Egitto: Il Tramonto della Fratellanza
Analisi di Zvi Mazel
(Traduzione di Angelo Pezzana)
http://www.jpost.com/Features/Front-Lines/Arab-world-The-twilight-of-the-Bro
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Brutti tempi per I Fratelli Musulmani. In Egitto hanno gustato la vittoria, in bilico di fronte al passo successivo, nella loro lunga corsa per restaurare il Califfato, ma le loro speranze sono miseramente crollate.
Ovviamente non accettano la realtà. E’ un brutto colpo per l’Organizzazione Mondiale della Fratellanza (WOB), nata negli anni ’30 dal fondatore del Movimento, Hassan el Banna. Oggi è poco più di un luogo d’incontro per leader in fuga o espulsi dai loro Paesi. Il suo segretario generale, Ibrahim Mounir, già membro dell’ Ufficio Guida del movimento egiziano, risiede a Londra.
Il trionfo di Morsi era stato visto come il primo passo verso la conquista di altri paesi arabi all’inizio della cosiddetta "Primavera Araba". In Tunisia, “Enahada” (Rinnovamento), il partito della Fratellanza, era diventato il più votato nelle prime elezioni dopo la cacciata di Ben Ali; in Marocco, il loro partito “ Giustizia e Progresso” ebbe un buon risultato, tanto che il Re gli affidò la formazione del Governo. Anche in Algeria, Libia e Yemen i Fratelli diedero prova della loro forza. In Giordania guidano l’opposizione al Re. D’altro canto Arabia Saudita e gli Emirati del Golfo, con l’eccezione del Qatar, sono apertamente contro il movimento che ha generato le organizzazioni terroriste jihadiste e Al Qaeda.
Qatar è un antico alleato della Fratellanza sin dai tempi in cui offriva loro rifugio quando i Fratelli negli anni ’50 cercavano di sottrarsi alla repressione di Nasser. In Qatar i Fratelli hanno cooperato a trasformare un piccolo paese di beduini e la loro influenza si riconosce nella politica estera dell’Emiro e nell’influente canale televisivo Al Jazeera, che sostiene attivamente il movimento e la sezione egiziana fino al punto che il nuovo regime del Cairo ne ha chiuso gli uffici e incarcerato i giornalisti.
I leader dell’Organizzazione Mondiale seguono con grande preoccupazione l’ondata delle proteste contro Morsi. Vi riconoscono i segnali delle esperienze negative e quanto è successo nel cruciale periodo del giugno 2013, quando avevano chiesto con urgenza che il presidente accettasse nuove elezioni presidenziali al fine di salvaguardare il movimento. Ma il presidente e l’Ufficio di Guida non diedero retta e la loro ostinazione portò alla clamorosa - forse irreversibile- sconfitta della Fratellanza, non solo in Egitto, ma in tutto il mondo arabo.
Eppure il WOB non si è arreso facilmente. Dopo l’arresto di Morsi il 3 luglio, ha lanciato un enorme campagna per la restaurazione del “legittimo presidente”. In una intervista all’egiziano “Al Watan” del 12 luglio, Ibrahin Mounir ha dichiarato che l’esercito ha assestato un colpo a “ tutte le forze dell’islam politico”, aggiungendo che la sua organizzazione ha chiamato alla mobilitazione in tutti i Paesi - circa 80 - dove è presente. Ha espressamente minacciato il Ministro della Difesa Abdel Fattah al Sissi, dicendo che gli Stati Uniti non avrebbero sostenuto il nuovo regime e che la sua organizzazione avrebbe chiesto con urgenza all’Unione Europea di adottare la stessa politica.
Dalla sue parole si poteva capire le entrature che aveva alla Casa Bianca.. e all’Unione Europea. Infatti entrambe hanno mostrato freddezza verso al Sissi, negando sino ad oggi ufficialmente il sostegno al nuovo regime. Va anche detto che “islam politico” è un modo per qualificare in maniera “leggera” le organizzazioni terroristiche jihadiste e salafite, che nel Sinai non hanno atteso l’arresto di Morsi per diffondere una dichiarazione congiunta dove dicevano che far cadere il presidente “avrebbe aperto all’ Egitto le porte dell’inferno”.
Per coordinare le iniziative con gli altri movimenti islamisti, l’Organizzazione Mondiale della Fratellanza ha dato vita a due riunioni per discutere come restaurare la presidenza Morsi. Approfittando della presenza di molti partiti islamici al congresso di “Sa’ada”, il partito islamico turco a Istanbul il 10 luglio, hanno proposto una sessione speciale in Egitto. Fra i partecipanti, Mahmoud Hassein, Segretario Generale della Fratellanza in Egitto, Rachid Ghannouchi, capo del movimento in Tunisia, un rappresentante di Hamas e lo stesso Ibrahim Mounir. Secondo Sky News in lingua araba, l’opinione generale era che la cacciata di Morsi era un serio regresso per l’islam e specialmente per Hamas. Morsi e i suoi erano criticati – senza nominarli- per aver fallito nell’affrontare i problemi urgenti dell’Egitto, che avrebbe avuto un impatto positivo sulla popolazione.
Venne deciso il lancio dell’iniziativa “respiro profondo”: manifestazioni per destabilizzare il Paese, attentati per screditare il nuovo regime sui media internazionali e fare ogni sforzo per dividere le forze armate. Estendere poi agli Stati Uniti pressioni per sospendere l’assistenza militare all’Egitto. Solo Turchia e Qatar, due Paesi che apertamente sostengono la Fratellanza, diedero l’impressione di aderire. Il 13 luglio, il leader egiziani del movimento decisero in un incontro segreto in un appartamento del Cairo di attaccare alti esponenti dell’esercito, promuovere il terrorismo nel Sinai e delegare ad Hamas quanto riguardava la preparazione degli esplosivi. Vi furono alcune settimane molto tese. Più di 1500 persone – un terzo delle forze di sicurezza- persero la vita in attacchi sanguinosi tra dimostranti ed esercito. Ma oggi, anche se il terrorismo non è diminuito, la Fratellanza non è più in grado portare in piazza le masse. Il regime ha proibito tutte le attività del movimento, incarcerato la maggior parte dei suoi leader e ha finalmente decretato che la Fratellanza è una organizzazione terrorista.
Il WOB ha allora organizzato un altro convegno, lontano dai media, in Pakistan, sotto gli auspici dell’organizzazione estremista “ Jamat-e-Islami Pakistan”. Si svolse il 20 settembre 2013 a Lahore, vicino al confine con l’Afghanistan, dove al Qaeda ha la base centrale delle sue operazioni. Gli argomenti dell’incontro erano vari, tra cui la situazione in Siria, ma ancora una volta erano centrati sull’Egitto. Vi furono molti interventi, con i rappresentanti dei Fratelli Musulmani e di altre organizzazioni islamiche di Giordania, Yemen, Marocco, Hamas, Somalia, Malesia, Sudan, Libia, Mauritania, Siria, Algeria e Tunisia. Eppure alla fine della giornata, I Fratelli Musulmani e I loro alleati salafiti non erano riusciti a paralizzare il Paese né raccogliere un sostegno rilevante a livello popolare.
Non riuscirono neppure a convincere la pubblica opinione mondiale a sostenere il ritorno di Morsi. Mentre è sfortunatamente vero che l’Occidente non dà segnali di attenzione verso il Felmaresciallo al-Sissi, la Russia sta guadagnando terreno e recentemente ha concluso un contratto per la vendita di armi per due miliardi di dollari, con l’aiuto finanziario di Arabia Saudita e Emirati.
Tutto considerato Ia Fratellanza Musulmana ha motivo di essere soddisfatta del sostegno dei tradizionali alleati Turchia e Qatar, due paesi in contrasto con il nuovo regime del Cairo che ha convocato i rispettivi ambasciatori per esprimere il proprio dissenso prima di richiamare il proprio ambasciatore da Ankara, fino ad arrivare a chiedere l’estradizione di Yusuf Kardawi, l’imam estremista che vive nel Qatar. In Tunisia, però, i Fratelli che hanno causato una crisi politica che ha portato all’assassinio di due membri laici dell’opposizione, hanno capito subito che ciò che era capitato in Egitto poteva succedere anche a loro, per cui hanno rinunciato volontariamente al potere per delegarlo a un governo neutrale che indirà nuove elezioni. Un cambiamento che è stato salutato in Occidente quale simbolo di vera democrazia, anche se invece riflette il fatto che in Tunisia e al Cairo i Fratelli non sono in grado di guidare un Paese e svilupparne l’economia. La verità è che “Enahada” rimane l’ultima speranza della Fratellanza nel suo tentativo di conquistare il potere attraverso regole democratiche, ma se anche dovesse riuscire, non risarcirà la perdita dell’Egitto..
Sfortunatamente Al Qaeda e I suoi sono più che mai vivi e l’infelice destino del movimento che ha ispirato I suoi fondatori non gli impedirà di perseguire il suo corso sanguinoso.
Zvi Mazel è stato ambasciatore in Egitto, Romania e Svezia. Fa parte del Jerusalem Center fo Public Affairs. I suoi editoriali escono sul Jerusalem Post. Collabora con Informazione Corretta