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Giorgia Greco
Libri & Recensioni
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Helga Schneider, La baracca dei tristi piaceri 17/03/2014

La baracca dei tristi piaceri          Helga Schneider
Salani                                                  euro 14

La baracca dei tristi piaceri - copertina

Per preservare la purezza razziale la prostituzione era considerato dai nazisti un reato punibile con la reclusione eppure “…nel 1943 Himmler prese la fulminante decisione di far allestire dei bordelli nei più grandi campi di concentramento. Quello di Buchenwald fu chiamato ipocritamente Sonderbau, “edificio speciale”. ….Le donne destinate al bordello furono per la maggior parte reclutate nel lager femminile di Ravensbruck, dove si sceglievano le prigioniere più giovani e quelle ancora sufficientemente presentabili, nei limiti del possibile”.
Questo lo scenario inquietante nel quale si declina la trama del romanzo “La baracca dei tristi piaceri”, un libro che affronta un argomento a molti ancora sconosciuto: quello dei bordelli che furono aperti in diversi campi di sterminio, ad uso sia delle SS sia dei prigionieri. Giovani donne non ancora abbruttite dalle privazioni e dalla violenza del lager vennero attirate con l’inganno (un pasto caldo e la promessa di essere liberate dopo pochi mesi) e convinte a vendere il proprio corpo a uomini sadici come le SS o a prigionieri stremati ma fermamente decisi a cogliere, con quell’atto fisico, l’unica occasione per un contatto umano che li facesse sentire ancora degni di vivere.
Una dignità che le prigioniere perdevano nel volgere di pochi giorni: alcune si suicidavano dopo l’arrivo al Sonderbau, altre si rifugiavano nell’alcol che, annebbiando la mente, permetteva loro di sopportare quell’esistenza di degrado: una dipendenza che purtroppo avrebbe fatto sentire i suoi drammatici effetti anche una volta liberate, imprigionandole in una vita di incubi e paure.
Per raccontare una delle pagine più tristi della Storia Occidentale Helga Schneider, che ha esordito nel mondo letterario nel 1995 con “Il rogo di Berlino” divenuto in breve un autentico caso letterario, ha scelto la forma del romanzo dando vita a due figure femminili indimenticabili. Sveva è una scrittrice italiana che si trova a Berlino per presentare il suo ultimo libro e al termine della conferenza viene avvicinata da una donna anziana che esprimendole il suo apprezzamento la invita a prendere un caffè.
Chi è quella donna anziana dall’aria vivace e civettuola?
Sveva, che sta attraversando un momento di crisi nel suo lavoro di scrittrice, scopre che la sua ammiratrice si chiama Herta Kiesel e, ormai al termine della vita, vuole svelare al mondo gli abusi che lei, come altre donne, ha subito dagli aguzzini nazisti. Frau Kiesel è una sopravvissuta molto speciale che ha scelto Sveva quale custode di una memoria e di una verità che non vuole cadano nell’oblio.
Giorno dopo giorno la scrittrice, confrontandosi con le asperità di carattere dell’anziana sopravvissuta, raccoglie la sua testimonianza. Herta non è ebrea ma si è macchiata di una colpa indicibile per il regime nazista: innamorata di un giovane ebreo viene accusata di Blutschande, cioè di aver contaminato il sangue ariano, arrestata e condotta a Ravensbruck viene poi trasferita a Buchenwald con la promessa di essere liberata entro sei mesi se avesse accettato di prostituirsi.
Mentre Sveva ascolta quella drammatica testimonianza il lettore viene catapultato in un inferno di violenze, mortificazioni e soprusi attraverso il racconto di molti episodi in cui la mancanza di solidarietà fra le detenute, le vessazioni delle Kapo, le crudeltà delle SS, la disperazione dei prigionieri inducono Herta a trovare l’unico sollievo possibile nell’assunzione di un bicchiere di vino prima di ogni incontro sessuale.
Una volta uscita dal lager Herta si ritrova alcolizzata e solo l’amore e la perseveranza del marito Albert la aiutano a uscire, in parte, da quel tunnel.
Ciò che il lager non è riuscito a intaccare sono invece l’umanità e la generosità della giovane donna: struggenti e angoscianti al tempo stesso sono le pagine che narrano del tentativo della giovane Herta di “salvare” un ragazzo omosessuale costretto a espletare l’atto sessuale per dimostrare il successo della cura (impianto di una ghiandola a rilascio di testosterone) che i medici nazisti praticavano sui “triangoli rosa” del campo.
La storia di Herta è intervallata da alcuni “stacchi” in cui la narrazione si volge al presente e si arricchisce di un altro protagonista, un amico di lunga data di Sveva, del quale la scrittrice scopre inaspettatamente l’omosessualità e un carattere debole, succube dei capricci del suo amante.
In realtà queste pause tecniche non tolgono respiro al racconto vero e proprio ma, a parere di chi scrive, sono un scelta stilistica adottata da Helga Schneider per consentire al lettore di tirare il fiato dopo pagine e pagine di orrore: un espediente letterario che nulla toglie all’intensità della narrazione di Frau Kiesel e all’accurata ricostruzione storica di quegli eventi.
Il dramma di Frau Kiesel e di molte altre donne è stato a lungo nascosto e taciuto a guerra finita per pudore, vergogna e timore di essere emarginate. Un tabù che il romanzo di Schneider ha il pregio di aver infranto, squarciando un velo di omertà.
Autrice di romanzi di successo, fra i quali, il bellissimo “Lasciami andare madre” che narra dell’incontro lacerante con la madre e del tentativo di capire come può un essere umano abbandonare due figli (la piccola Helga di quattro anni e il fratellino di due) per diventare SS in un campo di sterminio, con questo libro la scrittrice che dal 1963 vive e lavora a Bologna rende omaggio a tutte le donne vittime di violenza e condivide con il lettore una testimonianza sofferta trasformando un tassello di storia personale in memoria universale.
Raccontare e continuare a raccontare non solo ravviva la memoria collettiva e le nostre coscienze ma è l’unico antidoto all’oblio, per evitare che simili tragedie possano ripetersi.

Giorgia Greco


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