Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 07/02/2014, a pag. 30, l'articolo di Angela Frenda dal titolo " Tutto il mondo dentro. La scalata della cucina ebraica".
a destra, Seder di Pesach, di Lele Luzzati

A proposito di cucina ebraica, segnaliamo Jerusalem, della coppia Yotam Ottolenghi e Samimi Tamimi (Bompiani)

«Da Jezebel la novità (vera) è che si può mangiare kosher senza sentirsi tristi». Parola di Menachem Senderowicz, uno dei proprietari del nuovo ristorante kosher di culto a Manhattan, zona Soho. Lui e l’altro socio, Henry Stimler, entrambi un lavoro nella finanza ed entrambi osservanti, sono arrivati pochi anni fa a New York dopo aver vissuto a lungo in diverse città europee ( da Parigi a Berlino). «E ovunque riuscivamo a trovare un luogo che conciliasse il piacere degli occhi con la necessità di mangiare kosher». Per questo, sbarcati a New York, hanno deciso di aprire Jezebel , celebrato dal Nyt come locale della nouvelle vague di cucina ebraica.
Un segnale di un fenomeno che sta allargandosi sempre più e che racconta un mondo che vuole affrancarsi dal binomio: tradizione uguale trascuratezza. Insomma, da Jezebel troverete sì un quadro di Gesù, ma con la faccia di Woody Allen. O Barbra Streisand, ma reinterpretata in chiave Ragazza con l’orecchino di perla. E poi arredamento più da bistrot parigino che da ristorante yiddish. Perché sono soprattutto i giovani a volere una nuova cucina ebraica. Che in parte vede il suo simbolo in Yotam Ottolenghi, lo chef britannico di origine israeliana, osannato dagli inglesi come il massimo rappresentante di questa ondata. Ma che vede nascere un po’ dappertutto iniziative per diffondere questo tipo di cucina. È per questo che a Londra il Mishkin’s , fondato nel 1931 da Ezra Mishkin, ha visto nuova luce nel 2011 con una mission: cucina non kosher (nè stile Katz’s Delicatessen , forse il ristorante di cucina ebraica più famoso del mondo), ma il Jewish comfort food . Fatto di pochi, ma fondamentali, ingredienti: prodotti di altissima qualità, ricette leggere rifinite con tocchi tradizionali. E, soprattutto, la giocosità. Quindi via libera a cocktail, musica e arredamento hipster. Della serie: qui siamo allegri. I piatti? Sarebbero piaciuti tanto a Nora Ephron. Polpettone, schnitzel di tacchino, pastrami con Swiss e Russian dressing...


E poi, la challah, che si pronuncia hallah (con l’aspirazione). È il tipico pane dello shabbat, cioè il venerdì sera, che è un momento della settimana molto speciale per gli ebrei. All’inizio di shabbat, subito dopo il tramonto del sole, gli ebrei recitano una preghiera, il kiddush, in cui si rende grazie a Dio di aver creato il mondo e di essersi riposato nel settimo giorno; durante il kiddush si benedicono il vino e il pane, la challah appunto. Ne esistono tante versioni. E molte le racconta Benedetta Jasmine Guetta, 25 anni, milanese, nel suo blog «Labna» (www.labna.it). Oltre 4mila contatti al giorno, è già un piccolo caso. E, grazie anche alla sua età, rappresenta un simbolo in Italia di un rinnovato interesse per una cucina ebraica comfort che non vuole rimanere ancorata al passato, ma muoversi. Rinnovarsi.

Benedetta Jasmine Guetta, Manuel Kanah (www.labna.it)
Racconta Benedetta: «Labna è nato nel 2009. L’ho aperto con il mio migliore amico, con il quale al tempo facevamo corsi di cucina. Sul sito facciamo un po’ di tutto, ma siamo gli unici in Italia specializzati in cucina ebraica. Però in corrispondenza delle feste principali mettiamo ricette tradizionali». Ma esiste una nuova cucina ebraica? «Quella con più novità è quella americana, che a sua volta è influenzata da quella israeliana. Un mega mix di tutte le culture. E quindi alla fine è molto tradizionale. Assorbe le ispirazioni da molti paesi. In realtà quella che faccio io è essenzialmente cucina tradizionale. Ma certo, con leggerezza». Ad esempio lo schmalz , il grasso di oca, ora si usa meno...
Il perché però del grande interesse per la nuova cucina ebraica è forse da ricondurre anche alla fama della cucina kosher, considerata da sempre molto salutista e igienica. «La gente — spiega sempre Benedetta — è convinta ad esempio di mangiare carne meravigliosa ma in realtà è solo trattata in modo diverso. Sicuramente però piace la cura per gli ingredienti. E poi il fatto che raccontano una lunga storia. La nostra».
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