Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 27/01/2014, a pag. 12, l'articolo di Francesco Battistini dal titolo "Donne e bambini via da Homs. Prima concessione di Damasco".
L'unico risultato serio sarebbe stato il cessate il fuoco da entrambe le parti. Ma essendo un risultato serio, non è passato. Espulse le donne e i bambini, continueranno a morire gli uomini.


Francesco Battistini Bashar al Assad
GINEVRA — Prima le donne e i bambini. Quando la nave siriana è affondata da un pezzo, dopo tre anni di guerra e decine di tregue già naufragate, dopo cinque giorni di colloqui muti fra negoziatori sordi, Ginevra 2 riesce a lanciare il primo, piccolo, sgonfio salvagente alla più assediata e ormai quasi deserta delle città: Homs.
Il governo e le opposizioni, non riuscendo per ora ad accordarsi su null’altro, non volendo nemmeno dirsi quali e quanti siano i prigionieri da scambiare, men che meno studiare un governo di salvezza nazionale, figurarsi la cacciata di Assad, alla fine devono concedere qualcosa al mediatore dell’Onu, l’algerino Lakhdar Brahimi. Che nel vuoto dei saloni domenicali al Palais des Nations, all’estremo d’una trattativa dove le parti entrano da porte separate e si siedono al tavolo a U senza incrociare gli sguardi e si parlano solo attraverso di lui, riesce a prometterlo: «Le donne e i bambini potranno partire subito», probabilmente già stamane, le ultime 800 famiglie della città vecchia che sono sopravvissute non si sa come all’esodo d’un milione d’abitanti e a quasi 600 giorni di fame, di malattie, d’incubo assoluto.
È ancora «una speranza», fa il cauto Brahimi: l’ok di Assad è sicuro, mentre «gli uomini armati di Homs (i ribelli, ndr) avevano detto a noi dell’Onu e agli altri con cui sono in contatto (le opposizioni all’estero) che non avrebbero fermato i convogli».
In realtà, qualche resistenza andrà affrontata: gli islamici chiedono la garanzia che donne e bambini, appena fuori, non vengano arrestati «dagli sgherri del dittatore». Non è chiaro neppure come abbia fatto Hadi al Badra — il nuovo capo dei negoziatori anti-Assad che ha preso il posto all’ultimo minuto del chiacchierato Ahmad al-Jarba — a strappare un impegno ai jihadisti del Fronte al-Nusra e ai qaedisti dell’Isil, che lo considerano un traditore: «Abbiamo i nostri uomini a Homs — dice un portavoce dell’opposizione, Louay Safi —, sappiamo che certi patti verranno rispettati». C’è un interesse convergente del fronte anti-Damasco, almeno su questo: su Homs, il regime ha picchiato duro e il corridoio umanitario può essere venduto come un passo indietro di Assad. «Sono due anni che vogliamo far uscire donne e bambini — mette infatti le mani avanti il vice siriano degli Esteri, Faisal Makdad —, ma finora erano i terroristi a impedircelo».
Salvare donne e bambini è un nobile risultato d’immagine, non un gran risultato politico per una conferenza che mercoledì aveva portato in Svizzera i leader di 40 Paesi, «ma il poco è meglio del niente» (Louay Safi) e «chi pensa che siamo qui a dare le chiavi di Damasco, si sbaglia di grosso» (Makdad).
Il vero, difficile, primo passo è la liberazione dei prigionieri, d’una parte e dall’altra. Migliaia di persone: «A poco a poco — dice Brahimi —. Se qui vai di corsa, puoi guadagnare un’ora e perdere una settimana».
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