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Manfred Gerstenfeld
Israele, ebrei & il mondo
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Come la Francia vede gli ebrei attraverso la Shoah 23/01/2014

Come la Francia vede gli ebrei attraverso la Shoah
Manfred Gerstenfeld intervista Shmuel Trigano
  

(Traduzione di Angelo Pezzana) 


Shmuel Trigano

Shmuel Trigano insegna sociologia all’Università di Parigi, è Presidente dell’ ‘Observatiore du Mondo Juif ’ e autore di molti libri sulla filosofia e il pensiero politico ebraico.

“ La posizione degli ebrei in un determinato paese è largamente influenzata da come vengono percepiti dalla popolazione. Spesso è più importante dello stesso comportamento degli ebrei stessi. La società francese e la comunità ebraica non la pensano spesso nella stessa maniera. Negli ultimi anni, far parte della comunità ebraica è diventato sinonimo di ‘comunitarismo’ (cioè chiudersi entro la propria comunità, considerato uguale a una mancanza di lealtà verso la Francia repubblicana), un termine quindi negativo. Non era così prima. Oggi l’opinione pubblica francese considera la comunità ebraica ambivalente verso la stessa cittadinanza francese.  

“ Gli ebrei in Francia rivestono un ruolo simbolico, risultato del loro lungo appartenere alla civiltà europea. Questo ruolo è stato fortemente influenzato nel secolo scorso dalla Shoah e, più recentemente, dalla grande immigrazione musulmana.

“ In Francia, negli anni’80, la Shoah ha di colpo sostituito nella memoria collettiva gran parte della storia della seconda guerra mondiale. Ne seguì che l’ immagine dell’ebreo come vittima, uno da commiserare come se fosse obbligatorio, divenne la narrativa dominante. Oggi questo ruolo è quasi del tutto scomparso. 

“ Negli anni successive alla guerra, la Shoah non era un tema di attualità. Ci fu il gollismo, che promuoveva il mito della ‘resistenza francese’, come se la maggioranza dei francesi si fosse opposta a Vichy. La leadership politica e le élites del Paese dovevano nascondere  che la collaborazione con il governo di Vichy era dovuta al fatto di essere il risultato di un voto democratico del Parlamento francese. 

“ La situazione poi cambiò radicalmente, trasformando la ‘questione ebraica’ in un argomento estremamente sensibile. Iniziò con lo scandalo delle dichiarazioni di Luois Darquier de Pellepoix, che era stato ‘Commissario per gli affari ebraici’durante il regime di Vichy. Per sfuggire la giustizia francese, che l’aveva condannato a morte, Darquier si rifugiò in Spagna. 

“ Nel 1978, dichiarò al settimanale L’Express che ad Auschwitz soltanto i pidocchi erano stati gasati, e che gli ebrei mentivano su quanto vi era accaduto. Fu a causa di questa intervista e delle reazioni che ne seguirono, che gli ebrei improvvisamente divennero oggetto di dibattiti,  sui media e un po’ ovunque. 

“ Quando Darquier fu intervistato, questa nuova percezione dell’ ‘ebreo come vittima’non si era ancora cristallizzata, questo avvenne dopo. Questa nuova immagine fu dovuta più alle istituzioni pubbliche- come il Memoriale della Shoah e la Fondazione per il Ricordo della Shoah-  che non alla volontà delle comunità ebraiche. 

“Ciò che si ricorda oggi nell’ immagine dell’ ‘ebreo come vittima’, è la condizione umana che si esprime attraverso la sofferenza ebraica. E’ questo che dopo assume un doppio  ruolo. Per essere accettata dalla società francese nel suo insieme, questa sofferenza doveva essere fortemente de-giudeizzata. Molte personalità pubbliche ed educatori sostengono che la trasmissione della memoria della Shoah all’attuale generazione richiede molta forza per mettere in luce il suo aspetto universale. Significa esporre in termini generali barbarie, disumanità e sofferenze.   

“ Nel 1968, durante le rivolte studentesche di Parigi, lo slogan “siamo tutti ebrei tedeschi” era usato per difendere uno dei leader, Daniel Cohn-Bendit, ebreo tedesco, indirettamente identificato con le vittime del nazismo. Venti anni dopo, questa frase ha una nuova connotazione: “ci identifichiamo con i cittadini del mondo, con gli ebrei tedeschi assimilati, ma non con i sionisti e i communitaristi” . 

“ Nel secolo scorso poi, il ruolo della ‘vittima assoluta’ è passato in Francia poco a poco dagli ebrei agli immigrati musulmani, il cui status è spesso paragonato apertamente con gli ebrei-vittime nel passato. Negli anni ’80, si credeva che combattere contro il Front National dell’estrema destra razzista di Jean_Marie Le Pen e contro il razzismo anti-arabo, fosse anche una guerra contro l’anti-semitismo. 

“ Le leggi Debré del 1997- così chiamate dal nome del Ministro degli Interni Jean-Louis Debré-  regolavano l’immigrazione e lo status degli stranieri. Per combattere queste leggi, alcuni dimostranti vestivano le divise dei prigionieri dei campi, pigiami a strisce e con delle valigie come se dovessero salire sui treni che li avrebbero deportati nei campi di concentramento. I dimostranti associavano il destino degli immigranti colpiti dal razzismo francese a quello degli ebrei vittime della Shoah”. 

“ Ci sono molti altri ruoli che contraddistinguono gli ebrei nella società francese, conclude Trigano. Tra questi, che gli ebrei rappresentano un modello positivo per gli immigrati musulmani. Così come possono essere uno strumento per il governo al fine di mantenere la pace sociale, una testimonianza di una supposta tolleranza verso i musulmani, oppure la soluzione dei problemi francesi, come l’anti-semitismo. Più di ogni altra cosa, gli ebrei francesi sono visti nel ruolo di ‘rappresentanti di Israele’, un aspetto che i media francesi descrivono negativamente.”

Manfred Gerstenfeld è presidente emerito del  “Jerusalem Center for Public Affairs” di Gerusalemme. Ha pubblicato più di 20 libri. E’ stato di recente ristampato il suo libro “ Israel’s New Future” con una nuova introduzione e il nuovo titolo di “Israel’s New Future Revisited”.
Il suo nuovo libro può essere acquistato su Amazon


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