Recep Erdogan in Germania per farsi campagna elettorale cronaca di Daniel Mosseri
Testata: Libero Data: 05 febbraio 2014 Pagina: 17 Autore: Daniel Mosseri Titolo: «Erdogan fa campagna elettorale in Germania»
Riportiamo da LIBERO di oggi, 05/02/2014, a pag. 17, l'articolo di Daniel Mosseri dal titolo "Erdogan fa campagna elettorale in Germania".
Recep Tayyip Erdogan
Nel 2008 a Colonia disse che l’assimilazione dei turchi in Germania «è un crimine contro l’umanità». Nel 2011, a Düsseldorf, ricordò alle mamme turche che i loro bambini devono imparare prima la lingua di casa, e solo dopo quella di Goethe. Incontrando ieri sera la comunità turca di Berlino all’arena del Tempodrom, il primo ministro di Ankara, Recep Tayyip Erdogan si è invece controllato: «Vi garantisco che la Turchia è in mani sicure», ha detto, rassicurando i connazionali espatriati che hanno visto precipitare la lira turca. «Siamo un popolo che risorge dalle sue ceneri e che sarà sempre forte». La corruzione? Se fosse pervasiva, ha spiegato, non avremmo avuto una crescita economica così forte. E giù una lista di successi nei settori giustizia, scuola, sanità e infrastrutture. Parole misurate, forse per non irritare l’ospite Angela Merkel, il cui governo sta lavorando per concedere la doppia cittadinanza agli immigrati turchi. O forse è stato volutamente scelto un registro più «presidenziale». Perché il leader del partito islamico moderato Giustizia e Sviluppo (Akp), alla guida del governo di Ankara dal lontano marzo del 2003, è nel pieno della campagna elettorale. A marzo i turchi votano alle amministrative, mentre ad agosto sono chiamati a eleggere il capo dello Stato, per la prima volta a suffragio universale diretto. E per la prima volta voteranno anche circa un milione e mezzo di elettori residenti in Germania, molti dei quali, specialmente gli over 40, sono simpatizzanti dell’Akp. Arrivato quasi al giro di boa di tre legislature consecutive, Erdogan non ha ancora ufficializzato la sua corsa alla poltrona che fu di Kemal Atatürk, ma secondo tutti gli osservatori sarebbe prontissimo a lasciare la guida del governo in anticipo sulla scadenza della legislatura (il 2015) per assumere la carica di capo dello Stato. Figura che in Turchia come in Italia non guida l’esecutivo ma ha comunque importanti poteri di indirizzo. Certo, la stella di Erdogan brilla molto meno di un lustro fa quando, forte di un consenso popolare vastissimo, il premier si permetteva per esempio di bistrattare il presidente israeliano e premio Nobel per la pace Shimon Peres al forum di Davos. Il pugno di ferro con il quale Erdogan ha gestito sia le proteste di Gezi Park nel 2013 (allargatesi a tutta la Turchia), sia il più recente scandalo corruzione che ha travolto parte del suo governo, gli hanno alienato molte simpatie in patria come all’estero. Il crollo della lira turca ha poi messo in dubbio la sostenibilità del boom economico nazionale. Ciliegina sulla torta, il suo ex mentore e leader della confraternita islamica Hizmet, Fetullah Gülen, lo ha appena querelato dopo che lo stesso Erdogan ha accusato Hizmet di avere ordito un colpo di Stato ai suoi danni. Fine di una leadership? Non necessariamente. Osteggiato nei centri urbani più laici, il premier confessionale resta popolare nella grande periferia turca che più ha beneficiato del recente sviluppo economico e che più si identifica con il velo islamico, sdoganato da Recep Tayyip e orgogliosamente indossato da sua moglie Emine.
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