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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
23.02.2014 Algeria: un paese legato al passato
Analisi di Cecilia Zecchinelli

Testata: Corriere della Sera
Data: 23 febbraio 2014
Pagina: 19
Autore: Cecilia Zecchinelli
Titolo: «Algeria, la quarta volta di Bouteflika l'invisibile»

Si sa poco dell'Algeria, un paese che sembra vivere nel passato, e, proprio per questo, lontano da inverni e primavere. Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 23/02/2014, a pag.19, con il titolo " Algeria, la quarta volta di Bouteflika l'invisibile" l'analisi di Cecilia Zecchinelli.

Cecilia Zecchinelli     Abdlaziz Bouteflika

Ricchissima dei suoi idrocarburi ma circondata da Paesi instabili per non dire di più, l’Algeria guarda al futuro restando saldamente ancorata al passato. Ieri il presidente Abdelaziz Bouteflika ha annunciato che si candiderà alle elezioni di aprile. Sarà la sua quarta volta, è al potere dal 1999, e vincerà di sicuro anche senza ricorrere ai brogli che ogni volta denuncia l’opposizione e poi sono ignorati. Il raìs, 76 anni, resterà così al potere nonostante un anno fa sia stato colpito da un ictus, abbia passato tre mesi in un ospedale francese e tornato in patria sia di fatto scomparso. Nessun presenza pubblica (l’ultimo comizio risale anzi al maggio 2012), solo due consigli dei ministri a cui ha presenziato in sedia a rotelle, rari e brevi incontri con ospiti stranieri. Si sa che è ancora molto provato, ma non ci sono alternative. Bouteflika è l’uomo dei militari che dall’indipendenza nel 1962 reggono de facto il Paese, e pure il candidato di una trentina di partiti (su gli oltre 40 esistenti) e dei maggiori sindacati. È il presidente a cui molti algerini attribuiscono la fine del «decennio nero», la rinascita dopo la guerra civile iniziata con l’annullamento delle elezioni vinte dagli islamici nel 1991 e terminata nel 2002 con 100 mila morti. Ed è il leader a cui rendono merito di avere almeno in parte ridotto i soprusi delle forze dell’ordine e i limiti alla libertà di espressione. Grazie al suo Pil al quarto posto dell’Africa, l’Algeria di Bouteflika ha potuto evitare che le rivolte scoppiate proprio all’inizio della primavera araba nel 2010 portassero a un cambio di regime. Come le monarchie del Golfo, Algeri da allora ha aumentato stipendi e sussidi, finanziato scuole e ospedali. Vero è che la disoccupazione è al 40%, chi può se ne va in Francia o altrove, mentre la corruzione è capillare (l’ultimo mega scandalo riguarda la Sonatrach, il gruppo petrolifero di Stato). Ma l’opposizione è talmente frantumata da non costituire alternative anche se vari nomi al suo interno si candideranno, e la gente ha paura di trovarsi nel caos come in Libia e in Egitto. E anche se i militari recentemente si sono «spaccati» tra pro e contro Bouteflika, gli oppositori sono stati epurati. Il fronte che vuole mantenere lo status quo ieri in sostanza ha già vinto, prima ancora del voto di aprile.

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