendo la pace con i nemici – Egitto e Giordania – ha ceduto territori conquistati in guerre difensive, pur di arrivare alla pace. Ha optato per ‘scelte dolorose’, come l’uscita da Gaza, pur di dimostrare al mondo che a Gaza poteva nascere una parte di quello stato che gli arabi-palestinesi da alcuni decenni rivendicano.
Bibi Netanyahu, John Kerry, Abu Mazen
Circa diecimila israeliani sono stati evacuati dalla Striscia, una scelta che ha causato disperazione e sofferenze, motivata però dal bisogno di dimostrare la buona fede di Israele. Ma Gaza è diventata una entità criminale, un aborto di Stato il cui unico scopo è la guerra agli ebrei, ovvero la distruzione di Israele. A distanza di quasi un decennio, è bene chiedersi se il duplicato di quella tragica esperienza – l’abbandono della Valle del Giordano, come Usa e Ue chiedono con insistenza a Israele di accettare- sia da mettere all’ordine del giorno. Mentre scrivo si è appena appreso il fallimento della Conferenza di Ginevra per porre fine al massacro siriano, ma la cosa non ha destato particolari recriminazioni, in più nessuno si è preoccupato di stabilire a chi andava attribuita la responsabilità. I massacri continueranno, come avviene in Libia, Iraq, Sudan, Nigeria e in gran parte del mondo arabo-musulmano, guerre tribali nelle quali è difficile stabilire a quale delle parti sia da attribuire la maggiore criminalità. Le notizie scompaiono dalle prime pagine, passano agli esteri, per diventare alla fine ‘brevi’ di agenzia. Con Israele no, se i colloqui con l’Anp – quasi giunti a conclusione – si riveleranno un fallimento, fin da ora Usa e Ue hanno decretato che la responsabilità è di Israele. Giunti a questo punto è opportuno chiedersi se quel nemico con il quale deve essere fatta la pace ha titolo per sedersi al tavolo delle trattative, se ha le carte in regola. Mentre Israele riconosce l’Anp come partner, lo stesso non si può dire della controparte. L’Anp si rifiuta di riconoscere Israele quale Stato degli ebrei. Le istituzioni internazionali avrebbero dovuto pretenderlo, ma si sono ben guardate dal farlo, così come non intervengono mai a sanzionare le infinite violazioni dei diritti civili che contraddistinguono la società palestinese.
Piergiorgio Odifreddi
È un problema di legittimazione: si deve discutere con chi non ti riconosce ? Se gli infiniti incontri – non ultimo quello che sembrava definitivo di Oslo – si sono rivelati inutili, ha senso ripetere ogni volta lo stesso errore ? Riflettevo su questa domanda lo scorso mese, in merito alla presentazione a Torino di un libro di Donatella Di Cesare sulla filosofia ebraica, dopo aver visto che il suo interlocutore era Gianni Vattimo, certamente un filosofo, ma anche l’ espressione del più virulento anti-sionismo, diciamo pure uno degli odiatori di Israele più viscerali. L’immagine, insieme al suo collega Piergiorgio Odifreddi, del cattivo maestro. Aver scelto di discutere con Vattimo equivale alla sua legittimazione, lo qualifica quale interlocutore e non come un nemico le cui idee vanno combattute proprio perché sono conosciute. Vattimo non è un avversario con il quale è lecito confrontarsi, come non lo è Odifreddi. Sono due nemici, e i nemici si combattono, con loro non ci si siede intorno a un tavolo, non hanno nulla da comunicarci se non l’odio per Israele. La Stampa, giornale sul quale Vattimo ha sempre scritto, ha reciso il contratto di collaborazione. È giusto lanciargli un salvagente che lo ri-legittima, dopo tutte le menzogne che in continuazione lancia contro Israele ? La domanda non è retorica.
Angelo Pezzana
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