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Il Giornale Rassegna Stampa
26.02.2014 La prova del fuoco del premier: una vera linea filo occidentale
commento di Fiamma Nirenstein

Testata: Il Giornale
Data: 26 febbraio 2014
Pagina: 8
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «La prova del fuoco del premier: una vera linea filo occidentale»

Riportiamo dal GIORNALE di oggi, 26/02/2014, a pag. 8, l'articolo di Fiamma Nirenstein dal titolo "La prova del fuoco del premier: una vera linea filo occidentale".


Fiamma Nirenstein     

      

Se non ti occupi di politica estera, la politica estera si occuperà di te, e mai quan­to in questi prossimi mesi. Men­tre la Farnesina passa dalle mani di Emma Bonino a quelle della giovane Federica Mogherini, il futuro dei nostri figli si disegna in Europa come in India e in Me­dio Oriente, nelle logiche del ne­goziato come in quelle aliene della conquista, della vendetta, dell’onore. L’Italia deve essere mite come una colomba e astuta come il serpente, la risalita della sua economia non sta in qual­che nuovo trattato, ma nella no­stra rispettabilità, nella nostra abilità di sapersi bilanciare, di­stricare, di rendere la nostra pa­rola autorevole, indispensabile, originale e decisa.
L’India non ci deve far paura, pur sconcertante con la sua im­mensità, la sua politica, il suo po­tere giudiziario: non la addome­sticheremo con sorrisi o affari, e non saremo la palestra della sua futura grandeur . Per salvare i ma­rò dobbiamo ribadire l’illegitti­mità del processo in India: i no­stri militari possono essere giudi­cati solo in Italia. La strada, più che chiara, è la procedura arbi­trale, ed essa va richiesta subito. Gli indiani vogliono che il pro­cesso si svolga da loro, noi sul no­stro suolo: di fronte a questa con­troversia fra Stati, è necessario l’arbitrato obbligatorio. Il colle­gio­arbitrale e il Tribunale del Di­ritto del Mare di Amburgo, avvia­ta la procedura, possono colloca­re i marò in un Paese terzo: un bell’incubo di meno saperli fuo­ri dall’In­dia e per noi una neces­saria affermazione
di dignità.
L’esplosione ucraina chiama in giuoco l’atteggiamento verso l’Europa, gli Usa, la Russia. Su quell’arena si sta consumando un dramma che richiama la Guerra Fredda, mette in vista le viscere di un antico scontro. È un micidiale gioco di equilibrio quello che ci avverte della vulne­rabilità
dell’Europa che non ha saputo rispondere sin dai mesi scorsi alla richiesta di protezio­ne e aiuto. La divisioni interne, il rifiuto a veder l’Ucraina come un test importante si sono misu­rate invece con l’accanimento di Putin a tener l’Ucraina nella sua sfera. Nelle ultime ore si è tracciata una strada in cui si met­tono in campo dei principi ma non ci si scontra testa a testa con Putin. Gli Usa e Angela Merkel in­sieme a Hollande hanno aiutato a ristabilire il ruolo del vecchio Continente, hanno messo in lu­ce senza insistere la prepotenza di Putin, l’offerta di un pacchet­to europeo ha accompagnato Obama nell’opinare un grosso aiuto del Fondo Monetario Inter­nazionale: tutte misure destina­te a far tacere le armi. Se ci si riu­scisse, l’Italia deve insistere sui principi, sia di fronte a Putin che agli Usa la soluzione del proble­ma de­ve avvenire secondo rego­le del giuoco uguali per tutti, Pu­tin­e gli americani hanno a che fa­re con una Ue che sa chi è Januco­vich, e non gli piace, ma che non si fida di formazioni nazionalisti­che che non si peritano di svento­lare i drappi più funesti della sto­ria ucraina. In­somma, per aiuta­re l’Ucraina l’Eu­ropa deve dire a chicchessia, an­che a Putin: «Qui si agisce in parte­nariato, avete a che fare anche con noi». Con gli Stati Uniti,l’Italia deve avere il solito rap­porto privilegia­to, un’occasione importante per di­mostrarlo, è la trattativa in corso per il TTIP, il Transatlantic Tra­de and Invest­ment Partner­ship and Invest­ment agreement, che poterebbe a un drammatico miglioramento, all’Europa 120 miliardi, agli Usa 90, a tutti più la­voro e fiducia nel futuro.
Però nel terremoto mediorien­tale non serve seguire la scia di Obama, che non è capace di af­frontare lo scontro antico del mondo sciita contro quello sun­nita, che ha fallito nel pacificare
la Siria, e di fronte alla rinascita di Al Qaeda.La credibilità data al­l’Iran anche dal nostro Paese è oggi un giuoco alla roulette, e l’appoggio occidentale al fronte sciita di cui l’Iran è il boss armato sopprime i diritti civili degli ira­niani, tiene in piedi Assad, fo­menta gli hezbollah in Libano, aiuta la diffusione del terrore. L’alleanza militare e diplomati­ca con la Russia di Putin rende gli ayatollah dei vincitori. Noi, non essendo oltretutto parte del P5+1 non abbiamo nessuna ra­gione di allargare con un atteg­giamento entusiasta lo sconcer­to abissale creato nel grande mondo sunnita, Arabia Saudita, Egitto, Turchia, Paesi del Golfo dal credito concesso all’Iran.An­che la c­rescita verticale di Al Qae­da è esaltata dall’idea che l’Occi­dente è ormai anche un caro ami­co dei suoi nemici storici. L’Ita­lia non deve prendere parte per una delle due fazioni musulma­ne, ma seguitare a combattere senza compromessi il terrori­smo, verificare gli accordi senza fideismi assurdi. Infine, Israele: il processo di pace può avere un seguito come fallire. Israele te­me l’eccessivo ritiro per motivi di sicurezza, i palestinesi ribadi­scono il rifiuto di riconoscere uno stato del popolo ebraico. Ognuno decida quale degli atteg­giamenti è più pernicioso. Ma quel che sarebbe corruttivo per l’Europa sarebbe un atteggia­mento antisraeliano, come in questi mesi. La signora Ashton ha promosso con le sue «guideli­nes » il boicottaggio dell’unico Paese democratico del Medio Oriente sindacando i confini che le due parti devono stabilire nei colloqui. L’Italia, per aiutare la pace, deve insistere per le deci­sioni che deriveranno dai collo­qui. Il boicottaggio è una forma di odio contro Israele,e l’Italia ac­quisterà meriti storici importan­ti se riuscirà a combatterlo.
www.fiammanirenstein.com

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