L’abbraccio dell’orso russo
Analisi di Zvi Mazel
(Traduzione di Angelo Pezzana)
http://www.jpost.com/Diplomacy-and-Politics/Back-into-an-embrace-with-the-Ru
Barack Obama, Abdel Fatah al Sisi, Vladimir Putin
Il riavvicinamento dell’Egitto alla Russia dovrebbe essere causa di preoccupazione per l’Occidente e anche per Israele. Con questa mossa inaspettata, gli Stati Uniti sembrano non accorgersi che fare pressioni sul nuovo regime affinchè dimostri il proprio impegno democratico, nei fatti lo spinge ad abbracciare uno degli Stati meno democratici in Europa. In base a informazioni affidabili un contratto per la vendita di armi che non ha precedenti sta per essere firmato. Mosca fornirà al Cairo 3 miliardi di dollari di armamenti sofisticati, come gli aerei da guerra Mig 29, i sistemi missilistici anti-aereo, i missili tele-comandati anticarro Kornet ed elicotteri da combattimento.
Ovviamente la Russia invierà in Egitto degli esperti per formare e consigliare sull’uso di queste armi e su come attrezzarne la manutenzione. Non sarà una cooperazione così intensa come lo era stata negli anni ’60 e ’70, ma di sicuro rafforzerà i rapporti fra i due Paesi. Gli esperti russi sostituiranno quelli americani , che si occuperanno soltanto più degli armamenti forniti dagli Usa per un importo di un miliardo e mezzo di dollari concessi all’Egitto dopo il Trattato di pace con Israele. Personale tecnico egiziano sarà inviato in Russia per apprendere le informazioni tecnologiche e, insieme, i metodi di un regime che non tiene conto delle regole democratiche.
Seguiranno poi i responsabili dell’intelligence egiziana, esattamente come succedeva nell’era sovietica. Durante il regime di Nasser era stato il KGB a creare a propria somiglianza tutti i servizi che riguardavano spionaggio e sicurezza. Funzionarono ancora sotto i suoi successori, incluso Mubarak, e la loro influenza comprendeva le attività economiche, sociali e culturali, comprese le relazioni commerciali con i Paesi esteri. Nessun progetto poteva essere realizzato se non era stato controllato dai servizi di sicurezza.
Gli Usa avrebbero potuto impedire tutto questo e guidare per un lungo periodo l’Egitto verso un futuro più democratico. Che non l’abbiano fatto è stato un grave errore. Dal 1980 migliaia di funzionari egiziani – incluso Abdel Fattah Al Sisi – hanno partecipato in America a corsi di formazione le cui linee guida erano i valori liberali e democratici, anche se poi, rientrati in Egitto, la loro influenza sulla politica interna del Paese era quasi nulla. L’America non cercò mai di usare le buone relazioni con il Cairo per influenzarne i servizi di sicurezza – e avrebbero potuto arrivare sino al governo – invitandone i membri negli Usa, dove avrebbero potuto confrontarsi con una mentalità differente.
Il nuovo regime al Cairo, impegnato strenuamente a combattere l’estremismo islamico, ha cercato con tutte le proprie forze di avere legami più stretti con l’Occidente, ma ha dovuto accontentarsi dell’abbraccio dell’orso russo. Un abbraccio che non si limita all’assistenza militare. Sono russi la maggior parte dei turisti che arrivano in Egitto, ed è anche il maggior importatore al mondo di grano, una delle materie prime che consumano gli egiziani. Il Ministro degli Esteri Lavrov ha poi offerto l’aiuto del suo Paese per la costruzione della prima centrale nucleare in Egitto. I due Paesi stanno anche sviluppando progetti comuni nel campo dell’economia e della cultura, oltre a quello militare e tecnologico. Dopo la visita dei ministri russi degli esteri e della difesa al Cairo lo scorso novembre, e quella della controparte egiziana Al Sisi e Fahmy la scorsa settimana, il 28 marzo ci sarà un nuovo incontro al Cairo. I rapporti sono sempre più stretti.
Curiosamente, Stati Uniti, Egitto e Russia sostengono che questa nuova politica non modificherà in nessun modo le relazioni con gli “altri Paesi”. Un portavoce del Dipartimento di Stato ha dichiarato, dopo la visita dei funzionari egiziani a Mosca la scorsa settimana, che il riavvicinamento tra i due Stati “non influenzerà i nostri interessi comuni”. Prima di partire per Mosca, il Maresciallo Al Sisi ha detto che le sempre più strette relazioni con la Russia non sostituiranno quelle esistenti con “altri Paesi”. Persino il Ministro degli Esteri russo Lavrov, ha ritenuto opportuno dire che la Russia non aspirava a sostituire nessun altro Paese quale partner strategico dell’Egitto. Lo stesso ha detto il Ministro degli Esteri egiziano, al ritorno da Mosca, i legami sempre più stretti con la Russia non avrebbero avuto conseguenze nelle relazioni con gli Stati Uniti e che la nuova politica egiziana non privilegerà alcuno Stato, ma svilupperà rapporti con ogni Paese. Ha comunque aggiunto che l’Egitto aveva sottoposto agli Usa diversi progetti per arrivare a un dialogo più proficuo tra i due Paesi, ma che stava ancora aspettando la risposta.
E’ chiaro come le parole non nascondono l’abisso che si è creato tra Washington e il Cairo. La Casa Bianca era contraria all’arresto di Morsi, e aveva sospeso gli aiuti militari “ fino a che il Paese non avesse dimostrato di avere valori democratici”. Diedero anche inaspettatamente il sostegno ai Fratelli Musulmani, malgrado Morsi avesse trascurato i problemi legati all’economia e dedicato tutte le sue forze a mettere in tutti i posti chiave del governo i Fratelli Musulmani, adottando una costituzione dai contenuti islamisti preoccupanti.
L’Egitto – e non solo il Feldmaresciallo Al Sisi – si sentirono insultati e traditi. Non hanno potuto capire perché gli Stati Uniti – malgrado tutti i controlli e i rapporti inviati dei servizi di intelligence – sono entrati in collisione con l’ alleato di sempre e con la loro tradizionale politica mediorientale. Senza chiare risposte Sisi si è sentito costretto a rivolgersi alla Russia per avere aiuto nella sua guerra contro i Fratelli Musulmani e l’islam estremista, che ha come obiettivo la popolazione civile e le forze militari. Per questo ha bisogno di armamenti e attrezzature militari.
Secondo fonti egiziane, l’Arabia saudita e gli Emirati finanzieranno l’acquisto della armi russe, un atto di accusa verso gli Stati Uniti, che per anni erano stati il loro alleato più importante. Sta venendo alla luce il fatto che Washington sta trattando segretamente con l’Iran- il nemico più grande dell’Egitto – arrivando alla conclusione che un accordo insoddisfacente non avrebbe impedito a Teheran di sviluppare il programma nucleare.
La politica estera americana in Medio Oriente sta andando a rotoli, l’alleanza pragmatica contro l’Iran non esiste più, così l’Egitto si rivolge alla Russia. Ci chiediamo adesso quale sarà il passo successivo.
Zvi Mazel è stato ambasciatore in Egitto, Romania e Svezia. Fa parte del Jerusalem Center fo Public Affairs. I suoi editoriali escono sul Jerusalem Post. Collabora con Informazione Corretta