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Chissà se i terroristi timbrano il cartellino a destra, famigliari delle vittime del terrorismo palestinese con i ritratt dei loro cari assassinati Cari amici, vi racconto oggi una storia che forse sarebbe piaciuta a Eduardo de Filippo o a Pirandello. Non so se sia tutta vera, naturalmente, ma così è stata raccontata prima alla polizia e poi ai giornali e così io la riferisco a voi, naturalmente con l'intento di farci qualche riflessione assieme. Si tratta dunque di un povero arabo del territorio amministrato dall'Autorità Palestinese, o piuttosto di un arabo povero, il cui nome è Husni Najjar. Non ho trovato in rete dettagli su dove sia nato, ma sembra che abiti dalle parti di Hebron, o che vi abitasse, perché ora sta in galera. Di lui però si sanno alcuni fatti significativi: che è stato arrestato una volta per terrorismo e che, rilasciato dopo qualche anno, è stato arrestato di nuovo. Insomma parrebbe proprio che sia uno dei tanti terroristi che non si accontentano di un crimine solo, ma ci ricascano sempre, magari per le ragioni che vedremo dopo. E inoltre conosciamo un paio di dati privati: che è è afflitto dai debiti – per questo è un arabo povero piuttosto che un povero arabo - e che è molto innamorato, ha un grande desiderio di sposare la sua bella. E' di qui, dai debiti e dall'amore, che inizia la sua storia più interessante e individuale. Un sito che riporta informazioni preziose sulle attività arabe, il PMW, ha pubblicato il verbale di un suo interrogatorio del 18 agosto scorso. Leggiamolo in una traduzione alla buona della traduzione inglese che trovate qui ( http://www.palwatch.org/main.aspx?fi=157&doc_id=10672): "Dopo il mio rilascio ... trovai nel conto in banca 45.000 shekel [9000 euro circa] provenienti dallo stipendio che mi passava come detenuto il ministero degli Affari dei detenuti palestinesi. Però mi mancavano ancora 30.000 shekel [cioè 6000 euro] per potermi sposare. Ho deciso di organizzare un piano immaginario per la Shabak israeliano [Servizio generale di Sicurezza di Israele] in modo da farmi arrestare. Se fossi stato condannato a cinque anni, avrei ricevuto uno stipendio di circa 4.000 shekel, che sarebbe continuato per tre anni dopo la scarcerazione; ciò significa che ci sarebbe stato un importo complessivo di 135.000 shekel ... e allora avrei coperto i miei debiti." Insomma il povero Najar, che desiderando di sposarsi ha il buon senso di non voler fare il terrorista suicida (niente moglie per i morti) e forse neanche di esporsi ai rischi del terrorismo a bassa intensità che l'Autorità Palestinese chiama “Resistenza popolare”, ha deciso di fingere la preparazione di un attentato, di farsi scoprire o denunciarsi alla polizia israeliana e di andare in carcere comunque. Ancora dai verbali di interrogatorio: "A causa della mia difficile situazione finanziaria, ho deciso di organizzare un piano immaginario in modo da essere arrestato e ricevere più di cinque anni di carcere e ottenere così un salario stabile dall'Autorità Palestinese che avrei usato per coprire i miei debiti e pagare per il mio matrimonio" (http://www.timesofisrael.com/prisoner-plotted-terror-attack-to-receive-pa-salary/).
In effetti Najjar, attualmente in carcere e in attesa di giudizio, sta già ricevendo il pagamento per le sue attività terroristiche "poiché una legge dell'Autorità Palestinese stabilisce che lo stipendio deve venire pagato al prigioniero dalla data del suo arresto." Oltre che buffa, questa storia è anche istruttiva. Perché sorridiamo a sentirla raccontare? Per la truffa, naturalmente, per l'inventiva del piccolo criminale che imbroglia i grandi criminali; insomma perché l'attentato lui non l'ha fatto, non ha adempiuto la sua parte del contratto e il sangue non è scorso. Ma bisogna andare un po' più avanti con la riflessione. Molti poveracci arabi che hanno bisogno di un po' di soldi per sposarsi, per pagarsi i debiti o per comprarsi il cibo, invece di lavorare gli attentati li fanno davvero. Non è l'idealismo o la coscienza politica o l'odio antisemita che spinge costoro (altri sì, naturalmente), ma il denaro e più in generale la posizione economica e sociale che il terrorismo assicura loro: funerali di stato se muoiono, strade, scuole e giardini a loro nomi se hanno anche ammazzato molti ebrei, feste e danaro quando vengono scarcerati, uno stipendio per loro e una pensione alla famiglia. Il terrorismo nei territori retti dall'Autorità Palestinese è un mestiere, anzi una forma di impiego pubblico. Che coinvolge, con le famiglie, decine e probabilmente centinaia di migliaia di persone: un'economia fondata sulle bombe e sugli sgozzamenti, altro che i romantici pirati dell'Isola Tortuga. Il 5 per cento del Pil palestinese viene speso negli stipendi dei terroristi, più di 100 milioni di euro nel 2013 (http://ilborghesino.blogspot.it/2014/02/terroristi-per-necessita.html), cui si aggiungono 43 milioni straordinari stanziati quest'anno per i bravuomini che Israele ha dovuto scarcerare per aiutare lo zoppicante tentativo di trattative voluto da Obama e Kerry (http://www.theblaze.com/stories/2014/02/17/palestinian-man-hatched-a-wild-plan-to-get-arrested-for-a-terrorist-attack-he-says-he-never-planned-to-carry-out-the-reason-why-is-incredible/), senza contare quel che Autorità Palestinese, Hamas, Fatah e altri ancora spendono nelle varie milizie e polizie che, lo vogliano o no, ai terroristi forniscono personale e addestramento. Lo ripeto: un'intera economia che non mira al benessere della sua gente, ma al lutto e alla morte del nemico. Da decenni. Di conseguenza, quella del terrorista palestinese è una carriera, con il suo stipendio, i suoi scatti di merito (non penserete che uno stragista provetto con 5 ergastoli prenda lo stesso stipendio di un banale lanciatore di bombe molotov... sono islamici abituati al suk, non comunisti egalitari) la sua pensione, la liquidazione, i piccoli trucchi per fregare il datore di lavoro, che poi è l'Autorità Palestinese. Chissà se hanno un contratto di lavoro, un mansionario, se timbrano il cartellino. Magari ci sono i sindacati dei terroristi, le commissioni interne, gli scioperi: non bisogna escludere nulla. Ma, attenzione, il datore di lavoro di questa grottesca carriera è l'Autorità Palestinese (o Hamas, o la Jihad Islamica o Fatah, tutte le sigle che volete, tanto l'Autorità Palestinese paga per tutti). E però l'azionista di quel datore di lavoro siamo soprattutto noi e l'America. Gli sceicchi del Golfo forse pagherebbero, forse no, dato che i palestinesi li disprezzano, come si vede dal trattamento che infliggono loro nei loro stati. Ma dato che noi siamo così buoni (tre volte buoni, direbbe Totò) da pagarli noi, non si scomodano ad aprire il portafoglio. Come li paghiamo? Molto semplice, finanziando l'Autorità Palestinese con fondi che essa tranquillamente gira ai suoi “prigionieri politici”. C'è stato uno scandalo qualche mese fa in Finlandia, quando il ministero degli esteri ha dovuto ammettere che sì, i finanzianmenti all'AP andavano a finire ai terroristi condannati. Ne abbiamo parlato a suo tempo. E ora lo stesso accade al Parlamento Europeo, dove un deputato polacco ha tirato fuori la questione (http://www.ejpress.org/index.php?option=com_content&view=article&id=48094&catid=12) Certo, se non ci fossero i soldi per pagarli, ci sarebbero meno terroristi, ed è dunque anche colpa nostra, siamo complici con le nostre tasse. Dunque il povero Najar ha fregato in fondo noi, ha cercato di tirar fuori i soldi per il suo matrimonio dalle nostre tasse, senza fare il suo dovere di piccolo terrorista. Poco male, visto che questa volta non ha ammazzato nessuno. Ma noi paghiamo anche per quelli che sgozzano davvero i neonati coi loro genitori, come a Itamar, che fanno fuori il compagno di lavoro per trarne un riscatto per un parente prigioniero o ammazzano i pensionati: entrambi i casi sono accaduti nei mesi scorsi. Tutti costoro ricevono uno stipendio dall'AP, con pensione e liquidazione alla fine del carcere. E volete sapere la cosa più ridicola? E' l'Autorità Palestinese che coi nostri soldi alleva terroristi a voler portare Israele davanti alla Corte Penale Internazionale, alla faccia del processo di pace (http://www.jpost.com/Diplomacy-and-Politics/Official-Palestinian-bid-to-haul-Israel-before-court-would-suck-air-out-of-peace-process-341710). Anche a voi sembra una barzelletta? Anche a me. Ma la diplomazia internazionale, i media, i pacifisti e anche certi soloni del mondo ebraico prendono sul serio queste accuse. Io... io rido e cerco di fare ridere voi per soffocare l'indignazione. Ugo Volli |
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