La lenta nevicata dei giorni Elena Loewenthal
Einaudi euro 17,50
Nel romanzo "La lenta nevicata dei giorni "di Elena Loewenthal, ciascun capitolo è contrassegnato da una data e tutti insieme danno vita a un percorso narrativo che si svolge dal 1941 ai nostri giorni. Senza rispettare l’ordinata successione temporale, ma scambiando il prima e il dopo in un modo che può apparire capriccioso e risponde invece, come vedremo, a una motivazione profonda. Si comincia con il ritorno a Parigi di Fernande e André dopo la guerra. Sono due giovani sposi, entrambi ebrei, scampati fortunosamente ai campi di sterminio avendo trovato rifugio nel Sud della Francia. La distrazione dei tedeschi e occulte protezioni li rinserrano in uno spazio che, al confronto con la tragica realtà della guerra e della persecuzione, assume a tratti i colori di un Eden, sospeso tra cielo e mare.Ma resiste in loro la sensazione di essere braccati, l’angoscia per i familiari spariti e annientati. Con la libertà ritrovata (e i sostanziosi beni familiari recuperati da André) viene meno paradossalmente, anzichè rafforzarsi, il loro amore. Non basterà a salvare il matrimonio, al di là di una duratura amicizia, la «casa dei sogni», la villetta sotto il faro che hanno ac- quistato dopo averla vagheggiata durante la fuga. Come le donne dei pescatori che un tempo scendevano sulla riva del mare ad attendere il ritorno dei loro uomini, anche lei è prigioniera di una assenza. Inutilmente cerca di colmarla concedendosi, con passiva tenerezza, al Poeta, un artista stravagante che sembra incarnare una figura paterna. Non riesce infatti a cancellare le notizie dell’orrore che giungono dal passato, l’ossessione di una neve che cade densa e cinerina, sporcata dai fumi dei forni crematori (un’estensione del verso di Primo Levi, la «la lenta nevicata dei giorni», che dà titolo al romanzo). La sua è in fondo la storia di una salvezza rifiutata, inappagata dalla positività che viene espressa nel libro dalla luce mediterranea. Si comprende allora il senso di una narrazione che non soltanto procede a strappi di memoria, ma abolisce il regolare svolgersi del tempo, di un tempo che, per Fernande, non passa mai. Sembrano evocata da lei le altre storie, di parenti e conoscenti, che si diramano dalla Costa Azzurra toccando Torino, Tubinga, Praga... Dove si registrano razzie, trasferimenti nei vagoni piombati, fosse comuni, camere a gas. Impressionante, tra gli altri più consueti, il capitolo sul «museo dellamorte» istituito a Praga dai nazisti. Doveva essere ilmuseo della razza estinta, che avrebbe testimoniato per i posteri la definitiva vittoria del Reich sul giudaismo. Ernst, il curatore superstite, catalogamanoscritti e oggetti depredati in ogni parte d’Europa, materiali che si infoltiscono a mano a mano che nelle strade vanno rarefacendosi gli ebrei. In attesa che venga il suo turno. Tra i vigorosi personaggi disegnati da Elena Loewenthal, Fernande resta la protagonista. Tant’è che ad un certo punto non esita ad impossessarsi della prima persona ed a ricapitolare, ormai vecchia, sopravvissuta alle persone care, il senso del libro, e della propria esistenza. Viene quasi a proporsi come una vestale della memoria, come una custode inesorabile di eventi terribili.
Lorenzo Mondo
La Stampa