Come la Danimarca di Cristiano X si oppose alla Shoah commento di Diego Gabutti
Testata: Italia Oggi Data: 08 febbraio 2014 Pagina: 7 Autore: Diego Gabutti Titolo: «Pagina sconosciuta di storia: la Danimarca occupata dai nazisti si oppose, con il re in testa, alla deportazione dei suoi ebrei»
Riportiamo da ITALIA OGGI di questa mattina, 08/02/2014, a pag. 7, l'articolo di Diego Gabutti dal titolo "Pagina sconosciuta di storia: la Danimarca occupata dai nazisti si oppose, con il re in testa, alla deportazione dei suoi ebrei".
Re Cristiano X di Danimarca
Non è vero - a raccontarlo è lo storico e giornalista danese Bo Lidegaard nel suo Il popolo che disse no. La storia mai raccontata di come una nazione sfidò Hitler e salvò i suoi compatrioti ebrei, Garzanti 2014, pp. 341, 28,00 euro - che Re Cristiano X di Danimarca cavalcò «nelle strade di Copenaghen portando la stella gialla in segno di sfida alla richiesta dei nazisti che gli ebrei la portassero». Hitler e le sue bestie bionde evitarono d'avanzare questa richiesta: non avevano nessuna intenzione d'impegnare truppe preziose in Danimarca forzando i danesi, che per il momento collaboravano obtorto collo con le forze d'occupazione, alla disobbedienza civile e alla resistenza armata. Cristiano X non ostentò la stella gialla sul bavero della giacca. Ma minacciò di farlo. Quando Thorvald Stauning, il primo ministro danese, chiese: «Cosa faremo, Vostra Maestà, se anche i nostri ebrei dovessero indossare la stella gialla?» il re ripose: «Allora probabilmente la indosseremo tutti». Bastò per scoraggiare i nazisti, almeno per un po'. Con Hitler alle porte, poi con la Gestapo e le SS dentro casa, il parlamento danese votò una legge che «vietò di fatto la propaganda antisemita in Danimarca non soltanto fino all'invasione tedesca ma anche durante l'occupazione». In Danimarca - un'isola di civiltà antitotalitaria negli oceani in tempesta del secolo breve - non c'era un problema ebraico. Gli ebrei danesi, sia quelli presenti in Danimarca da generazioni sia quelli emigrati di recente, cercando scampo dai progrom russi e polacchi, erano perfettamente integrati. Nessuno li perseguitava prima dell'occupazione, e a nessuno fu permesso di braccarli dopo l'occupazione. Quando Hitler, alla fine, stabilì che anche i «giudei» danesi, con o senza la stella gialla, dovevano essere deportati nei campi di lavoro e di sterminio, i nazisti riuscirono a rastrellare soltanto trecento ebrei su circa settemila. Tutti gli altri fuggirono in Svezia o trovarono rifugio presso i danesi «ariani»: il vicino di casa col quale ci si scambiava a malapena un «buongiorno, buonasera», il datore di lavoro, il dipendente, l'ex compagno di scuola, l'amico dell'amico, il conoscente casuale, tutti si mobilitarono per nascondere, assistere e proteggere gli ebrei. Non ci fu, a quanto risulta, una sola denuncia, se non da parte di qualche nazista isolato: l'intera popolazione si schierò con gli ebrei (che per lo più appartenevano alla classe operaia e che duqnue non si potevano permettere delle costose fughe via mare, a differenza delle famiglie di medici, professionisti, imprenditori di cui Lidegaard, nel suo appassionato libro, esplora i diari). Erano gli anni abominevoli in cui la destra francese (e quella italiana, ahinoi, come raccontano Mario Avagliano e Marco Palmieri in un saggio di cui abbiamo parlato di recente, Di pura razza italiana, Baldini e Castoldi 2013) si mostravano zelanti con gli assassini e s'univano con entusiasmo alla caccia all'ebreo. Non fu il caso della Danimarca, dove Hitler non reclutò torturatori nè potè mai contare su un governo collaborazionista. E vero che gli alti ufficiali tedeschi che guidavano le scarse truppe d'occupazione non cercavano guai. E vero che vista la mala parata, mentre la sconfitta tedesca si profilava sempre più nettamente sull'orizzonte della guerra, costoro cercavano benemerenze e lasciarono che gli ebrei si squagliassero, tranne i pochi che non avevano avuto notizia dei rastrellamenti. Almeno uno di questi alti ufficiali faceva parte dei gruppi clandestini dell'opposizione militare a Hitler e non era un antisemita. Ma l'esempio danese resta memorabile. Fu un atto d'enorme dignità, oltre che di grande coraggio: la protezione che i danesi, nemici in massa del nazismo, assicurarono agli ebrei è uno dei capitoli più consolanti (e meno conosciuti) della guerra. Lidegaard racconta una di quelle storie che più del vincolo di bilancio potrebbe essere posta a fondamento dell'Europa
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