Il commento di Claudia De Benedetti
Claudia De Benedetti (a destra),
Presidente Agenzia ebraica Italia
Bibi Netanyau sfodera grandi doti diplomatiche con Obama poi si rilassa in AIPAC con 14.000 amici d’Israele, Jacov Bleich Rabbino capo di Kiev affronta i politici Ucraini, la nave Klosc carica di missili iraniani in dono a Gaza, l’orgoglio di Riccardo Pacifici in Tribunale contro l’antisemita di turno, la competente e autorevole analisi di Maurizio Molinari a Torino alla riuscitissima serata di Italia Israele: sono solo alcune delle notizie che meritano di essere ricordate nella settimana appena conclusa.
Sono giornate per me particolarmente intense per il ruolo che ricopro nell'Agenzia Ebraica (Sochnut): l’istituzione che più di ogni altra rappresenta l’identità degli ebrei nel mondo, che sta assistendo le popolazioni ebraiche di Odessa e Kiev, di Sebastopoli e Lvov. Molti, anche fra gli amici di Israele, non conoscono la straordinaria ed essenziale funzione della Sochnut, che dopo essere stato il nucleo dell'insediamento ebraico ha assunto il compito di intervenire nelle situazioni di emergenza in tutto il mondo e di aiutare l'immigrazione degli ebrei in Israele, l'"aliyah". L'Agenzia, come sempre nei suoi oltre 80 anni di vita, sta affrontando una sfida ardua, certa di poterla vincere con caparbietà e determinazione. L’aliyah dalle zone minacciate dalla guerra civile, in Ucraina come in Venezuela, o dall'antisemitismo, in Ungheria come in Francia e nei paesi nordici, impone la responsabilità di predisporr piani di emergenza sempre adatti ad accompagnare l’ondata di nuovi immigrati nel difficile percorso di inserimento in una società nuova, per garantire l’insegnamento dell’ebraico e l’addestramento professionale e soprattutto il superamento di lacune culturali, educative ed economiche. Non si tratta solo di malta e mattoni: i centri dell’Agenzia Ebraica offrono ai nuovi arrivati gli strumenti di cui hanno bisogno per conquistare l’indipendenza e adattarsi alla loro nuova vita in Israele.
Dalla sua fondazione nel 1948 Israele ha accolto quasi tre milioni di nuovi immigrati: pur provenendo da paesi diversi, i nuovi immigrati hanno in comune la necessità di un tetto. Oggi i centri di accoglienza diventano la “prima casa a casa propria” per migliaia di persone in tutta Israele, una soluzione abitativa temporanea, un ambiente sicuro e protetto. Per le popolazioni vulnerabili, per i giovani e gli studenti che arrivano in Israele da soli, per gli anziani, i centri di accoglienza fanno la differenza tra un’integrazione relativamente tranquilla e una afflitta da innumerevoli difficoltà. Benché differiscano moltissimo per dimensioni, capacità di accoglienza e popolazione, tutti offrono il medesimo approccio olistico all’integrazione che costituisce una delle migliori garanzie del suo successo.
Giovani israeliani dinamici e idealisti stanno creando un nuovo spirito pionieristico costruendo nuove comunità nel Negev e nella Galilea. Dopo aver finito il servizio militare, molti israeliani di talento rimangono nel centro del paese per dedicarsi agli studi universitari e per intraprendere la loro carriera professionale. Lavorano come volontari con i bambini e i giovani svantaggiati impegnandosi in programmi sociali ed educativi informali per incoraggiare leadership e coinvolgimento comunitari.
Il programma Na’aleh - acronimo ebraico per immigrazione giovanile in anticipo sui genitori -, ad esempio, è stato fondato nel 1992 dal Ministero dell’Educazione e della Cultura israeliano su richiesta dei genitori che cercavano un modo per mandare i figli in Israele in una cornice educativa controllata e protetta.
Per gli adolescenti dell’ ex Unione Sovietica è il modo ideale per lasciare il loro paese e continuare gli studi in Israele. Il programma di 2-3 anni permette ai partecipanti di completare le superiori in Israele con un diploma di maturità israeliano utile per l’iscrizione all’università. L’obiettivo è di far arrivare in Israele anche i genitori e altri membri della famiglia. Durante il primo anno di studi gli studenti Na’aleh costituiscono una classe speciale, sostenuta da una squadra di educatori e consulenti e da una “madre della casa” che parla russo (o quanto meno lo parla almeno uno dei componenti della squadra di sostegno), inoltre, un terapista è sempre a disposizione per offrire agli studenti sostegno sociale e psicologico se e quando necessario. Dal secondo anno di studi gli adolescenti vengono integrati o in toto o in parte nelle classi regolari frequentate dai loro coetanei israeliani.
Mentre un crescente antisemitismo assume nuove forme, come il terrorismo e la delegittimazione, il significato e la centralità dello Stato di Israele per il popolo ebraico risultano sempre più evidenti. Ma l’importanza di Israele non si limita alla questione della sicurezza: lo Stato ebraico è il bene più prezioso del nostro popolo anche dal punto di vista culturale; ecco perché l’Agenzia Ebraica continua a investire energie e risorse per permettere ad un paese dinamico di esistere e guidare il popolo ebraico nel XXI secolo. L’Agenzia Ebraica sognata dai nostri nonni, coltivata dai nostri padri è oggi attiva più che mai, con l’impegno nostro e delle giovani generazioni, insieme, con Israele, per la vita.