Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 16/02/2014, a pag.12, con il titolo "Turchia. sì alla legge anti-magistrati. Botte e feriti in Aula", la cronaca di Marta Ottaviani sulla deriva liberticida della Turchia.
Marta Ottaviani
In Turchia passa la controversa riforma della Giustizia e al parlamento di Ankara scoppia una rissa che finirà sui libri di scuola, insieme con le polemiche che hanno accompagnato il provvedimento. La votazione è avvenuta di notte, dopo una discussione durata quasi 20 ore. A uno dei deputati che hanno dato vita allo scontro hanno rotto il naso, altri tre sono finiti in ospedale. Il pacchetto giustizia, in sintesi, aumenta il controllo dell’esecutivo sulla magistratura. La legge permetterà al ministro della Giustizia di poter interferire maggiormente rispetto al passato sulla nomina dei componenti dell’Hsyk, il Consiglio Superiore della Magistratura turco. A volerlo era stato il premier Recep Tayyip Erdogan, che lo aveva annunciato già lo scorso dicembre, quando suo figlio Bilal, i figli di due ministri e uomini vicini all’esecutivo sono stati travolti da uno scandalo corruzione (ribattezzato la «tangentopoli turca») che ha fatto traballare lo strapotere del premier, al potere dal 2002. Adesso la legge si trova sul tavolo del presidente della Repubblica Abdullah Gul, che entro due settimane dovrà decidere se firmarla o meno e che deve ancora stabilire se pubblicare in GazzettaUfficiale anche un altro provvedimento molto controverso, ossia la nuova legge su Internet, che il Parlamento ha approvato fra le polemiche 10 giorni fa e che viene considerata dall’opposizione, dall’Unione Europea e dagli Usa come un provvedimento repressivo nei confronti della libertà di stampa. L’impressione è quella di un premier che vuole accentrare nelle sue mani più poteri possibili in vista delle elezioni amministrative di fine marzo, ma soprattutto delle elezioni per la presidenza della Repubblica, in programma in estate e dove Erdogan potrebbe trovarsi di fronte proprio Abdullah Gul. La contesa per la prima carica dello Stato fra i due ex compagni di partito in realtà rischia di trasformarsi nella lotta senza quartiere fra le due grandi anime della destra islamica turca, una guidata da Erdogan e l’altra dal filosofo islamico Feutllah Gulen. Il premier ha accusato indirettamente Gulen, che da anni vive in autoesilio negliUsa, di avere organizzato un complotto e un tentativo di colpo di Stato ai suoi danni, invitandolo a tornare in Turchia.Per limitare la sua influenza, che si fa sentire soprattutto sulle forze dell’ordine, Erdogan in poche settimane ha fatto licenziare centinaia di funzionari di polizia e rimosso dai loro posti alcuni magistrati, tutti coinvolti nelle indagini sulla «tangentopoli turca » e sulle implicazioni dell’Akp, il partito fondato proprio da Erdogan nel 2001. L’immagine è quella di un premier che nel giro di pochi mesi si è trovato contro la piazza, la giustizia e i mercati e che adesso sta facendo di tutto per consolidare la sua posizione. Con che effetti per la democrazia del Paese, questo è ancora tutto da vedere.
Per inviare alla Stampa la propria opinione, cliccare sulla e-mail sottostante