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Corriere della Sera - Il Foglio Rassegna Stampa
31.01.2014 Siria: l'inutile teatrino della conferenza di Ginevra-2
commento di Francesco Battistini, cronaca di Daniele Raineri

Testata:Corriere della Sera - Il Foglio
Autore: Francesco Battistini - Daniele Raineri
Titolo: «A Ginevra il teatrino dell’assurdo: vince solo chi vuole che Assad resti - Soltanto il 4 per cento delle armi chimiche ha lasciato la Siria»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 31/01/20104, a pag. 50, l'articolo di di Francesco Battistini dal titolo " A Ginevra il teatrino dell’assurdo: vince solo chi vuole che Assad resti ". Dal FOGLIO, a pag. 3, l'articolo di Daniele Raineri dal titolo " Soltanto il 4 per cento delle armi chimiche ha lasciato la Siria".
Ecco i pezzi:

CORRIERE della SERA - Francesco Battistini : " A Ginevra il teatrino dell’assurdo: vince solo chi vuole che Assad resti "


Francesco Battistini     Bashar al Assad

L’unica cosa su cui si sono trovati d’accordo? Il tacere. Il nobile minuto di silenzio, almeno quello, che ieri le delegazioni hanno osservato in onore dei centotrentamila ammazzati in tre anni di guerra. L’ignobile silenzio che oggi concluderà il primo round di Ginevra 2, negoziato aperto con le grancasse sul palcoscenico ad alogene del Petit Palais di Montreux e mestamente sospeso nei corridoi del Palais des Nations ginevrino, al lumicino del neon e delle speranze. In dieci giorni, gli uomini del regime e delle opposizioni in esilio non si sono mai guardati negli occhi, non si sono mai stretti la mano, non si sono mai parlati direttamente, non si sono mai accordati sul cessate il fuoco, tanto meno sulla transizione «democratica e pluralista» già sottoscritta con Ginevra 1, meno ancora sul futuro di Assad (che resta il vero nodo).
Non è mai entrata in vigore neppure la tregua di Homs, annunciata domenica dal mediatore dell’Onu, Lakhdar Brahimi: i governativi che assediano la città non si fidano a far entrare i convogli della Croce rossa, i ribelli non si fidano a lasciar andare i civili. Ciononostante, tra una settimana si dovrebbe ripartire da dove ci si è fermati: la discussione su Ginevra 1 che, peraltro, prevede proprio quel che si vorrebbe concludere con Ginevra 2.
In questo teatrino dell’assurdo diplomatico, con un’opposizione che rappresenta pochissimo e una controparte senza reale peso, il pensiero di Brahimi è che tirare a campare coi colloqui in Svizzera sia comunque meglio che tirare le cuoia e basta in Siria. Vecchia volpe, l’algerino ha già capito che questo zero a zero ha in realtà un vincitore in chi vuole che Assad resti dov’è: la Russia, la Cina e l’Iran. E che non sarà questa coreografica, quasi inutile rappresentazione della pax onusiana a interrompere la tragedia: qualche novità, casomai, può arrivare dagli altri saloni del Palais dove americani e iraniani torneranno a vedersi in febbraio. Sempre che l’intesa nucleare di novembre e i nuovi sorrisi resistano. Sempre che la bomba Siria non faccia saltare anche quel tavolo.

Il FOGLIO - Daniele Raineri : " Soltanto il 4 per cento delle armi chimiche ha lasciato la Siria "


Daniele Raineri

Roma. Il grande accordo per la rimozione delle armi chimiche dalla Siria non sta funzionando per ora. Soltanto il quattro per cento dello sostanze più pericolose e un altro quattro per cento di sostanze classificate come appena meno pericolose hanno lasciato il paese. La quasi totalità dell’arsenale chimico non è ancora nemmeno partita dalle basi militari controllate dal governo del presidente Bashar el Assad e non è arrivata al porto di Latakia, dove in teoria avrebbe dovuto essere caricata su navi militari entro il 31 dicembre per essere poi incenerita su una nave speciale. Si tratta delle stesse sostanze usate nel bombardamento notturno del 21 agosto sulla periferia della capitale Damasco controllata dai ribelli anti Assad e in altri attacchi minori che hanno causato più di 1.400 vittime fra i civili. Le fonti diplomatiche che hanno parlato martedì al New York Times e mercoledì a Reuters imputano lo stallo a una scelta del governo siriano, che ha fermato le operazioni di trasporto adducendo a pretesto la poca sicurezza nei trasferimenti. Il calendario dello smantellamento era però stato concordato assieme e sia l’Opcw – l’organizzazione per la distruzione delle armi chimiche che lavora sul caso siriano – sia l’Amministrazione Obama non riescono a spiegarsi davvero il ritardo. Ieri l’Opcw ha rilasciato una nota del suo direttore generale che nelle conclusioni dice: dal 7 gennaio tutte le operazioni sono ferme. Il direttore generale ha scritto una lettera al vice-ministro degli Esteri siriano, Faisal Mikdad, il 14 gennaio, chiedendo conto dello stop e ricordando che Svezia e Danimarca sono preoccupate per i costi crescenti del trasferimento (le navi militari che poi dovrebbero trasferire le armi chimiche da Latakia a Gioia Tauro sono svedesi e danesi). La Siria ha risposto il 20 gennaio con una lettera, dicendo di essere preoccupata per la sicurezza delle operazioni e di avere bisogno di equipaggiamento, per esempio di mezzi blindati. L’ambasciatore americano all’Opcw, Robert P. Mikulak, ieri ha scritto di “mercanteggiamento”. “Oggi siamo a un mese dalla scadenza del 31 dicembre e quasi nessuna delle armi chimiche di priorità uno (le più pericolose) è stata rimossa e il governo siriano non sta impegnandosi alla rimozione per nessuna data specifica. A questa situazione si aggiungerà tra poco il fallimento della scadenza del 5 febbraio per le armi chimiche di priorità due. La Siria sostiene che il ritardo nei trasporti è dovuto a preoccupazioni di sicurezza e chiede equipaggiamento ulteriore – come misure elettroniche e dispositivi per scoprire le bombe. Queste domande sono senza merito e mostrano una mentalità diretta al mercanteggiamento, non alla sicurezza”. Ieri anche il segretario della Difesa americano, Chuck Hagel, in visita in Polonia, ha detto di essere preoccupato per il ritardo nelle operazioni non ancora giustificato dai siriani. E’ l’ammissione di più alto livello che l’accordo a tre negoziato da Amministrazione Obama, governo russo e assadisti sta fallendo. Era stato raggiunto all’ultimo minuto per evitare una serie limitata di strike missilistici americani sulla Siria come risposta alla strage chimica di agosto – un intervento militare che il segretario di stato John Kerry anticipò sarebbe stato “incredibilmente piccolo”. Gli strike non ci furono e a metà settembre il mondo tirò un sospiro di sollievo per la soluzione elegante. Cinque mesi più tardi, però, come nota Mikulak, il governo siriano sta trasformando un patto già deciso nei dettagli in materia per nuovi negoziati. Assad non è più così malleabile com’era davanti alla prospettiva che le sue infrastrutture militari ancora funzionanti fossero colpite dai missili americani e avanza richieste di equipaggiamento per lo stesso motivo per cui si è presentato alla Conferenza di Ginevra: perché vuole recuperare legittimità politica. Se portasse via le armi chimiche con blindati donati dalla comunità internazionale sarebbe visto come un partner che lavora con gli americani, i russi e le Nazioni Unite contro la minaccia di un attacco terroristico – che è il messaggio che ha fatto ribadire a Ginevra – e non più come un pariah. In questi giorni il governo siriano sta anche allungando le interminabili trattative per consentire l’accesso di convogli umanitari alle zone assediate dall’esercito, come a Homs e vicino Damasco. Da mesi molte aree abitate da civili e fuori dal controllo di Assad sono state circondate e sottoposte al ricatto “resa o morte per fame”. La questione – che in tutto e per tutto è un ricatto – è diventata materia di negoziati diplomatici con la comunità internazionale. Lo stallo deliberato del disarmo chimico in Siria sta diventando un avvertimento per l’altro grande accordo nell’area mediorientale, quello con l’Iran sul programma nucleare, a cui l’Amministrazione Obama dedica la maggior parte dei suoi sforzi. Parlando con il Foglio, il ministro degli Esteri israeliano, Avigdor Lieberman, a novembre disse che l’accordo con Damasco era il modello da seguire anche con Teheran: trasportare tutto il materiale pericoloso fuori dai confini del paese, per non lasciare adito a dubbi e per risolvere la questione in via definitiva, senza aprire il balletto delle ispezioni. Sembra però che neanche il modello originale funzioni bene.

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