ANKARA — Seicento funzionari di polizia di Ankara, Istanbul e Smirne, 96 giudici e procuratori sono stati rimossi in ventiquattr’ore: è il nuovo capitolo della purga colossale scatenata dalla “Mani pulite” del Bosforo, che fa tremare il governo di Recep Tayyip Erdogan. Il capo dell’opposizione, Kemal Kilicdaroglu, accusa il premier di essere «pronto a tutto» per di restare al potere e mettere a tacere i magistrati anti corruzione. Dall’esplosione dello scandalo tangenti, che coinvolge decine di personalità vicine al partito islamico Akp di Erdogan, sono stati silurati più di tremila dirigenti e funzionari della pubblica sicurezza e almeno 120 magistrati, fra cui i titolari delle inchieste.
Le nuove purghe sono scattate all’indomani della trasferta di Erdogan a Bruxelles, in cui ha assicurato ai leader Ue che garantirà il pieno rispetto del primato della legge, dell’indipendenza della giustizia, e la separazione dei poteri. Ma le nuove purghe sembrano indicare una linea ben diversa, e la Ue ha espresso preoccupazione. In parlamento è iniziato l’esame della contestata riforma della giustizia, che pone il sistema giudiziario sotto il controllo del governo mettendo a rischio le trattative di adesione della Turchia alla Ue. Erdogan dice che le tensioni con l’Ue sono dovute alla «disinformazione». E dopo dieci anni di boom, intanto, la lira turca è in picchiata, e i capitali esteri iniziano a fuggire.