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La politica americana in Afghanistan (Traduzione dall’ebraico di Sally Zahav, versione italiana di Yehudit Weisz) Nel 2007, due accademici americani, Stephen Walt dell’Università di Harvard e John Mearsheimer dell’Università di Chicago, avevano pubblicato un libro dal titolo “La lobby israeliana e la politica estera americana”, in cui sostenevano che Israele e i suoi amici nei corridoi del potere a Washington, avevano dettato in larga misura la politica estera americana, soprattutto per quanto riguardava la guerra in Iraq. Quando uscì, il libro suscitò reazioni positive e negative, a seconda dell’opinione politica del pubblico, il dissenso fu minore riguardo ai fatti che alla loro interpretazione. Gli autori ne ricavarono fama su vasta scala, sia pro che contro. Questa settimana sulla rivista “Foreign Policy” è apparso un importante articolo di Stephen Walt in cui descrive i 10 errori più gravi commessi dagli USA in Afghanistan, sullo sfondo della decisione del Presidente Obama di ritirare le sue truppe da questo Paese alla fine del 2014. Le relazioni tra Obama e il Presidente afgano Karzai stanno peggiorando: non solo Karzai si è rifiutato di firmare un accordo di sicurezza che consentirebbe all’America di lasciare una forza residua nel Paese, ma di recente ha accusato gli americani di essere responsabili della morte di civili afgani. Tutto questo preoccupa l’America, dato l’enorme capitale che gli USA hanno investito in Afghanistan, in termini di sangue dei loro soldati e dei miliardi di dollari spesi. Walt elenca i 10 errori che hanno condotto al fallimento americano. Il primo è che gli Stati Uniti sono entrati in guerra da soli. Dopo gli attacchi dell’11 settembre del 2001 i membri della NATO si erano offerti di impegnarsi con gli USA in una guerra contro i talebani e al-Qaeda, ma l’allora Ministro della Difesa Donald Rumsfeld aveva garbatamente rifiutato la proposta, convinto che gli Stati Uniti ce l’avrebbero fatta da soli. Invece dopo lo scoppio nel marzo del 2003 della guerra in Iraq, Rumsfeld accettò che in Afghanistan entrassero forze supplementari, ma ormai era troppo tardi, dato che i talebani erano tornati alla loro potenza originale. Il secondo errore sta nella fuga di bin Laden tra le montagne di Tora Bora, e l’incapacità americana di eliminarlo nelle prime fasi di guerra: se bin Laden fosse stato eliminato subito, sarebbe stato molto più facile per gli americani estirpare al-Qaeda. Secondo la mia opinione Walt sbaglia in questa affermazione, perché in qualunque momento bin Laden fosse stato eliminato, l’ideologia di al Qaeda della jihad globale sarebbe rimasta integra. Il terzo errore riguarda la Costituzione afgana del 2004, che concede ampia autorità al Presidente e non tiene in nessuna considerazione le richieste del popolo, che è interessato all’autonomia su una base locale. L’amministrazione di Karzai non era in grado di governare lo Stato in modo equo e ha ceduto alla corruzione. L’economia non si è sviluppata e lo Stato dipende dalle donazioni straniere. Walt sbaglia in maniera grave su questo punto: gli Stati Uniti avrebbero dovuto dividere l’Afghanistan in Stati separati, uno per ciascuno dei gruppi etnici, in modo analogo a quanto era successo in Unione Sovietica, Yugoslavia e Cecoslovacchia, e non garantire soltanto una loro autonomia locale. Walt identifica il quarto errore del fallimento americano nell’invasione dell’Iraq, che spostò forze americane e operazioni di intelligence dall’Afghanistan all’Iraq. Secondo la mia opinione è difficile accettare seriamente questa ragione, perché le forze degli Stati Uniti e della NATO avrebbero potuto sicuramente lottare su due fronti contemporaneamente. Il quinto errore è che Obama non aveva aumentato a sufficienza le forze per eliminare i talebani nel 2009 e le forze che aveva aggiunto non erano sufficienti per contrastare gli aiuti che i talebani ricevevano dal Pakistan. Su questo punto sono d’accordo con Walt. Il sesto errore è che Obama programmò la data del ritiro dall’Afghanistan. Il messaggio che mandò ai talebani era che essi dovevano solo aver pazienza e sopravvivere sino alla data programmata per poi prendere possesso del paese una volta che gli Stati Uniti se ne fossero andati. Walt è corretto anche su questo punto. Chi mostra le proprie carte è sempre in svantaggio. Il settimo errore, afferma Walt, è che gli Stati Uniti non hanno agito con sufficiente decisione nel promuovere il processo di pace e la riconciliazione in Afghanistan, incoraggiando nello stesso tempo le correnti più moderate dei talebani e parti della popolazione. Walt è completamente in errore su questo punto, perché lui presume che una parte moderata sarebbe stata in grado di dettare il comportamento a un gruppo violento. Questo è impossibile perché tra un moderato e un violento è sempre il violento che vince. L’ottavo errore è il fallimento sia di Bush che di Obama, nel convincere la popolazione americana della necessità della guerra in Afghanistan dopo l’iniziale sostegno alla fine del 2001, a seguito dell’attacco dell’11 settembre. Più il tempo passava più il Presidente perdeva il sostegno della gente che non capiva le ragioni della guerra. Obama cercò di giustificarne la continuazione facendo presente il pericolo di un insediarsi di al-Qaeda in Afghanistan, ma nel 2009 al-Qaeda aveva già delle alternative in Pakistan e in Iraq. A quel punto gli americani non hanno più creduto che l’obiettivo si sarebbe potuto conseguire, per cui diminuì il sostegno alla guerra. Il nono errore è che il governo che gli Stati Uniti hanno costituito in Afghanistan era debole e il regime aveva bisogno del supporto americano per non collassare. L’errore di Walt è quello di dire che un regime in un paese così complesso come l’Afghanistan non può essere forte, data la divisione della popolazione in molti gruppi diversi fra loro che non riconoscono il regime come legittimo. Il decimo errore è la contraddizione interna e l’inconsistenza della politica americana nei confronti dell’Afghanistan nel corso degli anni. Walt vede i punti ma non li collega: il principale e fondamentale errore che Walt commette è quello di prefigurare l’Afghanistan come uno Stato unitario, invece di dividerlo in diverse parti secondo criteri etnici; tutti gli errori successivi derivano da questo errore di base. Walt dimostra conoscenza riguardo alle azioni intraprese dagli Stati Uniti, ma dal suo articolo è chiaro che capisce solo in parte i veri problemi dell’Afghanistan e in questo non sembra molto diverso dai tanti che a Washington prendono le decisioni, e che, come lui, vedono i problemi ma non li collegano. Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi. |
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