Riprendiamo da AVVENIRE di oggi, 02/03/2014, a pag.24, con il titolo "Il futuro difficile dei cristiani in Medioriente", l'articolo di Luca Geronico. Di positivo c'è l'attenzione che il quotidiano dei vescovi dà alla tragica situazione dei cristiani in Medio Oriente, sovrastata però da gravi omissioni, che impediscoo al lettore di capire quanto sta avvenendo. Tra le tante, la più micidiale è l'aver ignorato l'unico Paese nel quale la minoranza cristiana è florida e tutelata in tutti i suoi aspetti, cioè Israele. Comprendiamo l'imbarazzo che contraddistingue le autorità cattoliche a scrivere - e pronunciare - il nome dello Stato ebraico- a fatica riconosciuto soltanto el 1994 ! - preferendo sostituirlo con "TerraSanta", ma c'è un limite, superato il quale, ogni sospetto è non solo lecito ma doveroso.
Ecco l'articolo:
Siamo arrivati al redde rationem. Poveri contro potenti, sciiti contro sunniti, arabi contro persiani.O se vogliamo sauditi contro iraniani. Uno scontro globale in cui l'Occidente ha preso una posizione inequivocabile. Sta dalla parte della monarchia saudita e del Qatar. Quindi dei salafiti e quindi ancora di alQaeda». Gregorio III Laham, patriarca melchita di Antiochia e di tutto l'Oriente, è appena partito a bordo della sua Cadillac nera blindata dal seminario di Ain Traz, a sud-ovest di Beirut. Destinazione Damasco. Cento chilometri per scoprire la Siria dei cristiani che stanno con il presidente Assad perché, alla fine, è il «male minore». «Delenda Damascus», afferma come ripetendo un ritornello il patriarca Gregorio III. Una sentenza che sarebbe decisa da un complotto internazionale e che pare avvalorata dalla manipolazione dei media è la Siria, uno dei suoi mille frammenti, descritta in Quel che resta di lora Viario tra i cristiani d'Oriente (Lindau, pp 322, euro 19) di Antonio Picasso, in uscita il 6 marzo in libreria È la Damasco dei cristiani melchiti, irriducibili sostenitori di Bashar el-Assad: prima per scelta, non senza compromessi con il regime alauita, poi dal marzo 2011, di mese in mese, perla necessità di sfuggire alla furia jihadista che ha quasi monopolizzato l'opposizione al governo di Damasco. «All'inizio questa era davvero una protesta pacifica. C'era il desiderio di riforme. Poi è arrivata l'onda lunga delle violenze,,, spiega Gregorio III durante il viaggio. Guerra civile e analisi politica che inevitabilmente si intrecciano con una secolare tradizione: «E necessario conoscere il nostro passato per capire quanto sta accadendo». Ma ormai potrebbe essere troppo tardi: «Abbiamo paura di contarci e di scoprire di essere rimasti dawero in pochi),. Nel chiostro del patriarcato, arrivati a Damasco, aburra Mikael racconta della sua fuga da Homs. Prima della crisi sfoggiava una folta barba sulla tonaca nera, come mostrano le foto: una chiara affermazione della sua identità cristiana che non gli impediva di passeggiare per strade e villaggi. Adesso indossa abiti borghesi e dimostra 10 anni meno, perché si è rasato. «Tutto, possiamo perdere tutto», confida con un filo di voce. Come è awenuto a padre Naim, rifugiatosi a Beirut dopo che suo fratello è stato rapito: «Hanno preso lui al posto mio), e non riesce a darsi pace. Nelle mani dei miliziani sono pure due vescoviYouanna Ibrahim e BoulosYazigi - greco ortodosso il primo e siroortodosso il secondo - rapiti ad Aleppo alla fine di aprile. Si fugge e chi resta è nel terrore. «Quanto sta awenendo oggi - spiega Gregorio III - è il tentativo di rivoluzionare l'organizzazione sociale. II problema è che nessun siriano nutre tale desiderio». Di certo nella comunità melchita, non in tutta la Siria e nemmeno fra tutti i cristiani. Ritornando a Beirut sulla Cadillac blindata del patriarca una consapevolezza è più concreta della strada che si è percorsa II cristianesimo arabo, se vuole conservare una sua identità, èchiamatoaevolversi, ma rischia pure di scomparire perché dissanguato dall'esodo o spazzato via dalla violenza jihadista. Un'incognita il risultato finale, ma la certezza per quanto strenuamente combattuta, è di un irreversibile tramonto di un'epoca. Per quel che resta di loro, i cristiani di Siria, «nulla sarà come prima».
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