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La Stampa Rassegna Stampa
26.02.2014 Turchia: sempre più evidente la corruzione di Recep Tayyip Erdogan
Cronaca di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 26 febbraio 2014
Pagina: 14
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «'Fate sparire i soldi'. Erdogan, giallo sul Web. E la Turchia è nel caos»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 26/02/2014, a pag. 14, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo " 'Fate sparire i soldi'. Erdogan, giallo sul Web. E la Turchia è nel caos".


Maurizio Molinari          Recep Tayyip Erdogan

Quattro intercettazioni precipitano Recep Tayyip Erdogan nello scandalo sulla corruzione governativa in Turchia ma il premier si difende accusando i «nemici esterni» di un complotto per obbligarlo alle dimissioni. Le intercettazioni sono relative a telefonate avvenute fra Erdogan e il figlio Bilal il 17 dicembre scorso, quando la polizia scoprì una vasta rete di corruzione nella quale erano implicati i figli di tre ministri e leader economici sostenitori del governo. Nei dialoghi, divulgati sul web e ripresi dai maggiori media turchi, si ascolta la voce di Erdogan chiedere a Bilal di «incontrarsi» con il fratello Burak, lo zio Mustafa e il cognato Berat per «liberarsi» e «ridurre a zero» dei fondi di provenienza imprecisata, portandoli «via da una casa» imprecisata. Ad un certo punto una voce afferma che i fondi «ancora disponibili» ammontano all’equivalente di 30 milioni di euro. In particolare Erdogan preme sul figlio Bilal affinché «disperda i soldi nascosti in diversi luoghi». In 24 ore i nastri sono stati ascoltati sul web da 1,5 milioni di persone e la reazione di Erdogan è stata di parlare di «un attacco vile, a tradimento, contro il primo ministro della Turchia» attraverso «trucchi di montaggio» ispirati da chi «si trova al di là dell’Oceano» ovvero l’imam Fethullah Gulen, auto-esiliato in Pennsylvania e considerato dal premier l’eminenza grigia fonte di ogni scandalo anti-governativo. «Proprio nel momento in cui stavo chiedendo a tutti di svelare ciò che sanno sugli scandali in atto - ha aggiunto Erdogan, da 11 anni al governo - mi hanno attaccato con un montaggio immorale ma li porteremo in tribunale, sveleremo il complotto e difenderemo la privacy dei cittadini e dell’esecutivo». L’ufficio del premier ritiene infatti che negli ultimi tre anni almeno novemila persone, inclusi i leader politici ed economici, siano stati «intercettati» su ordine di giudici legati a Gulen «per essere poi ricattati». Erdogan non nega dunque che si tratti della sua voce ma ritiene che qualcuno l’abbia manomessa elettronicamente per obbligarlo a lasciare il potere. «Useremo questa stessa tecnologia per chiamare in causa i leader dell’opposizione» minaccia il premier, accusando di «opportunismo» il Partito del popolo repubblicano e il Movimento nazionalista «intenti a trarre vantaggio da questa situazione». Ma la tempesta è difficile da contenere. Entrambi i partiti di opposizione invocano le dimissioni adoperando toni forti. Devlet Bahceli, leader nazionalista, parla di intercettazioni «che fanno volare teste» mentre il Partito del popolo repubblicano assicura che «tre o quattro fonti confermano la veridicità delle conversazioni» suggerendo a Erdogan di «dimettersi o fuggire in elicottero» come fece Richard Nixon lasciando la Casa Bianca dopo il Watergate. Centinaia di manifestanti, soprattutto giovani, sono scesi in strada ad Ankara invocando l’abbandono di Erdogan prima di essere dispersi dalla polizia con l’uso di gas lacrimogeni e cannoni ad acqua.

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