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Ugo Volli
Cartoline
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Che succede il giorno dopo? 12/02/2014

Che succede il giorno dopo?
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

I negoziati secondo Abu Mazen: "Congela tutti gli insediamenti! Nessun compromesso, nessuna concessione! Gerusalemme è nostra! Non riconosceremo mai Israele come Stato ebraico! Diritto al ritorno per i profughi!"
Tzipi Livni a Bibi Netanyahu : "In ogni caso, se il negoziato fallisce, la colpa è tua".

Cari amici,

scusatemi se insisto a parlarvi della “trattativa di pace”, ma si tratta dello sviluppo più importante (nel senso del più pericoloso) del momento. Di quel che accade nel negoziato non si sa niente, per volontà esplicita degli americani che credono di potere sviluppare la loro azione meglio senza la sorveglianza dell'opinione pubblica dei paesi interessati, il che dice già qualcosa di significativo sul consenso che si attendono. A quel che si capisce ormai non si tratta più di un negoziato diretto fra le parti, ma di due negoziati paralleli, gli americani con l'AP e gli americani con Israele. Il che dovrebbe consentire il gioco di bluff e di finzioni con cui Kerry suppone di superare il semplice fatto, più volte rilevato da tutti gli osservatori che “il massimo che Israele è disposto a offrire è meno di quel che l'AP è disposta ad accettare” (e non chiedetegli per favore perché Israele dovrebbe offrire e l'AP accettare, invece che l'inverso, visto che non si tratta di comprare un tappeto, ma di fare un accordo politico).

Ma sarà che i fatti sono ostinati, sarà che Kerry, con quella faccia un po' così e quella sicurezza di essere sempre nel giusto della diplomazia americana, non se la cava molto bene con i metodi negoziali del suk, fatto sta che non sembra cavare un ragno dal buco. I palestinesi continuano a volere delle cose che significherebbero la distruzioine di Israele (http://opinioni.rightsreporter.org//discussion/30/accordo-di-pace-israele-palestina-nuovo-macigno-palestinese), fanno già i conti con il fallimento della trattativa e l'alleanza con l'Iran (http://nopasdaran2.wordpress.com/2014/02/11/iran-palestina-israele-pace-terrorismo-abumazen/) , ogni tanto aggiungono qualche richiesta negoziale più assurda delle altre, tipo la sovranità sul Kotel e qualche menzogna più enorme del solito, come per esempio che loro garantirebbero la libertà religiosa, se gli si affidassero i luoghi santi da gestire; basta provare ad andare alla tomba di Giuseppe a Shechem per farne la prova: (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/177320#.Uvpdhfl5OAU).

Ma dato che la capacità di Obama di far pressione sul governo israeliano è forte, perché ha in mano la leva del boicottaggio, che già Kerry ha ripetutamente minacciato di usare provocando il disagio anche dei suoi sostenitori “diversamente sionisti” del New York Times come Roger Cohen (http://www.nytimes.com/2014/02/11/opinion/cohen-the-bds-threat.html?_r=0), e inoltre dispone dell'altra leva, ancora più efficace dei rifornimenti e delle informazioni militari, immaginiamo che con qualche astruso colpo nel gioco delle tre carte, l'amministrazione americana riesca a far firmare al governo israeliano e all'autorità palestinese un accordo. Immaginiamo dunque per assurdo che la genialità di Kerry trovi una soluzione per la Valle del Giordano, che l'AP vuole controllare interamente e che Israele ritiene di dover sorvegliare per evitare infiltrazioni terroristiche, per Gerusalemme, che l'AP vuole tutta, compresa il Kotel e Netanyahu non può certo cedere, per i confini, per gli insediamenti oltre la linea verde, per gli otto milioni di “rifugiati” che Abbas vorrebbe far entrare in Israele, per la smilitarizzazione, l'incitamento al terrorismo, gli assassini condannati e incarcerati da Israele e per tutto il resto.


Naftali Bennett

E poi facciamoci una domanda fondamentale, che ho trovato espressa chiaramente in questo bel discorso di Bennett (http://www.youtube.com/watch?v=1CUhfmvkBAQ), un vero leader lucido e competente, che alcuni diffamano come facevano fino a poco tempo fa con Netanyahu. La domanda è la seguente: poi che cosa succede? C'è uno stato palestinese, che ha dei confini con Israele, più o meno lungo la linea che separa le colline dalla pianura centrale del paese e che ha un qualche controllo di Gaza: sarebbe interessante capire come, comunque immaginiamo che ce l'abbia e che riesca anche a fermare miracolosamente il terrorismo. Concediamo anche l'ipotesi del tutto problematica che i movimenti terroristi, Hamas e Fatah, che è presieduto dalla stesso Abbas, non si ribellino alla firma e accettino l'accordo. E' il contrario di quel che dicono, ma fingiamo che tutto possa andare liscio, anche senza l'esercito israeliano che in Giudea e Samaria fra l'altro garantisce anche che i terroristi aperti non rovescino il governo attuale (a parole non terrorista, solo a parole, ma questo ora non ci interessa).
Ammettiamo tutto questo e chiediamoci: che cosa succede ora? E qui che casca l'asino. Perché nonostante tutto quel che abbiamo ammesso, molto più difficile di una vincita alla lotteria (e potete aggiungervi, se vi piace, che i vicini non intervengono, che non approfittino del fatto che Israele ritirandosi dia prova di debolezza, che l'Iran non ci provi eccetera eccetera), nonostante tutto questo, ci sono due cose dirompenti che conseguono a qualunque accordo.

La prima riguarda l'interno di Israele. Che si trova ad assorbire, se Israele cede la Giudea e Samaria meno i sobborghi di Gerusalemme e i cosiddetti “blocchi” come quello di Ariel, di Gush Etion, di Maale Adumim, e l'Autorità Palestinese insiste sulla sua volontà di pulizia etnica (http://www.algemeiner.com/2014/01/15/netanyahu-jew-free-palestinian-state-would-be-ethnic-cleansing/ ), che è un crimine contro l'umanità, ma cui tutti mostrano accondiscendenza, intorno al 25 per cento dei “coloni”, che sono oggi circa 700 mila (il conto è qui http://israelempowered.nationbuilder.com/official_population_count_for_judea_and_samaria_dec_31_2013 ) il che significa 170 mila persone da sistemare, oltre che naturalmente fabbriche, uffici, nuovo lavoro al posto dei campi coltivati, dei vigneti, delle cantine ecc. Sarebbe come per l'Italia sistemare un milione di persone, trovare loro casa e lavoro: anche ignorando il fatto che l'espulsione non avverrebbe senza un trauma politico e sociale terribile, è una sfida straordinaria per l'economia e l'urbanistica, un conto di decine di miliardi di euro che metterebbe in ginocchio il paese.

Lo Stato palestinese secondo Abu Mazen

Ma non è finita qui, bisogna considerare quel che accadrebbe dall'altra parte del confine: tutto sommato una cosa non diversa, ma ancora più devastante. Ci sono fra i sei e gli otto milioni di persone che pretendono di essere discendenti dai rifugiati arabi delle guerre del '48 e del '67 e che sono trattati come tali dai governi dei paesi arabi: non hanno diritti politici, abitano ammassati nei campi profughi, non possono fare gran parte dei lavori, vivono una vita miserabile come pochi altri. Questo, del Libano, della Siria, dell'Iraq, della Giordania ecc. è il vero apartheid che subiscono i palestinesi e contro cui, beninteso, nessuno protesta. Dunque immaginate che si proclami per davvero lo stato palestinese: che farebbe questa gente? Non tornerebbe “a casa”? Ammettiamo che solo un quarto lo faccia: che se ne fa il libero Stato di Palestina di quei due milioni che arrivano? Non saranno né agronomi né ingegneri, molta povera gente dequalificata e un bel po' di terroristi di ogni ordine e grado. Una popolazione che arriverebbe probabilmente non a Gaza, ma in Giudea e Samaria, raddoppiando la popolazione locale, quattro volte gli ebrei costretti ad andarsene. Ripeto, che se ne fa il nuovo stato? Come li alloggia? Pensate che i contadini della Samaria o anche i nuovi ricchi di Ramallah se li prendano a casa? Dove stava una famiglia ne mettano due? Ma neanche per sogno. Diranno loro: la vostra casa non è qui, andate a Haifa, a Tel Aviv, a Beer Sheva. Insomma li spediranno sul confine appena dichiarato tale. Altre manifestazioni, altri tentativi di sfondamento, altre incursioni terroristiche. Altro sangue. E il mondo, di fronte alla necessità che Israele avrà di difendersi e non con le buone, dall'invasione di questa gente, appoggerà lo stato ebraico? Ma figuriamoci. Le accuse di razzismo colonialismo apartheid oppressione furto di terra si intensificheranno, non saranno affatto moderate. E con esse le condanne internazionali, il lawfare, l'odio per gli ebrei.

Chi pensa che gli accordi porteranno la pace si illude in maniera ridicola, non considera la dinamica  ovvia dei fatti. Gli accordi di pace, se disgraziatamente fossero conclusi nei termini che si sentono, con la cessione del 90% di Giudea e Samaria, sarebbero una ricetta sicura per la guerra, per la demonizzazione di Israele e degli ebrei, per il trionfo dell'antisemitismo. E' chiaro, basta pensare a quel che accadrebbe il giorno dopo.

Ugo Volli

PS: Capisco che faccio dei discorsi un po' pessimisti, scusatemi, ma cerco di guardare la realtà. Per addolcire un po' il mio discorso, permettetemi di farvi gli auguri per quella festività assolutamente laica che è ormai San Valentino: tanti auguri a tutti quelli che si amano! C'è anche una festa ebraica che celebra l'amore, cade in estate si chiama Tu beAv, ma non è il caso di parlarne qui. Piuttosto, se il 14 avete intenzione di scambiarvi un bacio, guardatevi in giro e assicuratevi che non vi siano islamisti in giro, perché per loro anche la festa degli innamorati, come qualunque cosa bella, è un terribile peccato: http://www.youtube.com/watch?v=WvVXJaASp64&noredirect=1


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